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Cucina

Crostata multicolore: il dolce semplice che conquista con i suoi colori e sapori

Un’idea creativa per dare nuova vita alla classica crostata fatta in casa, con quattro gusti di confettura per un effetto scenografico e irresistibile.

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    La crostata multicolore è un dolce casalingo che unisce la semplicità della pasta frolla con un tocco di fantasia. Perfetta per la colazione o la merenda, ma abbastanza scenografica da essere servita anche come dessert, questa crostata si distingue per l’uso di quattro diverse confetture, che creano un mix di colori e sapori in ogni fetta. Ciliegia, albicocca, fragola e limone sono le scelte perfette per un effetto cromatico armonioso, ma nulla vieta di personalizzare il ripieno in base ai propri gusti, giocando sempre con tonalità diverse.


    Ingredienti per una tortiera da 24 cm

    • 1 rotolo di pasta frolla già pronta (oppure fatta in casa con 250 g di farina, 125 g di burro, 100 g di zucchero, 1 uovo e scorza di limone)
    • 4 cucchiai di confettura di ciliegie
    • 4 cucchiai di confettura di albicocche
    • 4 cucchiai di confettura di fragole
    • 4 cucchiai di marmellata di limone
    • 1 tuorlo e un goccio di latte per spennellare

    Preparazione

    1. Preparare la base

    Stendere la pasta frolla in una tortiera da 24 cm di diametro, foderata con carta forno. Bucherellare il fondo con una forchetta per evitare che si gonfi in cottura.

    2. Creare la decorazione multicolore

    Dividere idealmente la superficie della crostata in quattro parti, usando un coltello o il dorso di un cucchiaio per segnare le linee guida. Riempire ogni sezione con una confettura diversa, aiutandosi con un cucchiaio per distribuirla in modo uniforme senza mischiare i colori.

    3. Aggiungere le strisce di frolla

    Con la pasta frolla avanzata, creare delle strisce per decorare la superficie, disponendole a griglia classica o seguendo le linee delle confetture per un effetto più elegante.

    4. Spennellare e cuocere

    Spennellare la superficie con un tuorlo sbattuto con un po’ di latte, quindi infornare a 180°C per circa 30-35 minuti, fino a doratura.

    5. Raffreddare e servire

    Lasciare raffreddare la crostata prima di sformarla. Perfetta servita semplice o con una spolverata di zucchero a velo.


    La crostata multicolore è il dolce perfetto per chi vuole qualcosa di bello da vedere e buonissimo da gustare, senza complicarsi la vita. Bastano pochi ingredienti e un pizzico di creatività per trasformare un dolce classico in un’opera d’arte colorata e golosa.

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      Cucina

      La nuova Stella Michelin 2026 di Milano brilla anche di luce calabrese

      Procaccini Milano è un nuovo ristorante stellato della città lombarda per il 2026.
      Un progetto giovane, visionario e vincente, guidato dallo Chef Emin Haziri – kosovaro – e da una proprietà interamente calabrese.

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        Sono giovani, caparbi, ambiziosi. E soprattutto vincenti. Parliamo di Procaccini Milano, il ristorante che porta la firma dello Chef Emin Haziri, appena trentenne, originario del Kosovo e arrivato in Italia nel pieno della guerra balcanica, a soli sette anni. A guidare la Holding proprietaria, insieme allo Chef, troviamo l’amministratore Paolo Marafioti, calabrese doc di San Luca e anch’esso giovanissimo, di pochi anni meno giovane di Haziri.

        Lo stesso è supportato nella gestione da Sebastiano Romeo, anche lui calabrese di San Luca e anch’esso giovanissimo. Una squadra che, nonostante l’età, si è imposta con un mix micidiale: talento, tecnica, visione imprenditoriale e un’intesa umana rara. Li intercettiamo pochi minuti dopo la cerimonia al Teatro Regio di Parma, dove la Guida Michelin ha incoronato Procaccini Milano come nuovo stellato del 2026 per la città di Milano: un primato assoluto.

        Un progetto-record

        Il ristorante ha aperto appena un anno e cinque mesi fa, ma la scalata è stata fulminea. «In soli tre mesi dall’apertura – raccontano – abbiamo ottenuto due forchette del Gambero Rosso, il premio allo Chef come uno dei migliori dell’anno, il riconoscimento del Golosario come miglior ristorante della Lombardia e, dopo appena quattro mesi, l’ingresso in Guida Michelin. Da lì è iniziata una rincorsa che ci porta al risultato di oggi, frutto di passione e sacrifici concentratissimi».

        Il concept

        Un’idea chiara, controcorrente: alta cucina sì, ma senza rigidità; eleganza sì, ma senza formalismi; esperienza stellata sì, ma con libertà e autenticità. «Volevamo un luogo dove il cliente potesse vivere un servizio di livello Michelin, ma rimanendo a proprio agio. Un ambiente elegante ma non gessato. E soprattutto una cucina capace di proporre sia creatività d’autore sia grandi classici italiani reinterpretati dallo Chef Haziri».

        Fiducia totale nello Chef Haziri

        Quanto credevate nella Stella? «Avere avuto l’assenso dallo Chef Haziri – che è anche socio – ci ha dato da subito la consapevolezza di aver ingaggiato un numero dieci. La sua mano è evidente in ogni piatto. I feedback dei clienti ci hanno sempre fatto credere che fosse possibile, ma i parametri Michelin sono altissimi. Per questo lo Chef, in primis, ha fatto sacrifici enormi per curare ogni dettaglio. Oggi orgoglio e soddisfazione si mescolano in modo bellissimo».

        Perché proprio Haziri

        «Cercavamo chi fosse capace non solo di creare un ristorante capace di ambire alla Stella, ma anche di costruire un luogo frequentabile con continuità, anche in abito casual, mi passi il termine. Per fare questo serve arte e qualità. Ho provato i suoi piatti, ho conosciuto la sua storia: Cracco, Enrico Bartolini, il Noma di Copenaghen, Gérald Passedat a Marsiglia, il ruolo di secondo Chef per Antonino Cannavacciuolo a Torino… Non è solo un curriculum, è la somma di esperienze altissime unite a un talento naturale straordinario. Oggi è un punto di partenza di una carriera che – ne sono certo – sarà davvero stellare».

        Chi è Haziri sul piano umano

        «Emin è un ragazzo straordinario. Ha valori radicati: famiglia, lealtà, lavoro. È onesto, capace, intelligente. Per noi è prima un amico e poi uno Chef. Avevo intuito che le assonanze culturali tra Kosovo e Calabria avrebbero creato un ponte umano speciale. Così è stato».

        Chef Haziri, cosa prova?

        «Una gioia immensa. Abbiamo lavorato duro, nei dettagli, ogni giorno. Avere un riconoscimento come la Stella Michelin è straordinario. Sono felice per me, per la squadra di cucina e sala, per la mia famiglia e naturalmente per Paolo e Sebastiano, che mi hanno accompagnato con presenza continua in questo percorso».

        Quanta Calabria c’è in questo successo?

        «La proprietà calabrese mi ha fatto scoprire un lato umano che raramente si trova in un’azienda. Con Paolo e Sebastiano siamo professionisti, certo, ma c’è un’amicizia vera che rende tutto più bello. Abbiamo costruito insieme non solo un progetto d’impresa, ma un rapporto raro e prezioso. Le somiglianze culturali tra Kosovo e Calabria hanno pesato tanto, in positivo».

        Milano, la città più dura: qui nasce un record

        Procaccini Milano, lo Chef Haziri e la Holding hanno costruito una scalata sorprendente in meno di un anno e mezzo, diventando il riferimento per vip e appassionati che cercano una cucina emozionale ma anche un’eleganza vera.

        Raggiungere una Stella è difficilissimo.

        Raggiungerla a Milano, una delle piazze più competitive d’Europa, lo è ancora di più. Eppure, da oggi, nel firmamento Michelin della città della moda e del lusso brilla una nuova luce. Una stella che parla anche calabrese, e che porta orgoglio alla nostra Calabria.

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          Cucina

          Frittelle di verza: la ricetta rustica che profuma di cucina di casa

          Dalla scelta degli ingredienti ai passaggi fondamentali per una pastella leggera: ecco come preparare uno dei piatti più amati delle cucine regionali del Nord Italia.

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          Frittelle di verza

            Le frittelle di verza sono un classico della cucina popolare, una preparazione semplice ma ricca di sapore che valorizza uno degli ortaggi più diffusi nei mesi freddi. Originarie delle aree alpine e padane, dove la verza è da sempre protagonista della dieta invernale, queste frittelle nascono come piatto di recupero, pensato per utilizzare al meglio ciò che l’orto offriva. Oggi sono tornate di moda grazie alla loro versatilità: ottime come antipasto, come stuzzichino da aperitivo o come contorno sostanzioso.

            La verza, ricca di fibre, vitamine C e K, è ideale per ricette che prevedono brevi cotture, perché mantiene parte delle sue caratteristiche nutrizionali. Prima di finire in pastella, le foglie vengono sbollentate o saltate in padella, una tecnica che aiuta ad ammorbidirle e a esaltarne il sapore senza appesantire la preparazione. A rendere le frittelle particolarmente croccanti è invece la pastella, che varia leggermente da zona a zona: c’è chi usa acqua frizzante molto fredda, chi aggiunge un goccio di latte, e chi preferisce una versione più rustica con farina integrale.

            Nelle cucine di montagna le frittelle vengono spesso servite durante sagre e feste di paese, fritte al momento in grandi padelle di ghisa. Il loro profumo intenso è legato al contrasto tra la dolcezza della verza e la croccantezza della frittura. A casa, per ottenere un risultato simile, è importante scaldare l’olio fino alla temperatura giusta — intorno ai 170-175 °C — e friggere poche frittelle per volta, così da evitare che si inzuppino.

            Pur essendo un piatto tradizionale, la ricetta lascia spazio alla creatività: molti aggiungono cubetti di pancetta, cipolle stufate, erbe aromatiche o un tocco di formaggio grattugiato. Altri preferiscono una versione più leggera, cotta al forno con un filo d’olio. In ogni caso, la base resta sempre la stessa: una verza fresca e una pastella semplice e ben amalgamata.

            Di seguito una ricetta classica e collaudata per ottenere frittelle di verza gustose e leggere.


            Ricetta: Frittelle di Verza

            Ingredienti (per 4 persone)

            • 1 verza piccola (circa 700–800 g)
            • 150 g di farina 00
            • 1 uovo
            • 120 ml di acqua frizzante freddissima
            • 40 g di formaggio grattugiato (facoltativo)
            • Sale e pepe q.b.
            • Noce moscata (facoltativa)
            • Olio di semi per friggere

            Preparazione

            1. Pulire la verza: rimuovi le foglie esterne più dure, tagliala a listarelle e lavala bene.
            2. Sbollentarla: immergi la verza in acqua bollente salata per 5–6 minuti, quindi scolala e strizzala leggermente. In alternativa puoi saltarla in padella con un filo d’olio per 7–8 minuti.
            3. Preparare la pastella: in una ciotola mescola farina, uovo, acqua frizzante, sale e pepe. La consistenza deve essere cremosa, non troppo liquida. Aggiungi la verza e, se lo desideri, il formaggio grattugiato o un pizzico di noce moscata.
            4. Friggere: scalda l’olio a 170–175 °C. Con un cucchiaio preleva piccole porzioni di impasto e immergile nell’olio. Cuoci le frittelle finché diventano dorate e croccanti, circa 2–3 minuti per lato.
            5. Scolare e servire: metti le frittelle su carta assorbente e servile calde, magari accompagnate da una salsa allo yogurt o da un semplice contorno di verdure.

            Le frittelle di verza rappresentano un esempio di come la cucina tradizionale sappia trasformare ingredienti umili in piatti ricchi di carattere. Perfette per scaldare le serate invernali, continuano a raccontare una storia fatta di semplicità e gusto autentico. Buon appetito!

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              Cucina

              Octopus Vulgaris, prelibatezza o creatura troppo intelligente per il piatto?

              Un mollusco dalle mille risorse: fa bene alla salute, è leggero e saziante. Ma nuove ricerche sulle sue capacità cognitive e i problemi di pesca sregolata sollevano interrogativi sul futuro del consumo di questa specie.

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              Octopus Vulgaris

                L’Octopus vulgaris, noto ai più come polpo, è un mollusco cefalopode ampiamente diffuso nei mari di tutto il mondo, incluso il Mediterraneo. Dotato di otto braccia e una doppia fila di ventose, è un animale solitario che predilige i fondali rocciosi dove trovare rifugio. Apprezzato in cucina per le sue carni tenere e gustose, se cotte a regola d’arte, questo alimento raffinato e popolare vanta un profilo nutrizionale che lo rende adatto a diete ipocaloriche e bilanciate. Tuttavia, negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata su una questione etica: l’elevata intelligenza del polpo mette in discussione la correttezza del suo consumo.

                Un profilo nutrizionale da primo della classe

                Composto per l’82% da acqua, il polpo è un’ottima fonte di proteine ad alto valore biologico e, grazie al basso contenuto di lipidi, risulta digeribile e favorisce il senso di sazietà. Una porzione media si attesta intorno alle 85 kcal, con un moderato apporto di colesterolo. I grassi presenti sono principalmente mono e polinsaturi, in particolare gli omega-3, noti per la loro azione protettiva su cuore e cervello.

                Il polpo è inoltre ricco di minerali essenziali, tra cui potassio (per l’attività muscolare), fosforo e calcio (per ossa e denti), ferro (per prevenire l’anemia), e zinco e selenio (a supporto del sistema immunitario). Contiene anche vitamine A, B1 e B2, mentre è assente la vitamina C. Questi nutrienti contribuiscono a proteggere il sistema cardiovascolare, migliorare la circolazione sanguigna, e hanno effetti positivi sulla memoria e la concentrazione.

                L’enigma dell’intelligenza e la sostenibilità

                L’aspetto più dibattuto riguarda le straordinarie capacità cognitive del polpo. Numerosi studi concordano sul fatto che questo invertebrato possieda un’intelligenza superiore alla media, paragonabile a quella di alcuni vertebrati. Sono in grado di risolvere problemi complessi, mostrano memoria e sembrano persino capaci di sognare. Comportamenti come il lancio intenzionale di oggetti per difendersi dai maschi indesiderati dimostrano una consapevolezza e intenzionalità sorprendenti.

                Questa intelligenza ha alimentato un acceso dibattito etico sul suo consumo, con proteste che hanno raggiunto persino l’iconica Disney World. La discussione si intreccia con i problemi di sostenibilità: gli stock di polpo nel Mediterraneo sono in drastica riduzione a causa dell’inquinamento e della pesca sregolata. Paesi come la Tunisia hanno imposto divieti di cattura per tutelare la specie.

                Progetti innovativi, come la “Casa dei Polpi” a Talamone, cercano di favorire il ripopolamento offrendo rifugi artificiali per la riproduzione. Parallelamente, incombe la minaccia dell’acquacoltura intensiva, che potrebbe avere effetti disastrosi sull’ecosistema. L’Italia, in particolare, si posiziona come il principale consumatore europeo di polpo, superando le 60 mila tonnellate annue, rendendo la questione della sostenibilità e dell’etica del consumo particolarmente pressante.

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