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Cronaca

Yara Gambirasio, si riapre il processo a Bossetti?

La difesa del carpentiere di Mapello, condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne di Brembate Sopra, dopo l’udienza in cui ha potuto prendere visione dei reperti legati al delitto. Bossetti ha seguito in video collegamento

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    Sono passati quasi sei anni da quando, il 12 ottobre 2018, Massimo Bossetti è stato condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio. E sono trascorsi quasi 14 anni da quando la tredicenne scomparve da Brembate Sopra il 26 novembre 2010 e fu ritrovata senza vita in un campo a Chignolo d’Isola il 26 marzo 2011. Sebbene la giustizia abbia chiuso il caso con la condanna all’ergastolo del carpentiere di Mapello, oggi 53enne, i suoi avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini continuano a lottare. Lunedì 13 maggio 2024, hanno potuto visionare i reperti dell’indagine confiscati: gli indumenti della vittima e le provette con i campioni di DNA.

    Nuovi sviluppi nell’indagine

    I difensori sono arrivati con il genetista Marzio Capra. Per la Procura erano presenti il procuratore facente funzioni Maria Cristina Rota e il PM titolare dell’indagine Letizia Ruggeri. Per Fulvio Gambirasio e Maura Panarese, erano presenti gli avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, che si è poi allontanato per un impegno elettorale. Bossetti ha assistito all’udienza in video-collegamento dal carcere di Bollate. Il tutto è durato circa due ore e tre quarti, dalle 15 fino alle 17:45.

    Camporini: «Campioni conservati a temperatura ambiente»

    All’uscita del tribunale, gli avvocati di Bossetti hanno risposto alle domande dei cronisti. «Bisogna distinguere tra reperti e campioni – premette l’avvocato Camporini -. Per quanto riguarda i reperti, lo stato di conservazione è quello che ci aspettavamo, che consentirà ai nostri consulenti, se gli sarà permesso, di effettuare gli accertamenti che ritengono. Per quanto riguarda i campioni, abbiamo constatato invece di persona quello che già temevamo, ossia che i campioni sono stati conservati a temperatura ambiente e quindi probabilmente si sono deteriorati, ma questo poi lo verificheremo». Camporini aggiunge che erano «nel polistirolo, con l’apparecchio di plastica del ghiaccio che serve appunto per mantenere il gelo, ormai liquefatto».

    I 54 campioni vennero tenuti a meno 80 gradi nell’Istituto San Raffaele, dove furono analizzati fino a quando non tornarono a Bergamo per la confisca e furono custoditi nell’ufficio corpi di reato che, come in tutti i tribunali, non ha congelatori come quelli disponibili negli istituti di ricerca.

    Salvagni: «C’erano ulteriori 23 provette di diluizione»

    La parola passa poi al collega Salvagni: «Oltre alle 54 provette, le famose 54 provette con dentro il DNA di Ignoto 1, c’erano anche 23 ulteriori provette di diluizione più o meno di tutti i campioni. Questo significa che la concentrazione era elevata tanto è vero che sono state fatte delle diluizioni». Per Salvagni, si tratta di un elemento «molto interessante», che ci siano «o meglio che c’erano – rimarca – ulteriori 23 provette di diluizione, quindi sempre di quel materiale biologico, che però a causa della conservazione a temperatura ambiente ci sarà da verificare che cosa ci potranno dire».

    La PM in silenzio, Pelillo: «I Gambirasio non seguono»

    Non ci sono state dichiarazioni né da parte della PM Ruggeri né del procuratore aggiunto Rota. «Fortunatamente la famiglia, forse anche come forma di difesa, si è sempre tenuta alla larga da tutte queste questioni e continua a farlo», risponde invece l’avvocato Pelillo per i Gambirasio.

    Perché l’udienza era saltata a novembre 2023?

    Era tutto pronto, il 20 novembre 2023, per la visione dei reperti. L’udienza era però saltata dopo l’ennesimo ricorso (non ammesso) degli avvocati di Bossetti in Cassazione contro la stessa sentenza che aveva concesso loro di vedere il materiale. Un passaggio tecnico che, se fosse stata accolta l’istanza della difesa, avrebbe fatto la differenza, permettendo anche di analizzare i reperti.

    Ora la difesa dovrà chiedere di poter analizzare campioni e reperti

    Il 19 maggio 2023, la Corte di Cassazione che diede il via libera alla visione del materiale, stabilì che «…eventuali attività ulteriori (…) potranno essere, se del caso, assentite all’esito della ricognizione e sulla base del verbale che la documenterà, ove la difesa, dando impulso ad un procedimento esecutivo distinto da quello odierno, avanzi specifica e corrispondente richiesta». Cioè una nuova richiesta alla Corte d’Assise di Bergamo.

    Significherebbe chiedere la revisione come per Rosa e Olindo?

    No, questo è un altro passaggio che viene discusso qualora emergano nuove prove, oppure nel frattempo siano intervenute tecniche investigative e scientifiche talmente nuove da poter introdurre delle reali novità. E se anche fosse, la richiesta di revisione andrebbe discussa.

    Perché i giudici avevano respinto le richieste di visionare i reperti?

    Il 27 novembre 2019, il presidente della sezione penale Giovanni Petillo rispose «visto, si autorizza» alla richiesta dei legali di «esaminare» i reperti. Pochi giorni dopo, specificò all’ufficio corpi di reato che «esaminare» dovesse intendersi «visionare». Dopo una serie di impugnazioni degli avvocati si arrivò alla prima di una serie di Corti d’Assise di Bergamo, a giugno 2021. La presidente Donatella Nava, che presiede anche l’Assise di lunedì 13 maggio, scrisse: «La riproposizione in questa sede di questioni già affrontate e risolte durante la fase della cognizione finisce per piegare lo strumento dell’incidente di esecuzione ad una funzione, non consentita, di quarto grado di giudizio con l’intento di censurare, una volta ancora, le valutazioni di merito e di legittimità già operate nel corso del processo e consacrate in un pronunciamento definitivo».

    Che cosa succede quando un processo è chiuso?

    Primo, secondo e terzo grado: l’ordinamento giudiziario stabilisce che dopo la Cassazione (il terzo grado) la sentenza diventi definitiva. Fine. Salvo, appunto, novità da revisione. A questo proposito, sulla vicenda Bossetti e reperti, così disse l’allora procuratore Antonio Chiappani: «Mi chiedo quale norma imponga il mantenimento dei reperti d’indagine all’infinito, dopo il passaggio in giudicato di una sentenza».

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      Cronaca Nera

      Per Sgarbi nuovi guai giudiziari: la Camera dice sì al processo per gli insulti a Casalino in tv

      Via libera della Giunta della Camera alla richiesta della Corte d’Appello di Roma contro Vittorio Sgarbi per diffamazione. Al centro c’è l’insulto rivolto a Rocco Casalino in tv nel 2020. Nel 2023 l’ex sottosegretario era già stato condannato a una multa e al risarcimento in sede civile.

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        Per Vittorio Sgarbi i guai giudiziari continuano a riaccendersi a distanza di anni. La Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera ha votato all’unanimità a favore della richiesta arrivata dalla Corte d’Appello di Roma per il procedimento che lo vede accusato di diffamazione ai danni di Rocco Casalino. Una vicenda che nasce in televisione, passa per le aule giudiziarie e ora torna al centro dell’attenzione politica.

        La frase del 30 gennaio 2020 in diretta tv

        Il caso risale al 30 gennaio 2020, durante una puntata di Stasera Italia su Rete4. Nel corso di un acceso intervento contro alcune figure del governo Conte dell’epoca, Sgarbi attacca anche l’allora portavoce del premier. L’espressione usata fa scattare immediatamente l’accusa di diffamazione. Da quel momento la vicenda giudiziaria prende avvio, trasformando uno scontro televisivo in un procedimento penale vero e proprio.

        La condanna del 2023 tra multa e risarcimento

        Tre anni dopo, nel 2023, arriva una prima sentenza. Sgarbi viene condannato al pagamento di una multa da mille euro, più altri 3mila euro per le spese processuali, oltre al risarcimento in sede civile nei confronti di Casalino. Una cifra che, all’epoca, veniva stimata intorno ai 50mila euro. La vicenda, però, non si chiude lì.

        Il voto della Giunta e l’immunità che cade

        Solo ora la Giunta della Camera è intervenuta formalmente, dando il via libera alla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla Corte d’Appello di Roma. All’epoca dei fatti Sgarbi ricopriva il ruolo di sottosegretario ed era anche da poco stato eletto sindaco di Arpino. Proprio per questo passaggio procedurale era necessario il pronunciamento della Giunta, che è arrivato senza divisioni politiche, con un voto unanime.

        La linea difensiva e il processo

        Nel corso delle udienze, Sgarbi ha provato a difendersi sostenendo che l’espressione utilizzata fosse da intendere come sinonimo di “omosessuale”, respingendone l’accezione offensiva. Una tesi che, giudiziariamente, non ha convinto e che ha portato comunque alla condanna già arrivata nel 2023. Ora il nuovo via libera della Camera riporta la vicenda sul binario del procedimento penale, aggiungendo un altro capitolo a una storia che sembrava archiviata.

        Tra un precedente giudiziario, una Giunta che si esprime all’unanimità e un caso che torna ciclicamente a far parlare, la partita tra Sgarbi e Casalino resta ancora aperta sul fronte giudiziario. E ancora una volta è una frase detta in tv a continuare a produrre strascichi a distanza di anni.

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          Cronaca

          Dai riflettori alla cronaca giudiziaria: Gabriele Bonci a processo per maltrattamenti, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale

          Gabriele Bonci, volto noto della cucina televisiva, è sotto processo con accuse pesanti: secondo la procura avrebbe messo in atto comportamenti di controllo, minacce e aggressioni fisiche contro la ex compagna, culminati in un episodio in cui le avrebbe infilato un dito in bocca provocando una ferita. Contestata anche la resistenza agli agenti intervenuti.

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            Dai set televisivi alle aule di giustizia: per Gabriele Bonci, 48 anni, il passaggio non è di quelli che si dimenticano. Il pizzaiolo romano diventato fenomeno dei social, protagonista di programmi tv e punto di riferimento per gli appassionati di lievitazioni, si trova ora imputato davanti ai giudici della V sezione collegiale di Roma. Le accuse sono pesanti: maltrattamenti, lesioni nei confronti della ex compagna e resistenza a pubblico ufficiale. Una vicenda complessa che sta ridisegnando l’immagine pubblica di uno dei personaggi più riconoscibili del panorama gastronomico italiano.

            Un anno e mezzo di presunti episodi
            Secondo la ricostruzione della procura, i fatti contestati si sarebbero verificati tra gennaio 2022 e giugno 2023. Gli inquirenti parlano di «comportamenti controllanti dovuti a ossessiva gelosia»: minacce, pressioni psicologiche e aggressioni fisiche. La donna avrebbe riferito di essere stata afferrata per i polsi, strattonata, tirata per i capelli, fino a riportare diversi ematomi sul corpo. Un quadro che, nelle carte del processo, viene delineato come un crescendo di tensioni e gesti sempre più violenti.

            Le accuse sulla presenza sotto casa e gli oggetti scagliati a terra
            Uno degli episodi contestati riguarda una visita di Bonci sotto l’abitazione della madre della ex compagna. Seduto all’ingresso del condominio, avrebbe atteso a lungo un confronto, situazione conclusa solo con l’arrivo delle forze dell’ordine. Ma non è l’unico episodio segnalato. In un’altra occasione, la donna si sarebbe recata in un bar per chiedere le chiavi di casa: secondo gli atti, lui avrebbe reagito insultandola, per poi tornare insieme nell’abitazione. Lì, la tensione sarebbe esplosa: pentole e bottiglie scagliate a terra, vetri rotti e un clima definito dagli inquirenti “altamente conflittuale”.

            L’episodio ritenuto più grave dai magistrati
            Il momento considerato più serio dalla procura risale ai primi giorni di giugno 2023. Dopo una discussione, la donna sarebbe tornata nell’appartamento, rassicurata dal pizzaiolo. Ma la situazione, secondo gli atti, sarebbe degenerata ulteriormente: oggetti rotti, parole pesanti e un gesto che ha aggravato il quadro accusatorio. Lui le avrebbe infilato un dito in bocca con forza, provocando un sanguinamento sotto la lingua. Un dettaglio che pesa molto all’interno del fascicolo, perché delineerebbe una condotta particolarmente aggressiva.

            L’arrivo della polizia e la contestazione di resistenza
            La scena avrebbe attirato l’attenzione dei vicini, che hanno chiamato le forze dell’ordine. All’arrivo degli agenti, Bonci – sempre secondo l’accusa – li avrebbe insultati e minacciati, rifiutando di calmarsi e ostacolando l’intervento. Da qui l’ulteriore imputazione per resistenza a pubblico ufficiale.

            Il processo è in corso e la posizione dell’imputato sarà valutata nelle prossime udienze. Una vicenda che, comunque vada, ha già inciso profondamente sulla narrazione pubblica di un personaggio che era diventato simbolo di creatività e leggerezza televisiva. Ora il palcoscenico è un’aula giudiziaria, e la storia da raccontare è molto diversa.

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              Politica

              Matteo Salvini avvisato: Pio e Amedeo tornano su Canale 5 mentre il vicepremier celebra “Oi vita mia” come fosse una rivelazione comica nazionale

              Dopo l’entusiasmo social di Matteo Salvini per “Oi vita mia” – «era da tempo che non ridevo, sorridevo, mi emozionavo e piangevo per un film» – Pio e Amedeo si preparano a tornare su Canale 5 con un nuovo programma. Per Mediaset è l’ennesima scommessa su un duo che divide, intrattiene e infiamma discussioni a ogni apparizione.

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                Avvisate Matteo Salvini, perché per lui sarà come Natale anticipato. Il vicepremier ha infatti celebrato sui social “Oi vita mia”, l’ultimo film di Pio e Amedeo, con un entusiasmo che farebbe arrossire perfino i fan più irriducibili del duo pugliese. «Era da tempo che non ridevo, sorridevo, mi emozionavo e piangevo per un film», ha scritto il ministro dei Trasporti, trasformando la pellicola in un piccolo evento nazionale. E ora che Mediaset ha ufficializzato il ritorno dei due in primavera con un nuovo show su Canale 5, il tempismo sembra perfetto.

                Il post di Salvini che accende i social
                Il commento del ministro non è passato inosservato. Anzi, è stato accolto come la certificazione definitiva che Pio e Amedeo non sono soltanto un fenomeno popolare, ma un caso politico-culturale capace di entrare nelle timeline istituzionali. Che il vicepremier abbia un debole per il loro umorismo non sofisticatissimo non è una sorpresa, ma questa volta il suo entusiasmo ha acceso una curiosità in più: cosa penserà del nuovo programma in arrivo?

                Il ritorno su Canale 5
                Dopo il successo al botteghino, i due comici tornano dunque nel prime time Mediaset con un progetto pensato per riprendere lo stile che li ha resi celebri: spontaneità, battute al limite del caos e quel loro modo di trasformare qualsiasi siparietto in una serata di paese reinventata per la tv. La rete punta forte su di loro, consapevole che ogni nuova apparizione scatena discussioni, meme e reazioni contrastanti.

                Un duo che divide ma funziona
                Pio e Amedeo, del resto, vivono da sempre in un equilibrio curioso: da un lato il pubblico fedele che li segue ovunque, dall’altro chi sussurra che la loro comicità non esattamente profonda abbia comunque trovato un posto stabile nella televisione generalista. E mentre la primavera si avvicina, cresce l’attesa per capire che tipo di show porteranno su Canale 5 e fino a che punto riusciranno a spingere il loro universo comico.

                Intanto Salvini li applaude
                Per ora, una certezza c’è: Matteo Salvini è già pronto in prima fila, telecomando alla mano. E a questo punto è facile immaginare che il nuovo show diventi per lui un imperdibile appuntamento del palinsesto. Perché quando il ministro ride, ride sul serio… soprattutto con Pio e Amedeo.

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