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Curiosità

Digiuno divino: affamare i cardinali accelera l’elezione del Papa

Nel Medioevo, per sbloccare i Conclavi più ostinati, ai porporati venivano serviti solo pane e acqua. Oggi, il Vaticano opta per una dieta sobria, senza fritti né asparagi. Perché la fame, oltre a purificare l’anima, aiuta a sbrigarsi.

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    Il Conclave è uno dei riti più antichi e solenni della Chiesa cattolica, e nel corso dei secoli ha subito molte trasformazioni. Comprese quelle legate all’alimentazione dei cardinali chiamati a scegliere il nuovo pontefice. La più drastica fu introdotta nel 1271, dopo il conclave più lungo della storia. Ben 1.006 giorni, quasi tre anni, durante i quali 19 cardinali, riuniti nel Palazzo dei Papi di Viterbo, non riuscirono a trovare un accordo sul successore di Papa Clemente IV. L’attesa esasperò il popolo e provocò contestazioni, finché fu eletto Papa Gregorio X. Per evitare ritardi simili Gregorio istituì norme rigide per le successive elezioni, comprese regole alimentari volte ad accelerare la decisione.

    La costituzione apostolica Ubi Periculum, emanata nel 1274, stabilì che dopo tre giorni di scrutinio senza risultato i cardinali ricevessero un solo pasto al giorno. Se dopo cinque giorni l’elezione non fosse ancora avvenuta, il cibo si sarebbe ridotto a pane, acqua e vino. L’idea era che la fame spingesse i cardinali a trovare un’intesa il più rapidamente possibile, evitando lunghe impasse. Si riteneva persino che una dieta spartana facilitasse la discesa dello Spirito Santo, illuminando la scelta del nuovo papa.

    Dieta sobria e nente fritti

    Oggi il Conclave non adotta misure così drastiche, ma mantiene una dieta sobria, pensata per garantire lucidità mentale senza affaticare il corpo. I pasti, preparati esclusivamente nelle cucine vaticane, prevedono una colazione semplice, un pranzo leggero a base di carne bianca o pesce e verdure degli orti vaticani. E per cena? Cereali, ortaggi e frutta di stagione. Stop. Sono vietati i cibi pesanti, come fritti e ricette elaborate, e anche i dolci vengono limitati a biscotti secchi o crostate. Il vino è servito con moderazione, mentre sono esclusi i superalcolici.

    Niente asparagi

    Curiosamente, un divieto particolare riguarda gli asparagi, la cui esclusione non è mai stata ufficialmente motivata, ma si presume sia legata alla loro composizione solforata, poco adatta alla convivenza in ambienti chiusi. Un piatto simbolo della dieta sobria del Conclave è la “pasta del Conclave“, una preparazione semplice e nutriente con burro e parmigiano.

    La segretezza è un altro elemento fondamentale della tradizione: tutti gli inservienti, compreso il capo chef della Casa di Santa Marta, devono prestare giuramento sul Vangelo, garantendo che nulla trapeli all’esterno. Non è permesso l’ingresso di pasti preparati fuori dalle cucine vaticane, una regola rafforzata da Benedetto XVI per evitare fughe di notizie.

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      Monkey, il gatto cleptomane che ha arricchito la sua padrona Megan

      Monkey è un gatto della Cornovaglia che ruba ogni cosa e lo porta alla sua padrona MeganPer esempio? Un “gratta e vinci” da 14 mila euro.

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        Un gatto cleptomane della Cornovaglia, Inghilterra, sta diventando una piccola celebrità sui social. Monkey, questo il suo nome, torna ogni giorno a casa con un “dono” per la sua umana, Megan . Il suo bottino? Di tutto: da sacchetti vuoti di patatine a bustine di semi. Ma la vera sorpresa è arrivata quando Monkey ha riportato a casa un gratta e vinci già grattato, e per giunta risultato essere vincente.

        Quattordicimila euro tra i canini del gatto

        Inizialmente Megan pensava fosse solo spazzatura, ma ha scoperto che il biglietto valeva il doppio di quanto previsto: circa 14 euro. Nulla di straordinario, ma sicuramente un colpo di fortuna inaspettato! Il video dell’impresa felina naturalmente nel corso del tempo è diventato virale su TikTok (@meganchristiann), raccogliendo migliaia di commenti divertiti.

        Monkey è diventato social tra divertimento e telecamere segrete

        C’è chi scherza sul fatto che Monkey ripaghi i suoi debiti, mentre altri propongono di mettere una telecamera sul suo collare per svelare le sue misteriose incursioni. Megan, però, preferisce mantenere la sorpresa e continua a godersi le buffe avventure del suo gatto. Chi sa cosa Monkey porterà a casa la prossima volta!

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          La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

          La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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            La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

            La storia dietro il rifiuto

            Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

            Un simbolo di resistenza

            La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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