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Spettacolo

50 anni di carriera per Smaila, da celebrare nella sua Verona

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    L’appuntamento per i fan del corpulento Umberto Smaila, ex Gatti di Vicolo Miracoli, è fissato per il 18 giugno, con un evento davvero unico! La sua città (Smaila è nato ) festeggerà i suoi 50 anni di carriera al Teatro Romano, in una serata – denominata Smaila & Friends – che lo vedrà sul palco in compagnia di tantissimi amici, pronti ad esibirsi con lui. Una parte del ricavato andrà in beneficenza all’associazione senza scopo di lucro, UILDM di Verona, Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. Per l’occasione si riunirà il suo celebre gruppo, un’avvenimento che in molti stanno aspettando da anni.

    50 anni di carriera per Smaila, da celebrare nella sua Verona

    Smaila è molto legato alla sua città e non ha caso ha voluto fortemente che questa festa avvenisse proprio a Verona: «Tanti bei ricordi, Verona è la città più bella del mondo ed emozionante, alla quale sarò sempre legato. È la mia città di nascita. Il 18 giugno tornerò con gioia per il mio grande evento. Sarà il momento più bello per riabbracciare tutti voi. Lo diceva anche Shakespeare, non esiste mondo al di fuori delle mura di Verona, la mia città adorata».

    Un po’ di spoiler sul cast della serata

    Un evento che si annuncia unico ed irripetibile, con la partecipazione di tanti amici e artisti che più gli sono stati vicini in questa lunga carriera. Saliranno sul palco per cantare e divertirsi insieme ad Umbertone, regalando al pubblico qualche chicca del loro repertorio. A conferma che, anche in un settore tanto chiacchierato come quello dello spettacolo, l’amicizia in fondo è una delle poche certezze della vita. 50 anni di carriera per Smaila, da celebrare nella sua Verona. Oltre alla reunion dei Gatti di Vicolo Miracoli, sono attesi Diego Abatantuono, Ale e Franz, Marco Masini, Valeria Marini, Fiordaliso, Jimmy Ghione, Nino Formicola, Graziano Galatone, Edoardo Vianello, Davide Rampello e molti altri.

    L’epopea del Derby Club a Milano, tempio della risata e ritrovo di malviventi

    Sono lontani i tempi delle sue frequentazioni al Derby Club di Milano (con Diego Abatantuono agli esordi che gli faceva da tecnico delle luci), una fucina per tutti i cabarettisti di quel periodo che, successivamente, godettero di una grandissima popolarità. Qualche nome? Felice Andreasi, Cochi e Renato, Teo Teocolo, Massimo Boldi, Walter Valdi, Lino Toffolo. Un locale che ospitava anche, fra il pubblico, personaggi della notte (e della “mala” milanese) come Francis Turatello, criminale molto attivo negli anni ’70 col soprannome di “Faccia d’angelo”.

    Indimenticabili ragazze cin-cin…

    Oltre ai Gatti, naturalmente una parte del pubblico identifica la figura di Smaila con il quiz Colpo Grosso, un programma sexy in seconda serata che andava in onda in una tv privata e che riuscì a fare infuriare perfino il colonnello Gheddafi, perchè i libici tiravano tardi per guardarlo. Tempi eroici di una televisione che provava ad essere osè… e che oggi, rispetto a quello che va in onda, strappa un nostalgico sorriso.

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      Televisione

      Sanremo, Samira Lui tra sogni e frenate: “Al Festival sarebbe un azzardo”, parola di Pier Silvio Berlusconi

      La voce corre da tempo: Samira Lui, amatissima “supervalletta” de La Ruota della Fortuna, sarebbe potuta sbarcare al Festival di Sanremo accanto a Carlo Conti. Un’ipotesi che ha acceso speranze e desideri, ma che Pier Silvio Berlusconi avrebbe raffreddato con parole molto chiare: “Se fossi Samira sarei prudente, sarebbe una mossa azzardata”. Il festival, però, resta per lei un traguardo possibile e simbolico.

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        Il suo sorriso ha conquistato il pubblico, la popolarità sul piccolo schermo è cresciuta in modo rapido e Samira Lui è diventata uno dei volti televisivi più riconoscibili del momento. Da mesi il suo nome è accostato a quello del Festival di Sanremo, in un continuo susseguirsi di indiscrezioni, ipotesi e sussurri di corridoio. L’idea? Vederla accanto a Carlo Conti sul palco del Teatro Ariston, in una delle vetrine più importanti d’Italia.

        Il freno di Pier Silvio Berlusconi

        Proprio quando l’ipotesi sembrava prendere corpo, è arrivata una frenata improvvisa. Durante il tradizionale party natalizio Mediaset, Pier Silvio Berlusconi avrebbe commentato con prudenza il possibile coinvolgimento di Samira in Rai, definendo la scelta “azzardata”. Un messaggio chiaro, che suona come un invito alla cautela: la giovane conduttrice è oggi un volto forte del Biscione e un passaggio al Festival potrebbe trasformarsi in un rischio strategico, più che in un’opportunità immediata.

        Ambizione, talento e quella tentazione chiamata Ariston

        Samira Lui però resta un personaggio in ascesa, capace di mescolare freschezza, presenza scenica e capacità comunicativa. Per molti, Sanremo non sarebbe solo una sfida professionale, ma un vero riconoscimento del percorso fatto finora. Un palco che consacra, un trampolino che trasforma. E il pubblico, che la segue con affetto, continua a immaginarla al centro della scena, tra canzoni, emozioni e riflettori puntati.

        Tra realtà e desiderio, il futuro resta aperto

        Al momento non ci sono conferme ufficiali, ma anche nessuna chiusura definitiva. La sensazione è che, più che di uno stop netto, si tratti di equilibri delicati tra reti, strategie televisive e progetti personali. Intanto la voce corre, il suo nome resta caldo e l’idea di vedere Samira Lui all’Ariston continua a restare sul tavolo, come un premio possibile, forse solo rimandato.

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          Cinema

          Checco Zalone travolge tutti: “Buen Camino” supera i 20 milioni e umilia Avatar al botteghino

          Tre giorni, oltre 6 milioni di incasso nella singola giornata, 759 mila spettatori in 748 sale e un totale che vola sopra i 20 milioni di euro. “Buen Camino”, il ritorno di Checco Zalone diretto da Gennaro Nunziante, è ufficialmente il fenomeno cinematografico dell’inverno italiano. Un risultato che non è solo economico, ma culturale: il pubblico ha scelto di nuovo un titolo italiano come evento collettivo, superando perfino i kolossal internazionali.

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            Al terzo giorno “Buen Camino” piazza un altro colpo da record: 6.129.000 euro, 759.000 spettatori, quasi 1000 persone per sala. Il totale vola a 20.097.000 euro, numeri da dominatore assoluto del box office e, a questo punto, impresa difficilmente raggiungibile da chiunque, almeno in Italia. Zalone resta il solo capace di trasformare un film in un rito collettivo.

            Non è Buñuel, ma riempie i cinema

            Non sarà “La via lattea” di Buñuel, non avrà la furia dissacrante degli esordi, ma il risultato è uno soltanto: le sale sono piene. Italiani, anzi pugliesi, che fanno saltare ogni previsione. Ed è una risposta clamorosa alle tesi di certa politica culturale: alla faccia della nuova egemonia di destra, alla faccia delle polemiche sul tax credit, alla faccia dei produttori che oggi stringono i denti.

            Un fenomeno che va oltre il film

            Qualcuno parla di calo fisiologico rispetto ai primi due giorni. Vero. Ma siamo comunque a un +96% rispetto allo stesso giorno dell’anno precedente. Succede solo con Zalone. Succede solo quando il cinema diventa evento popolare. È il rito collettivo: come Sanremo, come la Nazionale, come quelle cose che in Italia spostano ancora masse vere.

            Zalone vs Cameron: non c’è partita

            Nel frattempo James Cameron guarda dal secondo posto. “Avatar: Fuoco e cenere” incassa 1.388.000 euro con 147.000 spettatori in 608 sale. Totale: 13.622.000 euro. Dignitoso, certo. Ma resta nettamente dietro a Checco. Un film evento mondiale battuto da un film italiano ambientato tra famiglia, soldi, difetti nostri e santi in paradiso.

            “Buen Camino” non è solo un successo. È la conferma di una verità semplice: quando c’è qualcosa che gli italiani sentono loro, il cinema torna vivo.

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              Cinema

              Brigitte Bardot è morta: addio alla diva ribelle che ha cambiato il cinema e l’immaginario del Novecento

              Dagli anni ruggenti del mito a Saint-Tropez al ritiro volontario dal cinema nel 1973, Brigitte Bardot ha incarnato bellezza, coraggio, provocazione e fragilità. Amata e contestata, celebrata e criticata, ha attraversato il secolo segnandolo per sempre: prima musa, poi attivista inflessibile per i diritti degli animali, figura controversa nella politica francese, e infine leggenda. Oggi se ne va la donna che ha fatto sognare il mondo, ma l’icona resta.

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                Brigitte Anne Marie Bardot non è stata solo un’attrice. È stata un fenomeno culturale, un terremoto estetico e morale, un cortocircuito tra desiderio e scandalo capace di spaccare il Novecento in due epoche: prima e dopo B.B. A 91 anni la diva francese è morta, come annunciato dalla sua fondazione. Nessun dettaglio sulle cause, nessuna retorica, solo la consapevolezza che con lei se ne va l’ultimo volto di un tempo in cui il cinema non raccontava l’immaginario: lo creava.

                “ Sono stata molto felice, molto ricca, molto bella, ma anche molto famosa e molto infelice”. Bastano queste parole per restituire la parabola di una donna che ha vissuto troppo presto, troppo in alto, troppo esposta. Diventata simbolo mondiale della sensualità negli anni Cinquanta e Sessanta, B.B. ha incarnato libertà femminile, erotismo senza filtri, sfrontatezza e indipendenza quando nessuna donna osava reclamare nulla di simile.

                Figlia dell’alta borghesia parigina, promessa della danza classica, giovanissima modella di Elle, Bardot entra nel cinema per caso e lo travolge per vocazione. Roger Vadim ne capisce prima di tutti la potenza: nel 1956 “E Dio creò la donna” non è solo un film, è un’eresia. Bardot non interpreta la seduzione: lo è. Nei suoi movimenti, nei silenzi, nel corpo che non chiede permesso ma occupa lo schermo e il desiderio collettivo. Hollywood è ancora prigioniera della morale, l’Europa no. Il mito nasce lì.

                Poi arrivano gli autori: Louis Malle, Henri-Georges Clouzot, Jean-Luc Godard. “Il disprezzo” segna una frattura nella storia del cinema: la Bardot di quel film è bellezza assoluta e tragedia quotidiana, dea e donna ferita, icona e persona. In Italia il film viene mutilato, censurato, rimontato. Segno che Bardot, più ancora del film, spaventa.

                La vita privata è una tempesta. Amori ruggenti, matrimoni, fragilità esposte al massacro mediatico, i paparazzi che la braccano prima ancora che esistesse la parola “ossessione”. Il figlio Nicolas, i sensi di colpa, le cadute, la depressione. Bardot non è invincibile: e proprio questo la rende ancora più vera.

                Negli anni Sessanta la metamorfosi continua: diventa voce, musa di Serge Gainsbourg, volto della cultura pop, creatura sospesa tra scandalo e genialità. Poi, quando il mondo la vorrebbe eterna, lei fa l’unica cosa davvero ribelle: se ne va. Nel 1973 annuncia il ritiro. Fine. A quarant’anni smette di recitare, smette di mostrarsi, smette di nutrire il mito. Proprio così il mito diventa eterno.

                Il resto è un’altra vita. Lontano dai set, vicino agli animali. La Fondazione Bardot nasce da una scelta estrema: mettere all’asta i suoi gioielli per finanziare la sua battaglia. Una nuova esistenza, combattiva, ruvida, senza compromessi. Accanto alla difesa degli animali arriva la stagione delle posizioni dure, dei contrasti politici, delle frasi che dividono. Bardot non cerca di piacere: non lo ha mai fatto.

                Gli ultimi anni li passa nella sua “arca”, la Madrague a Saint-Tropez. Un eremo e una culla di memorie. Da lì ogni tanto tuona, spesso contro, sempre senza filtro. È cocciuta, radicale, scomoda. È ancora B.B., anche senza cinema.

                Rimangono i film. Rimane quel modo di guardare che nessuna attrice ha mai più avuto. Rimane il mito del corpo che liberò le donne dall’obbligo di essere educate e invisibili. Rimane una vita che ha vissuto più vite. E resta l’immagine di quella ragazza che ballava scalza, con i capelli sciolti al vento, mentre il mondo imparava a desiderare.

                Brigitte Bardot è morta. B.B., però, continuerà a esistere. Perché certe icone non scompaiono: cambiano pelle e restano, ostinate, nel nostro immaginario.

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