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In attesa delle Olimpiadi invernali Cortina come Venezia: chi vuole entrare paga

Reinhold Messner sostiene che pagare un ticket per entrare a Cortina sarebbe una misura necessaria per difendere le Dolomiti dal turismo aggressivo, preservando le montagne per escursionisti e ciclisti.

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    In attesa dell’inzio delle prossime Olimpiadi Invernali di Cortina che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio del 2026, resta sempre valida la proposta di Reinhold Messner di introdurre un ticket d’ingresso per accedere a Cortina. Inoltre lo scalatore vorrebbe fare pagare un ticket a tutti quelli che attraversano e scalano i passi dolomitici. Una proposta che ha suscitato un dibattito acceso tra i sostenitori della conservazione ambientale e coloro che ritengono che la montagna debba rimanere accessibile a tutti.

    Cosa dice l’uomo dei 14 ottomila metri scalati

    Messner sostiene che questa misura sarebbe necessaria per difendere le Dolomiti dal turismo aggressivo, preservando le montagne per escursionisti e ciclisti e riducendo l’impatto ambientale e il rumore causato dal flusso turistico.

    Ma il sindaco non ci sta

    Tuttavia, il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi, ha respinto categoricamente la proposta, affermando che la fragilità della montagna richiede una gestione diversa e più olistica. Lorenzi ritiene che non sia accettabile precludere l’accesso alla montagna a chiunque venga a visitarla. E quindi? Quindi propone di studiare un progetto ampio che coinvolga tutti gli attori interessati per trovare soluzioni sostenibili e condivise. Intando le Olimpiadi si avvicinano…

    Mentre Messner solleva preoccupazioni legate alla preservazione ambientale e alla sostenibilità del turismo in montagna, il sindaco di Cortina, a differenza del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, fa i suoi conti e suggerisce che qualsiasi misura restrittiva debba essere parte di un piano ben studiato. Ma soprattutto condiviso da tutte le parti interessate. La questione rimane aperta e richiederà un dibattito approfondito e un coinvolgimento attivo delle autorità e della comunità locale per trovare una soluzione che bilanci le esigenze di conservazione ambientale con il desiderio di accessibilità e fruibilità delle montagne.

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      Curiosità

      Bollicine di solidarietà, polemiche a volontà: il caso della Gaza Cola nella pasticceria di Roma che divide il web

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        In vetrina, accanto ai bignè e alle torte glassate, ora c’è anche una lattina che racconta una storia di resistenza e ricostruzione. Si chiama Gaza Cola, ha il colore del caramello e l’effervescenza delle provocazioni riuscite. Ma soprattutto ha fatto esplodere una tempesta social. Perché la decisione della pasticceria Charlotte di piazza dei Re di Roma di mettere in vendita la bevanda simbolo della resistenza economica palestinese ha scatenato insulti, accuse, inviti al boicottaggio. Non tutti gradiscono le bollicine quando portano con sé una causa.

        Il prodotto è nato da un’idea dell’imprenditore palestinese Osama Qashoo, rifugiato a Londra. Il suo obiettivo è tanto semplice quanto ambizioso: una lattina alla volta, finanziare la ricostruzione del sistema sanitario palestinese devastato dai bombardamenti, e in particolare dell’ospedale Al Karama, nella Striscia. Il progetto è stato lanciato nel Regno Unito, ha fatto discutere in Francia e in Germania, e ora sbarca anche in Italia. E a Roma trova la sua prima “ambasciata” in una pasticceria.

        L’annuncio dell’arrivo della Gaza Cola è comparso qualche giorno fa sui social della Charlotte, un locale conosciuto per la sua proposta dolciaria artigianale e per l’attenzione ai prodotti indipendenti. “Una nuova bevanda è arrivata da oggi nella nostra pasticceria”, si legge. Ma se la comunicazione è stata sobria, la reazione non lo è stata affatto. Sotto il post si è aperta una valanga di commenti rabbiosi, accuse deliranti, insulti razzisti.

        “Segnalate questa pasticceria di extracomunitari che non parlano nemmeno un italiano decente, e forse nemmeno sanno di cosa parlano” scrive qualcuno, in un post rilanciato dagli stessi titolari, con tanto di replica: “Usano la parola extracomunitari come fosse un’offesa. Anche grazie a questa gente sappiamo di stare dalla parte giusta della storia”.

        Non una provocazione, spiegano, ma una scelta etica coerente con altre decisioni simili, come quella di vendere succhi artigianali al posto dei soliti marchi multinazionali. La differenza, in questo caso, è che il ricavato delle lattine contribuirà direttamente al finanziamento di un ospedale, e in particolare “al sostegno dell’imprenditoria palestinese, dell’indipendenza economica e della lotta per la giustizia”.

        Accanto alle cattiverie, è giusto dirlo, c’è anche un coro crescente di apprezzamenti. Molti hanno difeso la scelta, lodando il coraggio e l’impegno della pasticceria. Ma c’è anche chi ha deciso di vendicarsi in silenzio, lasciando recensioni negative online, senza entrare nel merito, senza nemmeno assaggiare un dolce.

        I titolari non si sono tirati indietro, anzi hanno risposto punto su punto: “Il profitto ottenuto dalla vendita della Gaza Cola viene utilizzato come per qualunque altro prodotto venduto nel nostro locale, ma in questo caso l’utile finale è destinato interamente a progetti umanitari. Lo facciamo anche per poter guardare in faccia i nostri figli, un giorno, e dire: non siamo stati in silenzio”.

        Un gesto piccolo? Forse. Ma di quelli che contano. Perché può anche essere solo una bibita, ma in questo caso – tra bollicine, polemiche e dignità – ogni lattina diventa un atto politico. O meglio: etico.

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          Luxury

          Il Thai style batte tutti! Il Capella Bangkok è il nuovo re degli hotel di lusso

          La classifica finale dei 50 migliori hotel del mondo vede al primo posto il Capella Bangkok, sorto appena 4 anni fa. Nella Top 50 anche 4 strutture italiane.

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            Lago di Como addio, il mondo dell’hotellerie ha un nuovo re: il Capella Bangkok. Inaugurato nel 2020, questo gioiello nascosto sulle rive del fiume Chao Phraya ha sbaragliato la concorrenza, conquistando il titolo di miglior hotel al mondo. Con le sue 101 camere affacciate sul fiume e l’atmosfera da dimora storica, il Capella Bangkok è un’oasi di pace. Nel cuore della frenetica capitale thailandese. Ma cosa lo rende così speciale? Sarà l’eleganza senza tempo degli interni, la cucina raffinata o semplicemente la magia del luogo? Una cosa è certa: il Capella Bangkok ha incantato la giuria e si è aggiudicato un posto d’onore nell’olimpo degli hotel di lusso.

            600 giurati per i World’s 50 Best Hotel

            Il Capella Bangkok è stato premiato come miglior hotel in Asia durante la consegna dei World’s 50 Best Hotels. Il premio è stato assegnato da 600 giurati conquistati dal fascino della storica dimora nel cuore della mega metropoli con oltre 6 milioni di abitanti.

            Ma l’Italia non è da meno

            Ai World’s 50 Best Hotels piazziamo ben quattro strutture. Dal Lago di Como alla Costiera Amalfitana, passando per Firenze e l’Umbria, gli hotel italiani sono sempre molto apprezzati per la loro offerta. Il Passalacqua Hotel sul Lago di Como, di Moltrasio, occupa il secondo posto. Una posizione che viene confermata da altri due importanti riconoscimenti assegnati al Passalacqua: il Best Hotel in Europe 2024 e il Carlo Alberto Best Boutique Hotel Award, assegnati per i suoi elevati standard di ospitalità e la sua location storica. Con quattro strutture presenti nella top 50, oltre il Passalacqua anche il Four Seasons di Firenze, il Borgo Santandrea di Amalfi e il Castello di Reschio di Lisciano Niccone (Pg), confermiamo la nostra eccellenza nel settore.

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              Lifestyle

              MomTok: dalle sacre scritture allo scambismo, le casalinghe che hanno sconvolto TikTok e Disney+

              Un gruppo di mamme mormoni dello Utah, note come le “MomTok”, ha trasformato TikTok in un palcoscenico per la loro vita apparentemente perfetta. Tuttavia, dietro i video di danza e consigli per genitori, si celava una realtà fatta di “soft swinging”, scandali e controversie. Questo articolo esplora come queste influencer siano passate da modelli di virtù a protagoniste di una docuserie su Disney+, sollevando interrogativi sulla sincerità delle loro vite online.

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                Le MomTok sono un gruppo di giovani mamme mormoni dello Utah che hanno guadagnato popolarità su TikTok. Come? E’ semplice: condividendo contenuti sulla vita familiare, la fede e la maternità. Con video di danza, routine quotidiane e consigli per genitori, hanno attirato milioni di follower, diventando simboli di una maternità moderna e devota.

                Lo Scandalo del “soft swinging”

                Nel maggio 2022, Taylor Frankie Paul, una delle figure di spicco del gruppo, ha rivelato in una diretta su TikTok che lei e suo marito praticavano il “soft swinging” con altre coppie mormoni. Questa pratica, che prevedeva lo scambio di partner con regole specifiche, ha scosso la comunità e portato alla fine del suo matrimonio.

                La docuserie

                Lo scandalo ha attirato l’attenzione dei media, portando alla creazione della docuserie The Secret Lives of Mormon Wives, disponibile sulla piattaforma Disney+. La serie esplora le vite delle MomTok dopo le rivelazioni di Taylor, mostrando le tensioni, le alleanze e le sfide affrontate dalle protagoniste.

                Tra fede, famiglia e follower

                La docuserie mette in luce il conflitto tra la fede mormone delle protagoniste e le loro azioni, sollevando domande sulla sincerità dei contenuti condivisi online. Alcune delle MomTok hanno affrontato critiche per aver tradito i valori religiosi, mentre altre hanno cercato di giustificare le loro scelte come un percorso di auto-esplorazione e crescita personale.

                Una Lezione di autenticità

                Una storia, questa, che serve da monito sull’importanza dell’autenticità nel mondo dei social media. Dietro le immagini curate e i video virali, si celano spesso realtà complesse e contraddittorie. Per gli spettatori, è un invito a guardare oltre la superficie e a interrogarsi sulla veridicità delle vite perfette presentate online.

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