Lifestyle
Caro voli di Natale, andare in Sicilia costa più che volare all’estero: rincari fino al 900%, prezzi spesso superiori a una tratta per New York
Le indagini delle associazioni dei consumatori fotografano aumenti senza precedenti: volare verso Sud costa più che scegliere mete europee e in alcuni casi intercontinentali. La Sardegna è protetta dalla continuità territoriale, la Sicilia no. Tra le cause: algoritmi di pricing, carenza di voli e problemi industriali delle compagnie.
Durante le festività natalizie e di Capodanno, volare in Italia può costare molto più che andare all’estero. In alcune situazioni limite, spostarsi dal Nord verso la Sicilia sotto le Feste è persino più caro di un volo per New York in periodi normali. Le associazioni dei consumatori parlano di rincari fino al 900% rispetto alle tariffe abituali, con un fenomeno ormai ricorrente che torna puntualmente ogni anno e lascia famiglie, studenti e lavoratori fuori sede davanti a prezzi spesso impossibili da sostenere.
Secondo i dati rilevati dal Codacons, un Milano–Palermo nelle giornate clou arriva a costare almeno 170 euro per un volo di sola andata, contro i 17 euro necessari a metà gennaio: un aumento che sfiora il 900%. La tratta Milano–Catania segna 178 euro, con un rincaro del 790%. Sulle rotte da Roma i numeri non cambiano di molto: +758% per Roma–Catania e +616% per Roma–Palermo. A scattare la fotografia del fenomeno è un’analisi condotta su tariffe minime in date ravvicinate alle festività, comparate con quelle disponibili a inizio anno.
Altroconsumo ha preso in considerazione i biglietti di andata e ritorno acquistati un mese prima per partenze sotto Natale e ritorno il 6 gennaio, confrontandoli con le tariffe di novembre. Il risultato è sorprendente: su 24 tratte esaminate, viaggiare all’estero costa mediamente il 41% in meno rispetto ai voli nazionali. In altre parole, sotto Natale andare fuori dall’Italia è spesso più conveniente che restare dentro i confini. Assoutenti porta un esempio concreto: un Torino–Palermo che in primavera costava 189 euro, nel periodo 24 dicembre–6 gennaio è arrivato a 505 euro, una cifra con cui, fuori dall’alta stagione, si compra un biglietto A/R per New York da Milano o Roma. L’Adoc racconta addirittura che, in alcuni casi, per andare da Milano a Catania conviene fare scalo a Varsavia, usufruendo delle tariffe di una compagnia aerea polacca.
Di fronte a questo scenario, le associazioni dei consumatori hanno presentato un esposto all’Antitrust. Ma l’Autorità, che si pronuncerà a fine mese – quando di fatto la stagione natalizia sarà già conclusa – ha riferito in Parlamento di non avere rilevato pratiche scorrette da parte delle compagnie aeree. Una posizione che ha suscitato molte polemiche, soprattutto sul tema della trasparenza dei prezzi. Il Codacons lamenta infatti che sui siti «compare una serie di costi extra che rende difficile capire il prezzo finale e impossibile fare paragoni», sottolineando come uno dei prerequisiti del libero mercato sia proprio la chiarezza sulle tariffe.
C’è poi il nodo strutturale delle isole. «Nella Penisola c’è l’alternativa dei treni ad alta velocità, mentre da e per le isole non c’è scelta», osserva Carmelo Calì di Confconsumatori. La Sardegna è tutelata dalla continuità territoriale: una compagnia garantisce collegamenti a tariffe concordate e accessibili. La Sicilia invece no. Qui è stato adottato un sistema diverso, basato su sconti sui voli, giudicato però meno efficace e incapace di frenare veramente le impennate dei prezzi nei periodi critici. «Anche la Sicilia meriterebbe la continuità territoriale», sostiene Calì, ricordando che migliaia di persone ogni anno devono spostarsi per motivi familiari, di studio o di lavoro e si ritrovano davanti a biglietti proibitivi.
Ma da dove nasce il caro-voli? Le interpretazioni non sono univoche. L’economista Giulio Sapelli individua una delle cause nell’uso degli algoritmi di pricing: le compagnie sfruttano sistemi avanzati di profilazione e gestione dinamica dei prezzi, che puntano a massimizzare i profitti, alterando – secondo la sua lettura – quel rapporto equilibrato tra domanda e offerta immaginato dalla teoria economica classica. Gli algoritmi, sostiene, spostano il potere verso chi vende e riducono quello dei consumatori, che spesso si trovano di fronte a tariffe che cambiano in poche ore, senza possibilità di controllo reale.
Andrea Giuricin, economista dell’Istituto Bruno Leoni, offre una lettura diversa. Non demonizza gli algoritmi e spiega che il meccanismo si basa sulla vendita dei biglietti per l’alta stagione in lotti progressivi. Si parte con prezzi più bassi, poniamo 49 euro, ma se il primo lotto va subito esaurito, quello successivo sale a 69, poi ancora fino a quando la domanda resta molto forte. Al contrario, se la risposta del mercato è debole, la tariffa può scendere anche drasticamente. Un sistema che utilizzano anche treni e hotel. Il problema, però, è che oggi «l’offerta di voli è inadeguata». Boeing è in ritardo nelle consegne e questo impatta soprattutto su Ryanair. Chi opera con Airbus, come Ita e Wizzair, si scontra invece con problemi ai motori Pratt & Whitney e inevitabili stop tecnici.
A incidere c’è anche la carenza di personale. Gregory Alegi, già docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss, sottolinea come in tutto il mondo manchino piloti: in Asia la professione è meno attrattiva, le compagnie asiatiche assumono personale dagli Stati Uniti o dall’Australia e questo crea squilibri a catena su altri mercati. In Italia, più che i piloti mancano i meccanici, indispensabili per tenere in efficienza le flotte. Tutti fattori che riducono le frequenze, limitano l’offerta e, inevitabilmente, spingono verso l’alto le tariffe nei periodi di massima domanda.
Resta la domanda più concreta: il viaggiatore può difendersi? Dall’Adoc arrivano consigli pratici. «Non fate due volte la stessa ricerca nello stesso giorno sulla stessa tratta», spiega Silvia Cugini, perché l’algoritmo riconosce l’interesse e tende ad alzare il prezzo alla seconda consultazione. Meglio anche monitorare le tariffe tra martedì e giovedì, quando è più probabile trovare proposte convenienti. Ma lo stesso Alegi invita a essere realistici: l’alleanza tra algoritmi, intelligenza artificiale e Big Data è «difficile da battere» e in un sistema così evoluto «un computer addestrato a massimizzare i profitti vince quasi sempre».
Il risultato, per chi deve riabbracciare la famiglia per Natale o rientrare nella propria terra, è un conto spesso salatissimo. Un fenomeno che intreccia dinamiche di mercato, tecnologia, carenze di sistema e scelte politiche, e che ogni anno riapre la stessa discussione: in Italia, sotto le Feste, volare non è solo una questione di mobilità, ma sempre più un problema di accessibilità economica.
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Libri
Libri sotto l’albero: i classici di Natale da leggere in famiglia
Ecco i grandi capolavori letterari perfetti per ritrovare la magia delle feste. Cinque storie senza tempo da vivere con i tuoi cari, tra sogni e ricordi d’infanzia.
Durante il periodo natalizio, non c’è nulla di più affascinante che immergersi in un buon libro accanto all’albero addobbato. Le storie senza tempo sanno risvegliare emozioni e ricordi, riportandoci a un mondo di sogni e meraviglie. Almeno uno dei cinque classici libri natalizi che elenchiamo siamo certi che lo avete già letto. Si tratta di libri che continuano a incantare lettori di ogni età, trasformando le serate delle feste in momenti indimenticabili.
“Un Natale” di Truman Capote
Due racconti autobiografici che catturano il calore e l’incanto delle feste. Con gli occhi del piccolo Buddy, riviviamo la magia di un Natale fatto di alberi decorati e dolci tradizionali. Un viaggio nella nostalgia, perfetto per ritrovare l’essenza della festa.
“Canto di Natale” di Charles Dickens
Il classico natalizio per eccellenza. Ebenezer Scrooge e i tre spiriti del Natale ci conducono in un racconto avvincente e pieno di significato, che risveglia il calore dell’altruismo e la gioia dello spirito natalizio. Ideale per letture condivise in famiglia.
“Lettere da Babbo Natale” di J.R.R. Tolkien
Un volume dolcissimo che raccoglie le lettere scritte da Tolkien ai suoi figli, firmate da Babbo Natale. Un viaggio al Polo Nord tra renne dispettose, orsi buffi e avventure incredibili. Perfetto per chi vuole tornare bambino con un pizzico di immaginazione.
“Lo Schiaccianoci e il re dei topi” di E.T.A. Hoffmann
Una storia magica dove un omino di legno prende vita e affronta un esercito di topi. Un racconto di incredibile fantasia, che ha ispirato balletti e adattamenti cinematografici, perfetto per le notti incantate del periodo natalizio.
“Il sarto di Gloucester” di Beatrix Potter
Una fiaba che profuma di magia e semplicità. Racconta di un povero sarto aiutato da topolini laboriosi per completare un abito per il Natale. Una storia calda e tenera che scalderà il cuore di grandi e piccoli.
Società
Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
Società
In Italia il presepe resiste nonostante Babbo Natale e l’albero: la tradizione della Natività tiene il mercato tra nuove abitudini domestiche
La grande fiera internazionale dei prodotti devozionali, in programma a BolognaFiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2026, conferma che il presepe continua a essere il simbolo del Natale per molte famiglie e per chiese e piazze italiane, pur tra trasformazioni e sfide di mercato legate a nuovi materiali, stili e competitori stranieri.
In Italia il mercato dei presepi regge, anche in un contesto natalizio sempre più affollato da altri simboli e rituali. Nonostante la concorrenza crescente di Babbo Natale, delle luci colorate e degli alberi addobbati, la tradizione della Natività mantiene una forte presenza nelle case, nelle chiese e nelle piazze del Paese. È quanto emerge dalle analisi di “Devotio”, la più grande fiera al mondo dedicata ai prodotti devozionali e ai servizi per il settore religioso, che si svolgerà a BolognaFiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2026. La manifestazione, giunta alla quinta edizione, riunirà oltre 200 espositori provenienti dall’Italia e da altri 18 Paesi, tra cui i principali produttori e rivenditori di statuine e presepi, a testimonianza di un settore che continua a essere vivo e riconoscibile.
Secondo gli organizzatori, la tradizione del presepe rimane molto diffusa, anche se si sta trasformando. Nelle case italiane diminuisce la consuetudine di costruire vere e proprie scenografie complete, con grotte, carta roccia, stagnola, muschio e lunghi villaggi animati, per lasciare spesso spazio a versioni più essenziali. In molti casi sopravvive soprattutto il presepe simbolico, composto quasi esclusivamente dalla Sacra Famiglia, con Giuseppe, Maria e il Bambino come fulcro della rappresentazione. Una scelta più semplice, meno impegnativa dal punto di vista del tempo e dello spazio, che però mantiene il significato religioso e culturale della Natività.
«Il simbolo del Natale resta assolutamente il presepe, anche se il mondo della pubblicità da anni spinge soprattutto la figura di Babbo Natale, gli alberi natalizi pieni di addobbi colorati e tanti dolci e regali», sottolinea Valentina Zattini, amministratore delegato di Conference Service, la società che organizza la fiera. Il presepe continua a essere centrale soprattutto negli spazi pubblici e religiosi. «Nelle chiese vengono ancora realizzati grandi presepi con personaggi, luci e meccanismi. La Natività trova spesso spazio anche nelle piazze di molti comuni, ma l’albero rimane comunque più appariscente», aggiunge Zattini, spiegando come la tradizione trovi ancora terreno fertile nella dimensione comunitaria, pur confrontandosi con simboli più immediatamente visibili e mediaticamente forti.
Anche dentro le abitazioni private la consuetudine non è scomparsa, ma ha cambiato volto. «Nelle case degli italiani, la tradizione è ancora forte, nonostante si sia un po’ persa la consuetudine di realizzare insieme – nonni, genitori e bambini – la rappresentazione del Natale, optando spesso per un piccolo presepe simbolico solo con le statuine di San Giuseppe, della Vergine Maria e di Gesù Bambino», spiega ancora Zattini. Una trasformazione che racconta, allo stesso tempo, un cambiamento nei ritmi familiari e un tentativo di mantenere comunque vivo il significato originario della festa.
La produzione dei presepi artigianali italiani resta uno dei punti di forza del settore, forte di una tradizione storica riconosciuta a livello internazionale. I distretti più importanti continuano a essere quelli tradizionali: la Toscana, in particolare l’area di Lucca, specializzata nelle statuine classiche; la Val Gardena, famosa per i presepi in legno anche di grandi dimensioni; Napoli, con gli artigiani di via San Gregorio Armeno, simbolo del presepe tradizionale napoletano; Lecce e la Sicilia, storicamente legate alla lavorazione della cartapesta. Accanto a queste produzioni, negli ultimi anni si sono affermate anche nuove lavorazioni in ceramica, plastica, carta e metallo, capaci di offrire soluzioni più leggere, moderne o accessibili.
I presepi made in Italy sono apprezzati in tutto il mondo per qualità artistica, design e fedeltà alla tradizione, ma il settore non è immune da sfide e competizione. La concorrenza arriva soprattutto da Cina e Sud America, dove i costi produttivi inferiori permettono di proporre sul mercato europeo e globale prodotti a prezzi competitivi. Una dinamica che costringe le aziende italiane a puntare sempre di più sulla qualità, sull’identità artigianale e sul valore culturale dei propri manufatti.
Devotio 2026 sarà anche una vetrina di questa realtà. Oltre ai presepi, la fiera ospiterà migliaia di prodotti devozionali e oggetti per il culto: crocifissi, rosari, immagini sacre, statue, campane, incensi, candele, vetrate, mosaici, calici, pissidi, paramenti liturgici, arredi per le chiese, sistemi audio, soluzioni tecnologiche per la vita pastorale e persino abbigliamento per il clero. Una panoramica ampia su un comparto economico e culturale che continua a essere parte dell’identità religiosa italiana e internazionale.
Accanto alla dimensione commerciale, la manifestazione avrà anche un forte contenuto culturale. È previsto infatti un articolato programma di incontri, curato dal Comitato scientifico della fiera insieme alla Fondazione Centro studi per l’architettura sacra “Cardinale Giacomo Lercaro”, dedicato al tema “Spazio liturgico: luogo della fede, bene culturale”. Tavole rotonde, convegni, workshop, mostre e iniziative diffuse in città affronteranno argomenti che vanno dall’arte sacra all’architettura, dalla liturgia al restauro, fino alla musica liturgica.
Il presepe, dunque, non scompare. Si aggiorna, cambia forma, convive con altri simboli e con logiche di mercato globali, ma resta un elemento forte del Natale italiano, riconoscibile nelle case, nei luoghi di culto e negli spazi pubblici. E mentre il mondo della comunicazione moltiplica immagini, luci e richiami commerciali, la rappresentazione della Natività continua a trovare spazio, sostenuta da una tradizione radicata e da un settore produttivo che, pur tra sfide e trasformazioni, resiste e guarda al futuro.
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