Cinema
Alain Delon, la figlia Anouchka unica erede dei diritti morali: il testamento segreto spacca la famiglia
Svelato dal libro Les derniers jours du Samouraï, il documento esclude Anthony e Alain-Fabien dalla gestione dell’immagine e delle opere del celebre attore. Ora Anouchka, già esecutrice testamentaria, dovrà decidere il destino culturale e simbolico di un patrimonio stimato in 50 milioni di euro. Anthony, ferito e deluso, minaccia nuove battaglie legali.

Un colpo di scena degno di un noir francese: a nove mesi dalla scomparsa di Alain Delon, spunta un “secondo testamento” che assegna alla figlia Anouchka l’eredità più preziosa e delicata, quella morale. È un documento firmato dall’attore il 24 novembre 2022 a Ginevra, in gran segreto e alla presenza solo della figlia e del suo ex avvocato Christophe Ayela, mentre Anthony e Alain-Fabien restavano all’oscuro di tutto.
A rivelarlo è il libro Les derniers jours du Samouraï di Laurence Pieau e François Vignolle, un’inchiesta che getta luce sugli ultimi anni di vita del divo e su una famiglia che da sempre vive sospesa tra ammirazione e rivalità.
Il testamento segreto, stando a quanto riportato, non riguarda la spartizione dell’immenso patrimonio stimato attorno ai 50 milioni di euro – e non ai 150-350 milioni come si vociferava – ma la gestione della memoria di Alain Delon: la sua immagine, il suo nome, le sue opere. In pratica, la parte più intima e simbolica di un’icona del cinema mondiale.
Nessun documentario, nessuna mostra o tributo potrà vedere la luce senza l’autorizzazione di Anouchka. Una responsabilità immensa, che la giovane Delon, trentacinquenne dal fascino discreto, esercita già come esecutrice testamentaria. Ma anche un’eredità che rischia di alimentare ancora di più le tensioni con i fratelli.
Perché la verità è che i Delon non sono mai stati una famiglia pacificata. Anthony, il figlio maggiore nato dalla prima moglie Nathalie Delon, ha già reagito con rabbia. “Estremamente ferito”, riportano i media francesi, dal sapere che la sorella detiene ora il potere di decidere come e dove si potrà usare il nome del padre. Il loro rapporto era già stato minato da battaglie legali infinite: prima sulle cure di Alain, poi sull’eredità vera e propria. Una storia di accuse reciproche, di veleni e di segreti, culminata in una denuncia di Anthony contro Anouchka per avergli nascosto la reale situazione medica del padre.
E Anouchka? Ha scelto il silenzio, almeno per ora. Sul tappeto rosso di Cannes, dove ha sfilato pochi giorni fa, mostrava un volto sereno, ma dietro quel sorriso c’è un conflitto familiare che continua a bruciare. Secondo chi le è vicino, Anouchka sarebbe dispiaciuta nel vedere come i desideri di Alain alimentino tensioni anziché ricomporre un quadro familiare già incrinato.
E mentre i fratelli litigano, i conti bancari intanto si muovono: ogni figlio riceve un assegno mensile di 10mila euro, oltre a un anticipo di 100mila franchi svizzeri. Ma non è solo una questione di soldi, perché la vera eredità è l’icona Delon e la sua memoria collettiva.
Intorno a questa eredità aleggia anche la storia di Ari Boulogne, figlio mai riconosciuto e morto nel 2022. Una ferita mai rimarginata, un fantasma che si aggira attorno alla dinastia Delon e che dice molto su come il mito e la vita vera si intrecciano nella famiglia del Samouraï.
C’è poi il mistero del valore reale del patrimonio. Il libro Les derniers jours du Samouraï ridimensiona la leggenda economica di Alain Delon: niente regge ai 350 milioni di euro millantati, ma “solo” 50 milioni in conti, proprietà e diritti d’autore. Una cifra comunque considerevole, ma che rende ancora più evidente quanto il testamento morale valga molto più del denaro.
La lotta, adesso, è tutta lì: nella capacità di Anouchka di custodire un’eredità simbolica che è il vero cuore di Alain Delon. In una famiglia dove la parola “padre” è sempre stata sinonimo di autorità e mistero, è un’eredità che peserà come una corona d’ombra e di luce.
E se un tempo la fama di Alain Delon era costruita sul silenzio e sul mito, oggi la sua memoria rischia di essere messa in scena ancora una volta, ma con un copione in cui solo Anouchka avrà l’ultima parola.
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Cinema
“Francesca e Giovanni”: la grande storia d’amore e giustizia spezzata a Capaci
“Francesca e Giovanni”, diretto da Simona Izzo e Ricky Tognazzi, sarà nelle sale dal 15 maggio, distribuito da Adler Entertainment. Ma stavolta al centro del racconto non c’è solo il coraggio professionale: c’è un amore vero, forte, tragico. Quello tra Francesca Morvillo, prima magistrata uccisa dalla mafia, e Giovanni Falcone.

Dopo il film di Michele Placido del 1993, che raccontava un’estate speciale con Beppe Fiorello nei panni di Paolo Borsellino e Massimo Popolizio in quelli di Giovanni Falcone, e dopo la miniserie televisiva con Massimo Dapporto, arriva ora al cinema un nuovo, toccante omaggio alla memoria del magistrato simbolo della lotta alla mafia.
Un amore nella tempesta
A interpretare Francesca è Ester Pantano, mentre Primo Reggiani veste i panni del giudice Falcone. Il film ripercorre gli anni più intensi della loro vita, fino al tragico attentato di Capaci del 23 maggio 1992, quando una carica di 500 kg di tritolo distrusse l’auto dei magistrati sull’autostrada A29, uccidendo anche gli agenti della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
La pellicola, scritta da Simona Izzo insieme a Felice Cavallaro e Domitilla Di Pietro, si apre nel 1979, in una Palermo segnata dalla guerra di mafia. Francesca Morvillo è sostituto procuratore presso il tribunale dei minori e conduce una vita riservata insieme al marito Giuseppe. Ma la chiamata a seguire un caso di parricidio la mette davanti a una realtà crudele: un adolescente ha ucciso il padre sotto gli occhi della madre, che sceglie il silenzio per difendere l’”onore” familiare. Francesca, ferma nei suoi principi, si scontra con un sistema giudiziario ancorato alla punizione, rifiutando compromessi. Per lei, la giustizia è soprattutto educazione e futuro.
Quando l’incontro cambia il destino
In un momento di crisi personale e professionale, Francesca incontra Giovanni. Da subito è chiaro che i due condividono una visione comune, valori forti e un senso della giustizia che li avvicina profondamente. Il loro amore nasce in un contesto difficile, cresce tra minacce, isolamento e una quotidianità costantemente in bilico. La loro unione diventa un rifugio e allo stesso tempo una forza: affrontano tutto insieme, sostenendosi reciprocamente.
Ma la realtà non fa sconti. I momenti intimi si assottigliano sotto il peso delle indagini, delle pressioni, della consapevolezza del pericolo imminente. Anche il romanticismo deve piegarsi davanti alla durezza della lotta alla mafia. Eppure, fino all’ultimo, restano l’uno accanto all’altra, uniti da un legame profondo quanto la missione che li accomuna.
Il dovere della memoria
“Raccontare Francesca, far conoscere il suo amore per Giovanni e il suo impegno per la giustizia ci ha spinto a realizzare questo film”, spiegano Izzo e Tognazzi. “Ci sono storie che non possono essere dimenticate. Francesca è stata una pioniera del diritto minorile, la prima consigliera della Corte d’Appello di Palermo. Ma troppo spesso il suo nome è rimasto in ombra.”
Il film ha ricostruito il contesto storico, sociale e umano quasi interamente attraverso il punto di vista di Francesca, esplorando con delicatezza anche la dimensione privata. Fondamentale, per gli autori, è stato il dialogo con il fratello della magistrata, il giudice Alfredo Morvillo, e con sua moglie Anna. “Con loro – racconta Izzo – abbiamo vissuto momenti molto toccanti, come la visita alla Chiesa di San Domenico a Palermo, dove oggi riposa Falcone. Lì, vicino alla sua tomba, c’è solo una targa per Francesca e per gli agenti di scorta. Una memoria troppo fragile per un sacrificio così grande.”
Un film necessario
“Francesca e Giovanni” è molto più di un film biografico: è un atto d’amore, un gesto civile, un modo per riportare alla luce la voce di una donna che ha scelto di non restare in silenzio. Insieme a Falcone, ha condiviso ideali, battaglie, timori e sogni. E con lui è morta, nell’attentato che ha segnato per sempre la storia della Repubblica. Un film che invita a ricordare, ma soprattutto a non dimenticare. Perché la giustizia, quella vera, ha spesso il volto silenzioso di chi ha amato fino all’ultimo respiro.
Cinema
Brad Pitt rompe il silenzio sul divorzio da Angelina Jolie: «Non è stata una cosa così importante»
Dopo anni di silenzio, Brad Pitt parla del divorzio da Angelina Jolie: «Non credo sia stata una cosa così importante, è solo una che si è realizzata legalmente». Parole che sorprendono e contrastano con le dichiarazioni di lei, che si era detta “esausta ma sollevata”. Un addio freddo, mentre la distanza tra l’attore e i figli sembra ormai insanabile.

Dopo otto anni di battaglie legali e silenzi, Brad Pitt ha finalmente deciso di parlare del divorzio da Angelina Jolie. Un divorzio che, a detta dell’attore, non avrebbe lasciato segni profondi nella sua vita. Intervistato da Gq, l’attore ha liquidato la questione con un tono quasi distaccato: «Non credo sia stata una cosa così importante. È solo una che si è realizzata legalmente», ha detto. Parole che sorprendono, soprattutto considerando l’intensità della battaglia legale e l’impatto emotivo che il divorzio ha avuto sull’ex moglie e sui loro sei figli.
L’accordo di divorzio era stato raggiunto nel dicembre 2024, otto anni dopo la separazione avvenuta nel 2016. In quell’occasione i legali di Angelina Jolie avevano parlato di una donna «esausta ma sollevata» dalla fine di una disputa che sembrava senza fine. Eppure, a sentire Pitt, la vicenda è solo un capitolo chiuso e ormai archiviato.
Il contrasto tra i due ex coniugi è netto. Se Jolie non ha mai nascosto la sua sofferenza, Pitt appare oggi concentrato su una nuova fase della sua vita. Secondo quanto riportato da People, infatti, l’attore sarebbe «felice» della nuova serenità ritrovata con la compagna Ines de Ramon. Ma dietro la facciata di indifferenza, resta un tema ancora irrisolto: il rapporto con i figli.
La famiglia numerosa, un tempo simbolo di armonia e amore, si è sgretolata rapidamente dopo l’episodio avvenuto su un volo nel 2016, quando – secondo la stampa americana – Pitt, ubriaco, avrebbe aggredito il figlio maggiore Maddox. Da allora, la rottura è stata irreversibile. Maddox ha depennato il cognome Pitt dal proprio nome, e con lui anche Zahara, Vivienne e Shiloh hanno preso le distanze dal padre.
Oggi, Brad Pitt avrebbe un solo desiderio: ricostruire un legame con i figli. Ma se la freddezza con cui ha parlato del divorzio riflette davvero il suo stato d’animo, sembra difficile che possa trovare il modo per sanare una ferita così profonda. «Recuperare il rapporto coi figli è la sua priorità», rivelano fonti vicine all’attore. Eppure, fino ad oggi, in pubblico Brad Pitt ha preferito il silenzio. E le sue ultime parole – lapidarie e quasi sprezzanti – non sembrano certo il primo passo verso la riconciliazione.
Cinema
Alla salute di Star Wars: quando in Cile trasformarono la saga in uno spot ad alto tasso alcolico (video)
Due anni fa, in un angolo dell’universo chiamato Cile, una TV decise di aggirare le pause pubblicitarie con una trovata geniale (o sacrilega, dipende dai punti di vista): inserire spot di birra dentro i film di Star Wars. Il risultato? Obi-Wan con una lattina, Palpatine che fa il barista Jedi e fan in delirio. George Lucas non l’ha presa bene…

Non è una fan fiction né una teoria complottista: nel 2003, l’emittente cilena Channel 13 trasmise la trilogia originale di Star Wars… con un twist. Per evitare interruzioni pubblicitarie tradizionali, decisero che fosse molto più elegante infilare gli spot direttamente dentro il film. Ed ecco che, con un colpo di scena degno di Yoda, la birra Cerveza Cristal entrò a gamba tesa nella Forza.
Jedi e birra: una combinazione esplosiva
Le scene modificate rasentano il grottesco e il geniale. Obi-Wan Kenobi che estrae una lattina dalla tunica come fosse una spada laser. L’Imperatore Palpatine che usa la Forza non per distruggere i ribelli, ma per afferrare una birra gelata. Luke Skywalker che si prende una pausa prima del duello finale per sorseggiare qualcosa di fresco. Insomma, mancava solo Chewbacca col grembiule da barista.
Lato chiaro, lato scuro… e lato pubblicitario
Il popolo del web, quando i video riemersero anni dopo, non ha saputo resistere: il materiale è diventato virale e “stracultissimo”. I meme si sono moltiplicati come cloni imperiali. E sebbene fosse palese che non ci fosse nessun accordo ufficiale con Lucasfilm, l’effetto era talmente ben confezionato da far quasi credere a un bizzarro spin-off birroso della saga.
Lucasfilm: “Questo non è il marketing che stavamo cercando”
Purtroppo per i cileni, George Lucas non apprezzò l’omaggio. Gli avvocati di Lucasfilm si scatenarono come Ewok a una festa, denunciando la violazione del codice pubblicitario cileno e l’uso non autorizzato del marchio. I documenti legali ritrovati da Gizmodo Australia confermano l’inferno burocratico scatenato dalla birra più controversa della galassia.
Un brindisi al marketing estremo
Se la galassia di Star Wars ha un canone, questo episodio è certamente fuori da ogni rotta tracciata. Ma resta uno degli esempi più esilaranti di product placement non autorizzato della storia. E, a quanto pare, anche uno dei più apprezzati dal pubblico.
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