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Dopo il pandoro-gate e la fine del matrimonio con Fedez, arriva un altro scossone per Chiara Ferragni: la sua società rischia il fallimento

Il 2024 è stato un anno difficile per Chiara Ferragni, ma il 2025 non sembra offrire tregua. Dopo il caso pandoro, il rinvio a giudizio per truffa aggravata e il crollo dell’immagine pubblica, ora anche la sua società Fenice Srl finisce sotto i riflettori. Secondo quanto riportato da Repubblica, l’azienda dell’influencer sarebbe in perdita di “qualche milione di euro a singola cifra” e si troverebbe di fronte a una scelta drastica: ricapitalizzare o chiudere.

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    Chiara Ferragni è di fronte a un bivio. Non uno di quelli in cui si sceglie tra due opportunità dorate, ma uno ben più concreto e spinoso: salvare la sua società Fenice Srl con un’iniezione di capitali o chiudere bottega. Dopo il terremoto mediatico che l’ha travolta nel 2024, il 2025 non sta offrendo appigli: tra la fine del matrimonio con Fedez, le inchieste, le diffide e il progressivo affossamento del suo brand, ora arriva anche la notizia che la sua azienda è in perdita di diversi milioni di euro.

    A rivelarlo è Repubblica, che anticipa un bilancio 2023 destinato a chiudersi con il segno meno e un futuro che dipenderà dalla volontà degli azionisti di metterci altri soldi. Il punto, però, è un altro: vale ancora la pena investire nel marchio Ferragni?

    Un impero che vacilla

    Fino a un anno fa, tutto ciò che toccava Chiara Ferragni si trasformava in oro. Collaborazioni miliardarie, contratti esclusivi, investitori pronti a puntare su di lei a occhi chiusi. Oggi, invece, l’aria è cambiata. Il caso del pandoro griffato Balocco ha aperto una crepa profonda, trasformando la “regina degli influencer” in un personaggio controverso, che fatica a riconquistare la fiducia del pubblico.

    Il danno di immagine si è tradotto in un’emorragia economica. Brand che hanno interrotto collaborazioni, vendite che non decollano più come prima e una generale sfiducia che pesa come un macigno. A peggiorare la situazione, c’è la multa da 400mila euro inflitta dall’Antitrust per pratica commerciale scorretta, una cifra che potrebbe sembrare irrisoria rispetto ai suoi guadagni passati, ma che è solo un tassello di una crisi più ampia.

    La resa dei conti: il 15 marzo si decide il futuro

    La Fenice Srl, la società che gestisce il business della Ferragni, dovrà affrontare un momento cruciale il prossimo 15 marzo. In quella data si riunirà l’assemblea degli azionisti per approvare il bilancio del 2023 e, soprattutto, per decidere se continuare a investire o mettere la parola fine.

    Di fatto, il destino dell’azienda dipende dalla capacità (e volontà) di Chiara Ferragni di trovare capitali freschi. Non è un caso che nelle ultime settimane l’influencer abbia tentato un rilancio d’immagine, cercando di mostrarsi più accessibile, più autentica, più umana. Ma basterà? Il problema è che oggi il mercato non guarda solo ai follower, ma anche alla fiducia che un marchio riesce a trasmettere. E se c’è una cosa che il pandoro-gate ha insegnato è che la reputazione, una volta incrinata, è difficile da ricostruire.

    Certo, Chiara Ferragni non è il tipo da arrendersi facilmente. Ma questo 2025, iniziato tra scandali, attacchi mediatici e affari in perdita, potrebbe rivelarsi il suo anno più duro. L’imprenditrice digitale che ha rivoluzionato il mondo del marketing saprà trovare una via d’uscita? O questa volta la fenice non risorgerà dalle sue ceneri?

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      Sabrina Salerno: niente storia con Berlusconi, un padre che non la voleva e un amore segreto che incendia lo studio

      L’icona pop degli anni ’80 si apre come mai prima: smentisce il presunto flirt con Silvio Berlusconi, ricostruisce il rapporto complicato con il padre e confessa di essersi innamorata di una star italiana amatissima. Un ritratto intimo e sorprendente, tra fragilità, orgoglio e ironia.

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        In una recente intervista Sabrina Salerno , alla domanda sul presunto flirt con Silvio Berlusconi, la risposta è netta: «Non sono mai stata la sua amante». Salerno racconta un rapporto professionale fatto di stima e intuizioni televisive: «Mi impose a Premiatissima. Oggi, se sono qui, è anche grazie a lui. Gliene sono riconoscente». Nessuna ombra, nessun mistero: solo un Cavaliere affascinato dalla bellezza e una giovane artista “un po’ sfrontata”.

        Il padre che non la voleva riconoscere

        Il racconto si fa crudo quando si parla dell’infanzia. «L’ho conosciuto a 12 anni. Non ha voluto riconoscermi», dice trattenendo a fatica l’emozione. Test del DNA? «Non volevo farlo, ma disse cose orrende su di me. Lo abbiamo fatto e risultai essere sua figlia». In un paradosso quasi teatrale, l’uomo l’abbracciò dal notaio e subito dopo le chiese di non rivelare il cognome di famiglia. «Era un personaggio in vista della finanza. L’ho sempre protetto», ammette. Una ferita che non ha mai smesso di pulsare.

        Il cantante che le ha rubato il cuore

        Poi arriva il momento più spiazzante. «Mi sono innamorata di un cantante italiano che ha fatto la storia della musica», confessa. Baglioni? Sabrina sorride, scivola via. Nessuna conferma, nessuna smentita. Solo quel lampo negli occhi che racconta più di mille parole. «È uno che fa gli stadi», dice. Un amore taciuto, forse impossibile, ma ancora vivo nel ricordo.

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          Belén Rodriguez, la frecciata che infiamma i social: “C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco”, e parte la caccia al bersaglio

          Belén Rodriguez ha pubblicato sui social una frase esplosiva: “C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco”. Poche parole che hanno immediatamente acceso le interpretazioni dei follower, curiosi di capire a chi fosse rivolta la stoccata. Nessun nome, nessun riferimento diretto, ma l’eco del messaggio ha infiammato la rete.

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            Belén Rodriguez conosce bene la potenza delle parole, soprattutto quando arrivano sui social davanti a oltre dieci milioni di persone. Questa volta è bastata una sola frase per trasformare il suo profilo in un campo di indagine collettivo: «C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco». Una stoccata secca, scolpita senza fronzoli, che ha immediatamente scatenato la curiosità dei fan.

            La frase che accende la miccia
            Il post è apparso senza contesto, senza emoji, senza indizi, come spesso accade quando Belén decide di lasciare che sia il pubblico a ricostruire il non detto. Il risultato? Una tempesta di commenti. C’è chi parla di rivalità professionali, chi immagina uno sfogo personale, chi ipotizza riferimenti a figure dello spettacolo. Nessuna certezza, solo supposizioni che corrono veloci.

            I follower cercano il nome nascosto
            La sua community conosce bene la dinamica: Belén lancia una frase criptica, e in pochi minuti partono analisi degne di un giallo. Centinaia di utenti hanno provato a contestualizzare quel “non riuscirebbe a brillare”, come se la showgirl avesse lasciato un indizio da decifrare. Il bello di questi post è proprio la loro ambiguità: il messaggio resta aperto, e ognuno ci legge ciò che vuole.

            La strategia del non detto
            Belén non ha aggiunto nulla, né spiegazioni né chiarimenti. E il silenzio, come spesso accade, vale più di una risposta. La frase resta lì, sospesa, affilata quanto basta per far esplodere la curiosità del pubblico e alimentare l’idea che dietro possa esserci una storia non raccontata. È un meccanismo che conosce bene: una sola frase, e l’attenzione si riaccende.

            Un messaggio che lascia il segno
            A chi fosse realmente diretta quella frecciata non è dato saperlo. Ma il successo del post conferma ancora una volta la capacità di Belén di muovere l’immaginario dei suoi follower con pochissime parole. E finché non arriverà un chiarimento — ammesso che arrivi — la domanda continuerà a rimbalzare online.

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              E se la “bomba” su Signorini fosse un messaggio per Pier Silvio Berlusconi? L’ombra di Corona e il sospetto di una guerra molto più alta dei reality

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                E se la denuncia pubblica di Fabrizio Corona non fosse diretta davvero solo ad Alfonso Signorini? Se quello che appare come una sorta di MeToo all’italiana – con tanti giovani morti di fama costretti a passare dal letto del potente direttore di Chi per realizzare il loro sogno – fosse, in realtà, una palata di fango preparata per colpire più in alto, più in profondità, più al centro del potere di Cologno Monzese? La domanda – diciamolo – nasce spontanea.

                Perchè proprio ora? Perchè mentre Tajani e Occhiuto duellano a colpi di correnti per il controllo del partito di famiglia? Perchè proprio quando Pier Silvio è uscito allo scoperto per chiedere un cambio drastico alla testa di Forza Italia? Il dubbio, se permettete, è lecito. Perché quando si parla di Signorini non si parla semplicemente di un conduttore o di un direttore di giornale: si parla, da anni, del custode di segreti, equilibri, retroscena e “omissis” della famiglia più conosciuta d’Italia, quella dei Berlusconi.

                Non è un mistero, e non è nemmeno una leggenda metropolitana. Già ai tempi dei processi che coinvolsero Corona era emerso – e poi ribadito in diverse sentenze – l’esistenza di un meccanismo ben noto: quello dei “ritiri” di servizi fotografici scomodi, compromettenti, indesiderati. Materiale acquistato a peso d’oro da testate compiacenti per evitare pubblicazioni devastanti per famiglie potenti, volti noti, imprenditori, politici.

                Se gli Agnelli potevano contare sulla compiacenza dei direttori delle testate da loro controllare, i Berlusconi avevano proprio in Signorini il loro giubbotto di salvataggio. Dentro questo sistema, secondo ricostruzioni giudiziarie e testimonianze agli atti, la rivista Chi e il suo direttore erano spesso il porto sicuro dove far approdare – e scomparire – fotografie imbarazzanti per la famiglia di Arcore. È una dinamica raccontata, documentata, discussa. Non una fiaba.

                Si è parlato, nel tempo, di foto non gradite a Barbara fuori di una discoteca milanese, finite poi sotto controllo dopo rapide trattative. Si è raccontato di materiali riguardanti Pier Silvio, di immagini “non utili” alla narrazione del perfetto erede aziendale, gestite con cura chirurgica per evitare rumori, scosse, imbarazzi. Si è vociferato di immagini, video, registrazioni legate alle famigerate serate eleganti del Cavaliere con le Olgettine protagoniste. Voci, chiacchiere, suggestioni. Ma che questo fosse un sistema noto agli addetti ai lavori, quasi fisiologico in un Paese dove la gestione dell’immagine, è innegabile per un giornalismo rosa che, più che alla verità, badava spesso a lisciare il vero cuore del potere.

                Ora però succede qualcosa. Succede che Corona, proprio lui, l’uomo che per anni quel sistema lo ha abitato, alimentato, cavalcato, vissuto e monetizzato, decide di far saltare il banco. E lo fa in un momento che difficilmente può essere considerato neutro. Perché mai oggi? Perché proprio ora che attorno a Forza Italia girano voci, scricchiolii, ipotesi di cambi di leadership? Perché proprio ora che, un giorno sì e uno no, si parla di possibili “passaggi di testimone”, di nuove centralità politiche, di scenari in cui Pier Silvio – o la sorella Marina – potrebbero trovarsi improvvisamente chiamati in causa come figure pubbliche non più solo aziendali ma potenzialmente politiche?

                La sensazione – e lo si dice con tutti i condizionali del caso, perché qui parliamo di ipotesi, letture, interpretazioni – è che la “questione Signorini” possa essere qualcosa di più di un presunto scandalo personale. Potrebbe essere, se le tesi di alcuni ambienti dovessero avere anche solo un fondamento, un modo per sporcare l’aurea pulizia dell’azienda, per insinuare il dubbio di un clima, di un habitat, di una cultura aziendale che nulla avrebbe fatto, nulla avrebbe visto, nulla avrebbe fermato. Se fosse vero, questo travolgerebbe prima di tutto la reputazione della rete ammiraglia del Biscione. E inevitabilmente, il nome del suo amministratore delegato.

                Perché è legittimo, a questo punto, porsi domande. Possibile che Pier Silvio non sapesse nulla? Possibile che nessun sussurro, nessuna voce, nessuna segnalazione su presunti comportamenti opachi o dinamiche poco limpide fosse mai arrivata ai piani alti? Possibile che un “metodo Signorini”, di cui nel sottobosco milanese si parlava da anni, non fosse mai emerso nei corridoi del potere aziendale, se davvero fosse stato così strutturato come viene descritto da chi oggi lo denuncia?

                È innegabile che la narrazione di Corona sia devastante, se fosse confermata. Racconta – questo è ciò che lui sostiene – di favori sessuali barattati con visibilità televisiva. Racconta di desideri sfruttati, ambizioni manipolate, fragilità giovani trasformate in moneta di scambio. Le foto di Signorini vestito da crocerossina sono più che imbarazzanti. Le accuse, se provate, non sarebbero solo un problema morale o mediatico, ma un terremoto reputazionale senza precedenti per Mediaset. E qui entra in scena il nodo vero: non più Signorini, ma l’azienda.

                Perché quando un colosso mediatico percepisce rischio reputazionale, non ragiona in termini di gossip, ma di stabilità. Non pensa a like e indignazioni social, pensa a inserzionisti, investitori, partner, credibilità internazionale. E allora la domanda che aleggia oggi è semplice ma spietata: se davvero una parte di ciò che viene raccontato dovesse trovare conferma, cosa farà Pier Silvio Berlusconi? Difesa d’ufficio? Distanza? Epurazione? Silenzio calcolato? O, al contrario, un intervento deciso per dire che certi territori non sono più tollerabili?

                È anche per questo che qualcuno, in questi giorni, sospetta che quella di Corona non sia solo vendetta, non solo il solito protagonismo prezzolato e a buon mercato, non solo bisogno di ribalta. Potrebbe essere – ipotesi, lettura, ma difficile da scartare – una mossa chirurgica: colpire Signorini per sporcare l’aura di chi, oggi, potrebbe diventare molto più di un amministratore delegato. Potrebbe essere – se fosse davvero così – una “bomba a orologeria” politica lanciata sotto forma di scandalo televisivo.

                E mentre l’ex re dei paparazzi annuncia nuove rivelazioni per le prossime ore, nuovi nomi, nuove prove, l’asse del partito – tra il cuore di Milano, la Roma di Tajani e la Calabria di Occhiuto – osserva e commenta. E nel sottobosco del gossip il sospetto serpeggia: forse il vero obiettivo non è il direttore di Chi. Forse il bersaglio è quello che, di Chi, è sempre stato sopra. Perché in certi giochi il colpo non si dà mai a caso. E questo, se davvero fosse così, non sarebbe un attacco a un uomo di spettacolo. Sarebbe un attacco a un sistema di potere. E, per qualcuno, alla futura politica.

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