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Curiosità

Il match point di Sinner va a segno anche su Wikipedia

Pubblicata la classifica delle voci più ricercate dagli internauti sulla popolare enciclopedia online, che attualmente conta circa 55 milioni di voci.

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    Come ogni nuovo anno che si rispetti… i bilanci che guardano a quello precedente sono d’obbligo! A questa regola non sfugge neanche Wikipedia in versione italiana. L’enciclopedia libera e collaborativa della rete rende note le voci più ricercate dagli utenti nel 2024.

    Gli argomenti più cliccati

    Da Jannik Sinner a Elisa Claps, dal Napoli calcio al film Povere Creature!, sport, cronaca e curiosità: questi gli argomenti più cliccati su Wikipedia in italiano nel 2024. A renderlo noto è Wikimedia Italia, l’associazione che sostiene il popolarissimo sito online. La voce Jannik Sinner ha totalizzato 5.023.355 visite, aggiudicandosi in questo modo il titolo di voce più letta nei primi sei mesi dell’anno: il tennista di San Candido primeggia anche in rete!

    Sul podio anche il Napoli Calcio e la Rai

    Al secondo posto c’è sempre lo sport, precisamente il Napoli Calcio (2.863.957 visite), in seguito alla sua strepitosa stagione 2023-2024. A seguire l’azienda di Stato Rai (2.400.763 visite) che nel 2024 ha festeggiato il settantesimo anniversario dall’inizio delle trasmissioni televisive, inaugurate il 3 gennaio 1954.

    Al 6° e 7° posto i due talenti artistici della famiglia Mango

    Il social media Facebook si posiziona al quarto posto, totalizzando 2.280.076 visite su Wikipedia per i festeggiamenti legati al suo ventesimo anniversario. Altra voce in costante ascesa su Wikipedia è Italia (2.018.285 visite), vuoi per le recenti elezioni europee e regionali ed anche per la rappresentanza sportiva alle Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi. Una bella sorpresa è il sesto posto del cantante Mango (1.941.212 visite), che ha avuto il picco di visualizzazioni a febbraio scorso, mese in cui – guarda caso – la figlia Angelina ha trionfato al festival di Sanremo. Non a caso dopo di lui c’è proprio Angelina Mango con 1.870.711 visite.

    In top ten anche il grande cinema da Oscar

    Proseguendo, all’ottavo posto troviamo il Campionato europeo di calcio 2024 con 1.781.970 visite, al nono l’omicidio di Elisa Claps (1.696.558 visite) grazie anche al documentario Dove Nessuno Guarda di Pablo Trincia e alla miniserie televisiva Per Elisa – Il caso Claps, diretta da Marco Pontecorvo. Chiude la top ten la pellicola del regista greco Yorgos Lanthimos, Povere creature!, vincitrice del Leone d’oro a Venezia e premiato con due Golden Globe e quattro Oscar.

    Wikipedia in pillole

    Plurilingue e assolutamente gratuita, Wikipedia è nata nel 2001, sostenuta e ospitata dalla Wikimedia Foundation, un’organizzazione non a scopo di lucro americana. Lanciata da Jimmy Wales e Larry Sanger il 15 gennaio 2001, inizialmente nell’edizione in inglese, nei mesi successivi ha aggiunto edizioni in numerose altre lingue. Fu Sanger a suggerirne il nome, coniando il termine dall’unione della radice wiki al suffisso pedia (da enciclopedia). Dal punto di vista etimologico significa “cultura veloce”, dal termine hawaiano wiki (veloce), con l’aggiunta del suffisso pedia, dal greco antico παιδεία (paideia, formazione). Comprende attualmente più di 55 milioni di voci in oltre 300 lingue, tra i dieci siti web più visitati al mondo, rappresentando l’opera di riferimento generalista più grande e più consultata sulla rete. Alzi la mano fra voi chi non l’ha utilizzata almeno una volta nella sua vita…

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      Curiosità

      La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

      La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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        La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

        La storia dietro il rifiuto

        Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

        Un simbolo di resistenza

        La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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          Curiosità

          Da Theda Bara a Halloween: così nacque la “vamp”, la donna fatale che seduce e distrugge

          Sopracciglia sottili, rossetto scuro e sguardo ipnotico: Theda Bara fu la prima “vamp” della storia. Nel film The She Devil del 1918 divenne il simbolo della donna irresistibile e pericolosa, capace di soggiogare gli uomini con il solo potere dello sguardo. Da lei nacque un termine che ancora oggi indica la femme fatale per eccellenza.

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            Quando si parla di “vamp”, oggi si pensa a una donna seducente, misteriosa e un po’ pericolosa. Ma pochi sanno che il termine non nasce dal mondo dei vampiri, bensì da quello del cinema muto. A coniarlo, per caso, furono i colleghi di Theda Bara, diva degli anni Dieci, soprannominata sul set “The Vamp”. Da quel nomignolo nacque un mito linguistico e culturale destinato a durare più di un secolo.

            Theda Bara — il cui nome d’arte era un anagramma di Arab Death, “morte araba” — fu la prima a incarnare la figura della donna fatale moderna. Nel 1918 interpretò The She Devil, un film oggi perduto ma rimasto nella memoria collettiva come manifesto di una nuova sensualità: oscura, magnetica, libera. Il suo personaggio non era un vampiro nel senso letterale, ma una creatura capace di “succhiare” l’energia degli uomini, dominarli e distruggerli con eleganza e intelligenza.

            Make-up pesante, ombretto nero, labbra color sangue, pelle chiarissima: il suo stile definì un’estetica gotica che Hollywood non avrebbe più dimenticato. Negli anni successivi, da Greta Garbo a Marlene Dietrich, fino a Elizabeth Taylor e Angelina Jolie, l’archetipo della “vamp” continuò a evolversi, trasformandosi in simbolo di autonomia e potere femminile.

            Theda Bara, all’epoca, era una star planetaria. Il pubblico la vedeva come una figura quasi sovrannaturale, una donna che sfidava i costumi e la morale vittoriana. E anche se la maggior parte dei suoi film è andata perduta, il suo mito sopravvive. Ancora oggi, ad Halloween, migliaia di ragazze americane si ispirano al suo look: capelli corvini, eyeliner drammatico e labbra scarlatte.

            Dietro quel termine così breve — “vamp” — si nasconde dunque una rivoluzione culturale: la nascita della donna che seduce senza chiedere permesso. Un’icona nata dal bianco e nero del cinema muto, ma più viva che mai, soprattutto quando la notte si tinge di nero e la seduzione diventa un incantesimo.

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              Curiosità

              Lacrime a fiumi: ogni anno produciamo una “vasca da bagno” di pianto, ma le donne battono gli uomini 47 a 7

              Le statistiche parlano chiaro: le donne piangono quasi 50 volte all’anno, mentre gli uomini appena 7. Le differenze emozionali e culturali sono ancora profonde, ma le lacrime – vere protagoniste – hanno un ruolo cruciale nella gestione delle nostre emozioni.

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                Un fiume di lacrime scorre ogni anno dai nostri occhi: secondo le ultime stime, una persona media produce dai 60 ai 110 litri di lacrime all’anno, praticamente il volume di una vasca da bagno. Una quantità sorprendente che testimonia come il pianto sia un processo fisiologico tanto comune quanto importante per la nostra salute emotiva. Nell’arco della vita, questo numero cresce fino a cifre quasi incredibili: si stima che ognuno di noi possa produrre fino a 9.000 litri di lacrime.

                Ma non siamo tutti uguali di fronte al pianto, e qui emerge un aspetto interessante: le donne piangono in media 47 volte all’anno, mentre gli uomini soltanto 7. Un dato che non solo rispecchia un’abitudine culturale e sociale radicata, ma che apre anche a domande sulle differenze emozionali tra i generi. Perché piangiamo e perché alcuni piangono più di altri? Le risposte coinvolgono tanto la biologia quanto la cultura.

                Perché piangiamo? Un atto terapeutico

                Il pianto è un fenomeno naturale, che si manifesta non solo per tristezza o dolore, ma anche per gioia, stress o addirittura frustrazione. Psicologi e studiosi concordano nel dire che le lacrime hanno una funzione catartica: liberano tensione, permettono al corpo di rilassarsi e aiutano a stabilizzare le emozioni. In effetti, la composizione chimica delle lacrime varia in base all’emozione, con livelli diversi di ormoni dello stress e di altre sostanze biologicamente attive.

                In particolare, piangere può abbassare i livelli di manganese, un minerale che influisce sull’umore. Per questo, dopo un pianto liberatorio, ci si sente spesso più leggeri e sollevati, come se il corpo avesse espulso le emozioni negative.

                Lacrime femminili e lacrime maschili: le ragioni dietro la differenza

                Le statistiche sulla frequenza del pianto tra uomini e donne sono sorprendenti, e non poco: 47 pianti all’anno per le donne contro appena 7 per gli uomini. Le spiegazioni sono molteplici. Da un lato, vi sono fattori biologici legati agli ormoni: la prolattina, un ormone presente in maggiori quantità nelle donne, è associata a una maggiore predisposizione al pianto. Dall’altro, la cultura gioca un ruolo fondamentale: gli uomini sono spesso educati a reprimere il pianto, considerato come segno di debolezza, mentre le donne ricevono un’accettazione sociale maggiore verso l’espressione di emozioni visibili.

                Il risultato è che le lacrime maschili sono rare, ma non per questo meno significative. «Quando un uomo piange – spiega una psicologa specializzata in dinamiche di genere – esprime un’emozione profonda che ha probabilmente accumulato per lungo tempo. Le lacrime, in questi casi, diventano una vera e propria valvola di sfogo».

                Le lacrime: un linguaggio universale, ma diverso per ciascuno

                Le lacrime ci accomunano, ma ogni persona piange a modo proprio e per motivi diversi. Ci sono coloro che si commuovono facilmente guardando un film o leggendo un libro, e chi, invece, versa lacrime solo in circostanze di forte impatto emotivo. Il pianto è un linguaggio universale, uno dei pochi che non richiede parole, ma allo stesso tempo rimane personale e unico per ciascuno di noi.

                Nel mondo attuale, in cui l’espressione delle emozioni è sempre più incoraggiata, è probabile che questi dati sulle lacrime cambieranno nel tempo. Forse, in futuro, piangeremo meno per stress o dolore e di più per la pura gioia di sentirci vivi e connessi agli altri.

                In ogni caso, la prossima volta che una lacrima scorrerà sul viso, non consideriamola solo un segno di fragilità: è una risposta naturale, parte della nostra esperienza umana, e come tale merita di essere accolta.

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