Storie vere
Stregato dalla luna! Il bandito Albino Carioli dichiarato pazzo per evitare il carcere
Dai furti milionari alle crisi in prigione, la storia del “parigino” che scivolava tra Milano e Pigalle e fu dichiarato pazzo per evitare la condanna.

Nella Milano del dopoguerra, il nome di Albino Carioli circolava nei corridoi del Palazzo di Giustizia tanto quanto tra le strade della città. Arrestato cento volte e cento volte assolto, la sua figura era quella di un bandito astuto, difficile da incastrare, capace di scivolare tra processi e prigioni con la stessa abilità con cui svaligiava le gioiellerie. Lo chiamavano “il profumiere”, perché da giovane gestiva un negozio vicino a casa sua, in corso XXII Marzo, a Milano. Poi “il parigino”, per via della sua fuga a Place Pigalle, quando aveva deciso di allontanarsi dal suo ambiente milanese dopo un colpo da 45 milioni di lire in una oreficeria di via Savona.
Furti, rapine e poi la perizia svizzera: il ladro impazzisce con la luna
Lontano dall’Italia, per campare si dedicava a furti meno spettacolari: portafogli, valigie, oggetti di lusso rubati nei vicoli di Parigi. Ma quando la polizia francese lo acciuffò per un furtarello, si rese conto di aver messo le mani su un ricercato internazionale. Eppure il colpo più incredibile lo fece a livello giudiziario. Arrestato in Svizzera per una rapina, durante la detenzione iniziò ad avere crisi violentissime, con urla laceranti udite persino dalle case vicine. Il suo caso finì sotto l’analisi di due psichiatri, che dopo 18 mesi di osservazione firmarono un verdetto che lo rese una leggenda: “Il bandito che impazzisce quando cambia la luna”. Secondo i medici, soffriva di un disturbo psichico ciclico, simile alla licantropia, che lo rendeva non imputabile. Rimandato in Italia, si liberò di tutte le accuse, e tornò alla sua vita da fuggitivo.
Il declino di Albino il “parigino”
Nel 1956 fu ricercato per un furto clamoroso alla stazione Centrale: una valigetta contenente francobolli rari del Regno delle Due Sicilie, per un valore altissimo. Ma questa volta i giornali lo raccontarono con un tono diverso. Non più il ladro elegante e sfuggente, ma un uomo sulla via del declino. Il “profumiere”, che un tempo faceva tremare le gioiellerie, si era ridotto a rubare in treno, come un comune borseggiatore. Il destino di Albino Carioli rimane avvolto nel mistero: nessuno conosce la sua data di nascita, né quella della sua morte. Ma la sua leggenda, tra colpi spettacolari, fughe, assoluzioni e una follia lunare, continua.
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Storie vere
La storia di Luciano D’Adamo: 39 anni di ricordi cancellati dopo un incidente d’auto. Cosa dice la scienza
L’ultima puntata di Chi l’ha visto? ha raccontato il caso di Luciano D’Adamo che dopo un investimento ha scoperto di non ricordare più nulla dei suoi ultimi 44 anni. La sua mente è rimasta al giorno dell’investimento il 20 marzo del 1980.

Anche Chi l’ha visto? trasmissione condotta da Federica Sciarelli ha affrontato la storia particolare a Luciano D’Adamo, un uomo che, dopo un incidente, si è risvegliato dal coma senza memoria degli ultimi 39 anni della sua vita. Luciano ricorda perfettamente la sua vita fino al 20 marzo 1980. A quel tempo aveva 24 anni e lavorava all’aeroporto di Fiumicino come personale di terra. Dopo il turno, tornò a casa a Monte Mario, Roma. Uscito per gettare la pattumiera nei cassonetti fronte casa fu investito in piazza Santa Maria delle Fornaci. Un incidente che ha cambiato per sempre la sua esistenza. L’auto che lo investe non si ferma. Durante la trasmissione il figlio di Luciano ha chiesto a chi avesse assistito all’incidente di farsi vivo.
Luciano D’Adamo è un caso eclatante e misterioso
Al risveglio, Luciano ha scoperto con shock che non era più il giovane di 24 anni che ricordava, ma un uomo di 68 anni nel prossimo dicembre. “Quando mi sono alzato e mi sono visto nello specchio, mi sono messo a urlare“, racconta Luciano, che ha scoperto solo allora di avere una moglie e un figlio di 35 anni, totalmente estranei alla sua memoria. La sua neuropsicologa descrive il caso come “eclatante e misterioso“, una sfida per la scienza alle prese con un caso di amnesia retrograda parziale irreversibile. Oggi, come gli hanno suggerito i medici, Luciano scrive quello che si ricorda, lampi di memoria di cui cerca le immagini nei vecchi giornali degli anni di cui ha ancora memoria.
Il braccialetto elettronico: una protezione reale?
La puntata ha affrontato anche il tema delicato della sicurezza delle donne vittime di violenza domestica. Si è affrontato anche dell’efficacia del braccialetto elettronico, con un focus sulla storia di Tiziana, una donna che, pur essendo protetta da questo dispositivo, vive ancora con la paura di incontrare l’ex marito. Funziona davvero questo strumento, o si può fare di più per proteggere le donne?
Il caso di Riccardo, scomparso alla diga del Furlo
Durante la stessa puntata della trasmissione è stato affrontato anche il caso di Riccardo, un giovane scomparso dopo aver lasciato la sua auto presso la diga del Furlo. I genitori, già distrutti dal dolore, continuano a ricevere telefonate da sciacalli che, con inganno e crudeltà, chiedono denaro in cambio di informazioni fasulle. La famiglia vive in un incubo, mentre le autorità continuano a cercare indizi su che fine possa aver fatto Riccardo. Gli spettatori che vogliono aiutare la famiglia sono tanti ma molti di più gli sciacalli che utilizzano il contatto telefonico per riversare tutta la loro ignoranza, aggressività e cattiveria.
Storie vere
Dalla Capitale all’Amazzonia che bus si prende? Giovane romana sceglie la foresta e l’amore
La decisione di Sara, giovane 25enne di origini romane, di lasciare la sua vita in Italia per trasferirsi in Amazzonia è stata sicuramente coraggiosa.

Sara Pangione è una giovane ragazza romana di 25 anni che un mattino ha deciso che era tempo di cambiare vita. Per farlo ha lasciato tutto ciò che conosceva per seguire il suo cuore fino che l’ha portata nella profondità dell’Amazzonia ecuadoriana. Laureanda in Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Università Sapienza di Roma, Sara ha deciso di trasformare i suoi studi in un’esperienza di vita unica, partecipando a un progetto di volontariato in Ecuador. Così ha partecipato al bando del Servizio Civile Universale. È proprio durante questa esperienza ecuadoriana ha incontrato l’amore della sua vita e ha iniziato a costruire un futuro lontano dai ritmi frenetici del Raccordo Anulare…
In Amazzonia un percorso tra volontariato e passione
L’esperienza in Ecuador l’ha folgorata. Per Sara è stata un vero e proprio punto di svolta della sua vita. Dopo aver lavorato con bambini e famiglie in difficoltà nella periferia di Quito, ha avuto l’opportunità di partecipare a un altro progetto in Guatemala. Tuttavia, il richiamo dell’Ecuador e l’amore per il suo ragazzo l’hanno spinta a tornare definitivamente nel Paese tra i più difficili e pericolosi del Sud America.
La sua nuova casa non si raggiunge in metropolitana…
In Ecuador, Sara ha scelto di vivere con la tribù indigena Waorani, una comunità che da secoli abita la foresta amazzonica. La giovane romana collabora con la Fondazione Waorani Waponi Amazon, un’organizzazione che promuove il turismo comunitario e la conservazione dell’ambiente. Esperienza che ha deciso di raccontare sul suo profilo Instagram.
Una vita a contatto con la natura
Le giornate di Sara sono scandite dai ritmi della foresta. Passeggiate nella natura, bagni nel fiume e la cura degli animali della fondazione, tra cui scimmie e cani, sono diventate la sua nuova routine. Un’esistenza semplice ma ricca di soddisfazioni, che la 25enne condivide con i suoi follower di TikTok. L’Amazzonia ecuadoriana è una delle regioni più biodiverse del pianeta. Qui, una fitta rete di fiumi attraversa una foresta pluviale lussureggiante, abitata da un’incredibile varietà di piante e animali. La regione è anche la casa di numerose comunità indigene, come i Waorani, che hanno sviluppato un profondo legame con la natura e le sue risorse.
Storie vere
Lana arcobaleno: una moda sostenibile e inclusiva grazie a ovini “gay”
La collezione “Rainbow Wool” è un tentativo di unire moda, sostenibilità e inclusione. Utilizzando filati provenienti da lana ricavata da montoni scartati dagli allevamenti perché non più riproduttivi, si rivolge alle comunità Queer e LGBTQ+.

Al centro di una nuova e controversa tendenza nel mondo della moda c’è un’idea semplice ma a dir poco assai provocatoria. La lana creata grazie a ovini “gay.” Ovvero? Ovvero utilizzare la lana di ovini che, per scelta naturale o genetica, non si riproducono. Si tratta di ovini, spesso scartati dagli allevamenti tradizionali, che grazie a questa trovata diventano i protagonisti della collezione “Rainbow Wool“, un progetto che si propone di unire moda e sostenibilità, sostenendo al contempo le comunità LGBTQ+. Ma sarà etico attribuire un’orientamento sessuale umano agli animali? L’etichetta di “montoni gay” è stata oggetto di molte critiche, in quanto considera un comportamento naturale degli animali sotto una lente antropocentrica e riduttiva.
Un filato speciale per un progetto inclusivo
La lana di questi montoni, considerata un prodotto di nicchia e di alta qualità, viene utilizzata per creare una linea di abbigliamento che va dai cappelli alle toppe per le scarpe. Dietro questa iniziativa c’è l’idea di dare una nuova vita a questi animali, spesso destinati al macello, e di creare un prodotto esclusivo e sostenibile. Il ricavato della vendita della collezione sarà devoluto alla Lsdv+, la Federazione Queer Diversity in Germania, a sostegno dei progetti per l’uguaglianza e l’inclusione delle persone LGBTQ+. Ma sarà per davvero una moda sostenibile? La produzione di abbigliamento, anche se realizzato con materiali naturali e etici, comporta sempre un impatto ambientale. In questo come in casi analoghi sarebbe necessario valutare attentamente l’intero ciclo di produzione per garantire che questa iniziativa sia davvero sostenibile.
Un testimonial d’eccezione e un’adozione da remoto
Per lanciare la collezione “Rainbow Wool”, è stato scelto come testimonial Bill Kaulitz, frontman dei Tokio Hotel e noto influencer nel mondo della moda. Kaulitz, da sempre impegnato nella difesa dei diritti LGBTQ+, ha adottato due montoni della fattoria, sottolineando così il valore simbolico di questo progetto. L’adozione a distanza dei montoni è un’altra delle iniziative promosse dai creatori della collezione, con l’obiettivo di sostenere l’allevamento e garantire una vita dignitosa a questi animali.
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