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Gossip

Katia Svizzero, una canzone nel suo destino

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    Vi ricordate di Katia Svizzero? Certamente… se non appartenete alla Z Generation probabilmente sì. Una delle ultime “signorine buonasera”, che ci preparava alla serata televisiva annunciando i programmi, non ha interrotto il suo rapporto con la Rai. Da quando le annunciatrici sono state messe in pensione, lei lavora ancora per “mamma Rai”, facendo speakeraggi delle audio descrizioni delle versioni dei film per i non vedenti». Lei lo considera unn impegno importante: «Ne sono orgogliosa, perché posso dedicarmi alle persone meno fortunate».

    Fin da piccola in azienda

    I suoi esordi in Rai da adolescente, in un programma di cabaret, al quale seguono alcune partecipazioni a sceneggiati, le “fiction” di allora. Nel 1991 la sua nomina ad annunciatrice. Ma c’è un evento che farà icrociare il suo destino con quello che diverrà l’insetto più popolare della Tv di casa nostra: l’Ape Maia: Katia viene scelta per interpretare la sigla ufficiale del cartoon. Un brano che viene realizzaro sotto la direzione del maestro e arrangiatore Gianni Mazza (uno di “quelli della notte”), insieme a un coro di bambini. Un successo inaspettato e di grandissime proporzioni. A questo proposito lei commenta: «Un successo che sicuramente non rinnego, quella canzone era una delizia, ancora di più per una come me, che ha sempre adorato i bambini. Ancora oggi mi chiamano per sapere se ho ancora voglia di cantare l’Ape Maia».

    Un successo da hit parade

    Le trasmissioni tv fse la contendono come ospite, le posizioni in hit parade vengono scalate, rimanenendo al primo posto delle hit parade per settimane. Le vendite totalizzeranno complessivamente un milione di copie.

    L’incontro col suo principe azzurro

    A roma Katia incontrerà il gioielliere Duccio Brandizzi, col quale vive ormai da 37 anni. Insieme hanno due figlie. Della sua militanza come annunciatrice lei conserva molti ricordi. Il più forte? «L’ambiente era bellissimo. A Saxa Rubra avevamo un appartamentino dedicato, armadi, zone trucco, bagni, docce. Praticamente vivevamo insieme sette colleghe. Sono rimasta molto legata a Rosanna Vaudetti, a Maria Giovanna Elmi e a Ilaria Moscato: le vedo e le sento con grande gioia». C’era il gruppo storico, nomi conosciuti da tutti i telespettatori come Nicoletta Orsomando, Rosanna Vaudetti, Anna Maria Gambineri, Maria Giovanna Elmi, Paola Perissi, Gertrud Mair, Marina Morgan, Beatrice Cori.

    Nel 2006 la Rai decide di mandare in pensione le annunciatrici

    Nel 2003 le “signorine buonasera” erano tre: Alessandra Canale, Maria Rita Viaggi e Katia Svizzero. Poi la tv di Stato decide per una strategia differente, rimuovendo la figura delle annunciatrici classiche, in favore dell’arrivo di alcune giovani ragazze. Nel 2016 la figura viene cancellata, ritenendola anacronistica.

    I suoi annunci più celebri

    Fino all’attentato alle torri genelle di New York, le notizie più importanti venivano date dalle annunciatrice, che aprivano l’approfondimento successivo da parte del tg. I tre minuti di sospensione delle trasmissioni per il lutto dopo la tragedia dell’11 settembre e la notizia dell’assassinio di Falcone la videro protagonista.

    I bambini? Una passione di vita

    Poi la sua partecipazione al cast di Cominciamo bene e poi Mamme in blog. Non è un caso che viene scelta lei per alcuni programmi dedicati a un pubblico infantile, visto che i bambini rappresentano una sua grande passione. E per i bambini – quelli di ieri – lei rimane la vocina dell’Ape Maia, tanto gaia…

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      Gossip

      Belén Rodriguez, la frecciata che infiamma i social: “C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco”, e parte la caccia al bersaglio

      Belén Rodriguez ha pubblicato sui social una frase esplosiva: “C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco”. Poche parole che hanno immediatamente acceso le interpretazioni dei follower, curiosi di capire a chi fosse rivolta la stoccata. Nessun nome, nessun riferimento diretto, ma l’eco del messaggio ha infiammato la rete.

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        Belén Rodriguez conosce bene la potenza delle parole, soprattutto quando arrivano sui social davanti a oltre dieci milioni di persone. Questa volta è bastata una sola frase per trasformare il suo profilo in un campo di indagine collettivo: «C’è gente che non riuscirebbe a brillare nemmeno dandosi fuoco». Una stoccata secca, scolpita senza fronzoli, che ha immediatamente scatenato la curiosità dei fan.

        La frase che accende la miccia
        Il post è apparso senza contesto, senza emoji, senza indizi, come spesso accade quando Belén decide di lasciare che sia il pubblico a ricostruire il non detto. Il risultato? Una tempesta di commenti. C’è chi parla di rivalità professionali, chi immagina uno sfogo personale, chi ipotizza riferimenti a figure dello spettacolo. Nessuna certezza, solo supposizioni che corrono veloci.

        I follower cercano il nome nascosto
        La sua community conosce bene la dinamica: Belén lancia una frase criptica, e in pochi minuti partono analisi degne di un giallo. Centinaia di utenti hanno provato a contestualizzare quel “non riuscirebbe a brillare”, come se la showgirl avesse lasciato un indizio da decifrare. Il bello di questi post è proprio la loro ambiguità: il messaggio resta aperto, e ognuno ci legge ciò che vuole.

        La strategia del non detto
        Belén non ha aggiunto nulla, né spiegazioni né chiarimenti. E il silenzio, come spesso accade, vale più di una risposta. La frase resta lì, sospesa, affilata quanto basta per far esplodere la curiosità del pubblico e alimentare l’idea che dietro possa esserci una storia non raccontata. È un meccanismo che conosce bene: una sola frase, e l’attenzione si riaccende.

        Un messaggio che lascia il segno
        A chi fosse realmente diretta quella frecciata non è dato saperlo. Ma il successo del post conferma ancora una volta la capacità di Belén di muovere l’immaginario dei suoi follower con pochissime parole. E finché non arriverà un chiarimento — ammesso che arrivi — la domanda continuerà a rimbalzare online.

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          Gossip

          Sabrina Salerno: niente storia con Berlusconi, un padre che non la voleva e un amore segreto che incendia lo studio

          L’icona pop degli anni ’80 si apre come mai prima: smentisce il presunto flirt con Silvio Berlusconi, ricostruisce il rapporto complicato con il padre e confessa di essersi innamorata di una star italiana amatissima. Un ritratto intimo e sorprendente, tra fragilità, orgoglio e ironia.

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            In una recente intervista Sabrina Salerno , alla domanda sul presunto flirt con Silvio Berlusconi, la risposta è netta: «Non sono mai stata la sua amante». Salerno racconta un rapporto professionale fatto di stima e intuizioni televisive: «Mi impose a Premiatissima. Oggi, se sono qui, è anche grazie a lui. Gliene sono riconoscente». Nessuna ombra, nessun mistero: solo un Cavaliere affascinato dalla bellezza e una giovane artista “un po’ sfrontata”.

            Il padre che non la voleva riconoscere

            Il racconto si fa crudo quando si parla dell’infanzia. «L’ho conosciuto a 12 anni. Non ha voluto riconoscermi», dice trattenendo a fatica l’emozione. Test del DNA? «Non volevo farlo, ma disse cose orrende su di me. Lo abbiamo fatto e risultai essere sua figlia». In un paradosso quasi teatrale, l’uomo l’abbracciò dal notaio e subito dopo le chiese di non rivelare il cognome di famiglia. «Era un personaggio in vista della finanza. L’ho sempre protetto», ammette. Una ferita che non ha mai smesso di pulsare.

            Il cantante che le ha rubato il cuore

            Poi arriva il momento più spiazzante. «Mi sono innamorata di un cantante italiano che ha fatto la storia della musica», confessa. Baglioni? Sabrina sorride, scivola via. Nessuna conferma, nessuna smentita. Solo quel lampo negli occhi che racconta più di mille parole. «È uno che fa gli stadi», dice. Un amore taciuto, forse impossibile, ma ancora vivo nel ricordo.

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              Reali

              Elisabetta II e l’esorcismo di Natale: quando la Regina chiese una funzione per allontanare l’ombra di Lady D

              Sandringham, cuore del Natale dei Windsor, non è solo tradizione e protocollo. Nei diari del giornalista Kenneth Rose, pubblicati nel volume “Who Loses, Who Wins”, compare il resoconto di una funzione religiosa voluta da Elisabetta II per calmare le inquietudini della residenza, dove alcuni servitori avrebbero percepito presenze e atmosfere opprimenti. Il riferimento, secondo il parroco citato nei diari, riguarderebbe anche il ricordo di Lady Diana.

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                Sandringham è il luogo dove la famiglia reale britannica torna ogni anno per un Natale fatto di rituali, tradizioni immutate e immagini perfette. Eppure, dietro le mura della residenza nel Norfolk, la storia della monarchia si intreccia spesso con leggende, suggestioni e ricordi ingombranti. A rivelarlo, ancora una volta, sono i diari del giornalista e biografo reale Kenneth Rose, che nel secondo volume delle sue memorie racconta un episodio rimasto per anni confinato nella discrezione di corte.

                Secondo quanto annotato da Rose, la regina Elisabetta II avrebbe chiesto a un sacerdote di celebrare una funzione religiosa per “portare tranquillità” nella dimora, dopo che alcuni membri dello staff avevano riferito sensazioni inquietanti in certe stanze della residenza. Tra queste, soprattutto quella in cui nel 1952 morì re Giorgio VI, un luogo già carico di memoria e simboli. A riferire l’episodio fu Lady Prue, dama di compagnia della Regina Madre, che raccontò di essere stata invitata proprio dalla sovrana ad assistere alla cerimonia, insieme alla madre di Elisabetta.

                Nel diario datato 2 gennaio 2001, Rose scrive che il parroco avrebbe ipotizzato una connessione non solo con la morte di re Giorgio VI, ma anche con la tragica scomparsa di Lady Diana, evocando l’idea di presenze legate a morti violente. Non un esorcismo formale, sottolinea il giornalista, bensì una semplice benedizione, pensata per ristabilire serenità in una residenza diventata, per alcuni, pesante da vivere.

                L’episodio è uno dei molti retroscena privati che emergono dai quaderni del biografo, capace di restituire un’immagine meno ufficiale e più umana di Elisabetta II: una sovrana rigorosa, ma profondamente legata alle sue emozioni e ai propri affetti. Nei diari compaiono anche altri momenti significativi, come il dolore per la morte dei corgi, i rapporti difficili con alcuni membri della famiglia e le tensioni interne legate a Diana Spencer, raccontate attraverso confidenze di cortigiani e collaboratori.

                C’è spazio anche per episodi celebri come l’intrusione di Michael Fagan a Buckingham Palace nel 1982, o per i giudizi sulla rappresentazione cinematografica della monarchia, come nel caso del film “The Queen”, che Rose considerava sorprendentemente realistico.

                Il risultato è un ritratto complesso: una monarchia che vive di storia, simboli e disciplina, ma anche di paure, superstizioni e fragilità. Il presunto “esorcismo di Natale” di Sandringham diventa così un tassello di quel racconto sospeso tra realtà e mito, dove anche la famiglia reale più famosa del mondo appare, per un attimo, semplicemente umana.

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