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Se il tuo partner ti tratta male è ora di aprire gli occhi, c’è qualcosa che non comprendi…

Se il tuo partner ti insulta, ti ignora o ti fa sentire inutile, è probabile che non provi più gli stessi sentimenti di una volta. Attenzione a questi segnali: potrebbero significare la fine della tua storia.

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    Tutti noi nel profondo sappiamo sempre quando una relazione con il nostro partner è agli sgoccioli, ma spesso preferiamo ignorarlo. Affrontare la fine di un rapporto è doloroso e richiede molto coraggio perché é paragonabile a un vero e proprio lutto. Per evitarlo, talvolta tolleriamo situazioni spiacevoli o addirittura intollerabili, fino a casi limiti nei quali stentiamo a riconoscere noi stessi. Ci sono dei campanelli d’allarme che suonano e di cui dobbiamo fare molta attenzione per prevenire e riuscire a riacciuffare la nostra relazione in tempo, dialogando ed esponendo le nostre preoccupazioni, sentimenti e bisogni.

    Frasi tipiche di un partner distante

    Sei proprio una/un…” e l’uso di insulti. Discussioni costruttive rafforzano il legame, ma quando si trasformano in veri e propri scontri, potrebbero indicare che la relazione è in crisi. Litigare ripetutamente senza risolvere nulla è come rivivere la stessa scena senza fine. Ci allontaniamo sempre più dall’altro, divenendo estranei anziché compagni.

    Siamo troppo diversi!” All’inizio, le differenze attraggono, ma con il tempo alcune incompatibilità possono trasformarsi in distanze emotive incolmabili. Quando la coppia trascorre più tempo a discutere che a costruire qualcosa insieme, è probabile che il legame non riesca più a evolvere.

    Ho da fare!” o “Non ho tempo.” L’amore richiede presenza e complicità. Quando manca l’interesse verso la vita dell’altro, si sviluppa una distanza emotiva che segna la crisi di coppia. Le aspettative svaniscono, e ci si ritrova soli all’interno di una relazione che ormai non alimenta più l’anima.

    Uffa, mi annoio.” La noia occasionale è normale, ma quando diventa persistente può essere un segnale che la coppia non si diverte più insieme. Se mancano stimoli, progetti comuni o interessi condivisi, il rapporto rischia di arenarsi in una stagnazione senza prospettive di crescita.

    Come dimenticare un amore finito

    Non è semplice dimenticare un amore. Piuttosto, si impara a riporre nel cuore una storia che non ci appartiene più, come un ricordo da custodire ma non da rivivere. Anche se le ragioni per cui finisce una relazione sono varie, il lasciarsi molte volte può rivelarsi una liberazione e aprire alla possibilità di un futuro più autentico magari con un altro partner.

    Puntare tutto sulla nostra autostima

    Sarebbe utile non abituarsi mai a un amore che non corrisponde al nostro valore, e non pensare che sia l’unica opzione disponibile. La vita ci insegna che l’amore per noi stessi è la base per costruire legami sani. Riconoscere il nostro valore significa non rinunciare alla dignità e non rimanere accanto a chi ci fa del male. L’autostima si costruisce attraverso le esperienze, ma soprattutto imparando a prendersi cura di sé. Investire nel proprio benessere non è un lusso, ma un dovere verso sé stessi. È come lucidare le scarpe sporche che, finché non le guardiamo da vicino, ci rendono difficoltoso e scomodo il cammino.

    Impara a guardare il mondo con i nostri occhi

    Per amarci e riconoscere il nostro valore, si può iniziare a investire nel nostro benessere emotivo e nei sogni. Per questo è possibile praticare esercizi psicologici e pratiche che ci aiuteranno a costruire un percorso di amore e autostima consultando anche il testo di Ana Maria Sepe e Anna De Simone Il mondo con i tuoi occhi edito da Rizzoli. Perché, in fondo, il passato non condiziona il presente o il futuro: possiamo sempre scegliere di amare e di essere amati come meritiamo.

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      Dress code a scuola: no hot pants, jeans strappati e unghie lunghe. I presidi diventano stylist

      Camicie hawaiane sì, shorts e top no. Docenti e bidelli inclusi nei divieti. Vietati anche piercing, tacchi a spillo e cappellini in aula

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        Altro che libri e quaderni: il primo giorno di scuola in Italia comincia con il regolamento sugli abiti. Tre parole ricorrono in tutte le circolari: “sobrio, decoroso, consono”. A Taormina hanno persino stampato un depliant con disegni e figurini: via libera a t-shirt, polo, felpe, camicie di flanella e persino il tuxedo; croce rossa su shorts, minigonne, reggiseni sportivi e jeans strappati.

        Il messaggio è chiaro: la scuola non è una passerella e nemmeno una spiaggia. Ad Ugento il divieto vale pure per professori, segretarie e bidelli: tutti devono dare l’esempio, «perché il rispetto dell’istituzione passa anche dall’abbigliamento». A Pisa, al liceo Matteotti, stop totale: vietati pantaloncini e top “di qualsiasi misura e lunghezza”. A Firenze, invece, la preside del Giovanni da San Giovanni concede la deroga estiva: pantaloni corti sì, ma solo fino al ginocchio.

        In palestra la lista dei no si allunga: niente collane, orologi e spille, meglio togliere persino gli occhiali da vista. A Pomigliano d’Arco bandite zeppe e tacchi vertiginosi «per motivi di sicurezza in caso di evacuazione». A Partinico è vietato mostrare piercing sull’ombelico o sfoggiare unghie a stiletto; a Varese, addirittura, la lunghezza massima è fissata a mezzo centimetro.

        Poi c’è il capitolo cappelli: banditi cappucci e berretti in classe, per lasciare il volto scoperto ed evitare l’uso di cuffiette nascoste. Eccezioni ammesse solo per motivi religiosi o di salute.

        Chi controlla? «Tutto il personale scolastico», spiegano a Civitavecchia. Le sanzioni vanno dalla nota sul registro fino all’allontanamento, come accade a Siracusa, dove la preside chiarisce: «Non è questione di centimetri di pelle scoperta, ma di rispetto del contesto».

        La regola insomma resta la stessa, da Nord a Sud: niente look da spiaggia, niente passerelle. L’unica eccezione? Chi ha il braccio ingessato può indossare la canotta. Gli altri, tutti in fila con t-shirt e jeans integri.

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          La grande fuga da Milano: con 300mila euro una casa piccola in città, spaziosa nell’hinterland

          A Milano il costo medio al metro quadrato per una casa nuova è di 7.690 euro, nell’hinterland scende a 3.150. Dal 2019 al 2023, compravendite in calo nel capoluogo (-5,3%) e in aumento nei 37 comuni limitrofi (+11,6%).

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            Comprare casa a Milano è ormai un sogno irrealizzabile per la maggior parte delle famiglie. Con un budget di 300mila euro, nella città meneghina si possono acquistare al massimo 40 metri quadrati di abitazione nuova, che scendono a 26 metri in centro. Per chi cerca spazi più vivibili, la soluzione è spostarsi nell’hinterland, dove con la stessa cifra si acquistano mediamente 97 metri quadrati.

            Questo trend di fuga verso i 37 comuni di prima fascia è stato analizzato da Abitare Co., società specializzata in nuove residenze. Lo studio evidenzia come, dal 2019 al 2023, si sia registrato un aumento del 9,7% di trasferimenti dalla città verso i comuni limitrofi, accompagnato da un boom delle compravendite in queste aree (+11,6%).

            Prezzi alle stelle in città, occasioni nell’hinterland

            A Milano, il costo medio per le abitazioni usate è salito a 4.700 euro al metro quadrato (+42,4% rispetto al 2019) e per quelle nuove a 7.690 euro al metro quadrato (+48,1%). Nell’hinterland, invece, i prezzi sono del 52% più bassi per l’usato (2.250 euro/mq) e del 59% per il nuovo (3.150 euro/mq).

            Con 300mila euro, ecco quanto si può comprare:

            • A Rho o Peschiera Borromeo, si trovano appartamenti di 105 metri quadrati.
            • Ad Abbiategrasso, si arriva a 133 metri quadrati, il massimo nell’hinterland.
            • A Assago, dove i prezzi sono più alti, la metratura scende a 73 metri quadrati.

            Compravendite in calo in città, in aumento fuori

            Dal 2019 al 2023, le compravendite a Milano sono calate del 5,3%, mentre nei comuni limitrofi sono cresciute dell’11,6%. Opera, con un incremento del +70,8%, guida la classifica, seguita da Cusano Milanino (+63,3%) e Vimodrone (+61,7%). In calo solo sette comuni, con Pero che registra il peggior risultato (-26,8%).

            Perché le famiglie scelgono l’hinterland

            Giuseppe Crupi, CEO di Abitare Co., spiega le ragioni di questa migrazione: “La riduzione del potere d’acquisto e la scarsità di offerta a Milano rendono difficile sostenere i costi crescenti in città. Nell’hinterland, invece, si trovano abitazioni più grandi, nuove e ad alta efficienza energetica, spesso ben collegate grazie a metropolitane e passanti ferroviari.”

            Inoltre, la domanda di case a Milano, pur vivace, non è soddisfatta da un’offerta adeguata. I giovani, in particolare, cercano abitazioni sostenibili e con un budget accessibile, trovando spesso nell’hinterland un’opzione migliore.

            La grande fuga verso l’hinterland, dunque, non è solo una questione economica, ma una scelta pragmatica per chi cerca spazi più vivibili, qualità costruttiva ed efficienza energetica, elementi sempre più assenti nella frenetica Milano.

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              Italiani, popolo di collezionisti. Da Barbie Dreamhouse alle scarpe “brutte”

              Dagli orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, dalle monete alle bambole, dai fumetti ai gioielli: gli italiani sono un popolo di collezionisti.

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                Gli italiani sono noti per la loro passione per il collezionismo. Intervistati sei persone su dieci si definiscono collezionisti, un dato che si traduce in circa 33 milioni di italiani che inseguono la propria passione raccogliendo oggetti di vario tipo. Dai classici orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, monete, bambole, fumetti e gioielli, il collezionismo non solo rappresenta un hobby. Sono anche un modo per conservare ricordi, investire e persino guadagnare. Ogni anno, in media, gli italiani spendono 1.381 euro per alimentare questa passione, superando la spesa media per le vacanze estive, che si aggira intorno ai 1.130 euro.

                Oggetti iconici e un fenomeno in crescita

                Il rapporto sui 100 oggetti iconici del 21° secolo, ha evidenziato quanto sia ampio il mondo dei collezionisti. Tra gli oggetti che hanno attirato maggior attenzione figurano la casa giocattolo Malibu di Barbie, il whisky giapponese Yoichi Nikka, la Tesla Roadster elettrica prodotta in soli 2.450 esemplari e la carta Charizard della prima edizione dei Pokémon. Non mancano curiosità come il tappeto che riproduce uno scontrino di Ikea o la maglietta DHL firmata dal brand elitario Vetements. Questi oggetti, in alcuni casi, sono diventati veri e propri simboli di un’epoca.

                Lombardi e giovani tra i più spendaccioni

                Il collezionismo in Italia vede particolarmente attivi i lombardi, seguiti da campani, siciliani, laziali e veneti, con una spesa che nei prossimi 3-5 anni potrebbe crescere del 37%, raggiungendo i 1.892 euro a persona. In particolare, la Generazione X potrebbe arrivare a spendere fino a 2.092 euro all’anno per alimentare le proprie collezioni.

                I più collezionati: libri, orologi, gioielli…

                Tra gli oggetti più amati dai collezionisti italiani ci sono i libri (49%), seguiti da orologi (33%), gioielli (32%), fotografie (32%) e le tradizionali banconote e monete (32%). L’Italia, in particolare, si distingue come il primo paese per acquisto di borse e il secondo per la loro vendita. Questo riflette quanto il mercato del collezionismo nel Paese sia vivace e dinamico.

                L’impatto del web e dei social media

                Il 96% dei collezionisti italiani si aggiorna regolarmente tramite il web e frequenta fiere per essere al passo con le ultime novità. Il 22% segue influencer o esperti sui social media per arricchire la propria conoscenza, mentre un altro 22% preferisce condurre ricerche approfondite per diventare un vero esperto del proprio settore di collezionismo.

                Collezionisti: passione o investimento?

                Per molti italiani, il collezionismo non è solo un hobby, ma anche un modo per preservare e tramandare oggetti di valore. Il 36% lo fa per mantenere un’eredità per le future generazioni, mentre il 68% controlla regolarmente il valore della propria collezione. Il 32% degli intervistati ha dichiarato di voler rivendere parte della collezione per aumentare il proprio reddito, percentuale che sale al 42% tra la Generazione Z, segno di una crescente consapevolezza del valore economico dietro questa passione.

                Il boom di alcuni oggetti iconici: Barbie e Sneakers

                Cecilia Vicini Ronchetti, esperta di bambole, ha evidenziato come il fenomeno Barbie, soprattutto dopo il successo del film, abbia visto un aumento del 20% dei prezzi di vendita. Anche il mondo delle sneakers è in continua evoluzione. Mirco Castagnoli, esperto di questo settore, ha raccontato come il boom del 2016 abbia portato a una vera e propria corsa all’acquisto di alcune scarpe particolari. Ma oggi l’attenzione si è spostata verso prodotti di design e qualità superiore. Iconiche, ma non sempre indossabili, le Salomon Cross Low e i Big Red Boot di Mschf sono esempi perfetti di come alcuni oggetti diventino simboli culturali più che pratici.

                Collezionisti di tutte le età, ma per i Boomers è un affare privato

                Il modo in cui le diverse generazioni approcciano il collezionismo varia significativamente. La Generazione Z lo vede come un’opportunità per interagire e socializzare, mentre i Millennials sono quelli che spendono di più, con una media di 1.450 euro l’anno. I Boomers, invece, lo vivono più come un affare privato e sono meno inclini a vendere gli oggetti collezionati: solo il 15% di loro sarebbe disposto a farlo.

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