Spettacolo
Gerry Scotti si racconta a La City Mag
Dal prossimo lunedì 6 maggio Canale 5 metterà in onda una nuova edizione della Ruota della Fortuna condotta da Gerry Scotti.

Dal prossimo lunedì 6 maggio Canale 5 metterà in onda una nuova edizione della Ruota della Fortuna condotta da Gerry Scotti ogni giorno per un mese alle 18,45. L’iniziativa rientra nell’ambito delle celebrazioni per i 100 anni dalla nascita di Mike Bongiorno 1924-2024 uno dei principali artefici dello sviluppo della televisione italiana che quest’anno compie 70 anni.
Gerry Scotti si sente l’erede designato di Mike?
Un eredità difficile, si schernisce Gerry. E’ vero che mi continuava a dire di essere un americano tra i numerosi presentatori del panorama televisivo italiano. Ma solo perché ci teneva a ricordare la sua formazione statunitense. In comune abbiamo condiviso il rispetto della gente, del lavoro. E una forma di curiosità mai spenta. Seguo il suo linguaggio nella tutela dello sponsor e della réclame come lui ci ha insegnato. Diceva sempre: queste persone ci portano i soldi e gli devi voler bene. È la prima volta che conduco un suo programma. La Ruota della Fortuna è un programma perfetto.

Perché?
Mi piace molto che sia un programma che chiamerei analogico. Nel senso che trovo eccezionale il rumore quasi medioevale della ruota che gira, e gira e gira in un mondo di quiz dove ormai è tutto luci laser e tecnologie. Ma c’è ancora un’altra cosa che mi affascina. La Ruota della Fortuna è un programma entrato nell’immaginario del telespettatore: compro una vocale è ormai diventato un modo di dire. Senza tralasciare che mi sono sempre piaciuti tutti i giochi con le parole, come i cruciverba”.
Mike Bongiorno a cui Palazzo Reale di Milano dal 17 settembre al 17 novembre dedicherà la mostra Mike Bongiorno, il centenario, era anche un tipo difficile, fumino, quasi abrasivo, per non dire proprio incazzoso. Come Jerry Scotti?
Si ammetto lo sono anche io ma solo quando le cose non vanno come dovrebbero andare. Quando arrivo in studio le cose devono funzionare. Sono sempre stato molto puntale ed esigente e per questo pretendo grande attenzione. E in più chiedo a tutti di stare sul pezzo. Sarà un difetto? Forse potrebbe fare nascere qualche incazzatura, ma non tengo rancore, me ne dimentico, mi passa subito tutto.

Da chi sarà affiancato nella trasmissione? E’ prevista una cosiddetta valletta?
Certo si chiama Samira Lui ed è nata da mamma italiana e papà senegalese. MI sono imposto per avere una collaboratrice con un ruolo attivo. Non è più tempo delle vallette mute, volevo una ragazza che non si limitasse a gestire il tabellone, ma fosse pronta a raccontare curiosità sugli argomenti trattati.
Secondo Jerry come sono cambiati i quiz dai tempi di Mike a oggi?
Uno cresciuto come me con Rischiatutto e Telemike non poteva che seguire la metamorfosi delle trasmissioni e dei quiz televisivi dove contenuto e spettatori sono completamente doversi. Il campione una volta diventava personaggio, si preparava su una materia e sapeva tutto. Oggi tutti i giochi sono la negazione di quel tipo di format. Oggi possiamo fare domande che spaziano dal calcio all’astronomia, dalla fisica all’attualità. Ai tempi di Mike la preparazione dei concorrenti era diversa. E anche il pubblico sono certo che rifiuterebbe quel tipo di competenza così specifica.
Quindi il livello culturale in fondo si è abbassato rispetto al passato?
Mediamente siamo diventati tutti ignoranti. Il quiz che ha abbattuto il muro di Berlino rispetto al passato è stato Chi vuol essere milionario? Se lo ricorda? Ha introdotto la risposta multipla che è diventata il nuovo modo di fare il game in tv. Una moda che ha coinvolto anche gli esami ministeriali e i concorsi pubblici. È questa la società di oggi, quella che come aveva previsto Arbore, è diventata tutta un quiz dove la fortuna, che una volta era malvista, è tutto.
A parte il doveroso omaggio a Mike Bongiorno oggi in tv si ripropongono spesso format del passato, come mai, non siamo più capaci di ideare spettacoli originali?
E’ già stato tutto fatto. Il problema è che mancano idee in giro per il mondo. Stiamo aspettiamo che arrivino le novità dall’Estremo Oriente, dall’India e dalla Cina. La sperimentazione è sempre più difficile, il telespettatore vuole programmi semplici in cui riconoscersi facilmente. Le novità vengono guardate con sospetto. Un conto è il dinamismo delle grandi citta, ma ricordiamoci che ci sono 8 mila piccoli comuni perlopiù sperduti con intere regioni dove le persone hanno la tv sul comò, magari piazzata tra la foto del Papa e quella del parente disperso in Russia!.
Non le è mai mancato poter dirigere il Festival di Sanremo? Magari quest’anno potrebbe essere la volta buona.
No, il Festival non mi manca, davvero. Penso che la Rai debba scegliere tra il cambiamento, Cattelan o De Martino, oppure la continuità e allora devono puntare sul più bravo di tutti, cioè Carlo Conti. Amadeus ha fatto molto bene e ora spero faccia meglio nella sua nuova rete, un mondo nuovo con responsabilità e impegni, con la possibilità di sviluppare progetti inediti. Finalmente qualche cambiamento.
E non pensa di cambiare rete anche lei?
Non ci penso proprio. Voglio trascorrere il compleanno dei 70 anni qui in Mediaset e Pier Silvio Berlusconi mi ha confermato questo bel regalo. Il più bello di tutti. Quindi mi vedrete ancora per qualche anno dedicati ai miei sponsor del prosciutto che garantiscono la mia libertà.
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Musica
Rose Villain, il nuovo inizio in rosso tra musica, lingerie e libertà: «Le parole sono la mia arma contro il male del mondo»
Rosa Luini, in arte Rose Villain, posa in rosso per la campagna di Natale di Yamamay e firma il repack after dark dell’ultimo capitolo di Radio Vega. Tra pigiami, scelte bold, critiche sul corpo, femminismo quotidiano e il ricordo del nonno partigiano: «Sono sempre in evoluzione. La moda è un gesto artistico, l’odio invece è un problema culturale».
Rossa è la copertina di Radio Vega, rosso è il capitolo after dark appena lanciato e rosso è il bustier in pizzo con cui Rose Villain ha scelto di presentarsi nella campagna di Natale 2025 per Yamamay. Una scelta cromatica che non nasce da un’abitudine, ma da un atto simbolico. «Il rosso è un colore con il quale non mi sono mai confrontata, ma proprio per questo lo considero un nuovo inizio. Io sono sempre in evoluzione, con la musica e con la moda», racconta la cantautrice, rapper e imprenditrice milanese, diventata quasi americana per gli anni trascorsi negli States a inseguire un sogno che oggi è realtà.
Tra pizzo, pigiami e scelte bold
Nelle immagini della campagna passa con naturalezza dal pigiama al completo rosso sexy, un contrasto che racconta una doppia anima. «Sono molto pigiamosa», ammette. «Amo il loungewear, le felpone, le cose oversize. Ho una vena da maschiaccio che mi piace “vestire”, anche se a volte mi sorprendo scegliendo look più sensuali. Credo che proprio questo interessasse a Yamamay: la possibilità di giocare con il femminile senza mai essere volgare. Io mi conosco bene, mi vedo simpatica, mai eccessiva».
Il rosso, accostato all’azzurro dei suoi capelli, diventa così un gesto pop ma elegante, una dichiarazione d’intenti che porta la moda dentro il suo percorso artistico. «Mi piace prendere decisioni bold», dice con un sorriso che sa di sfida.









Libertà, corpo e nuovi linguaggi del pop
Palco, microtute, scollature abissali: il corpo esibito è diventato uno dei linguaggi dominanti della cultura pop contemporanea. C’è chi lo interpreta come emancipazione, chi come marketing. Rose Villain lo legge come un atto creativo. «Non ci vedo più una rivendicazione politica, ma una forma artistica», spiega. Eppure, aggiunge, la discriminazione resta. «Non passa giorno senza che riceva messaggi del tipo “se non fossi una bella ragazza…”, “se non fossi nuda…”, “se non avessi il seno grosso…”. Il vero problema è che odio e bullismo sono ormai accettati silenziosamente».
Il suo diario musicale, dice, nasce proprio dalla necessità di incanalare quel lato dark che non trova spazio altrove. Una scrittura che diventa confessione, cura, sfogo.
Vegan, sportiva e “donna pizza”
Tra un tour e l’altro, la disciplina fisica è diventata una routine spontanea. «Sono vegana. Durante il Covid ho imparato a cucinare, ma mio marito è bravissimo. In realtà sono una donna pizza…», scherza. Per anni ha praticato danza e tennis, e in famiglia le gare non mancano mai. «Oggi non faccio sport con regolarità, ma durante i concerti salto come un grillo per un’ora e mezza». Anche questo, dice, è allenamento.
Il nonno partigiano e il potere delle parole
Il lato politico, sottotraccia ma presente, arriva quando parla delle proprie radici. «Ero legatissima a mio nonno Biagio Melloni, partigiano. Fondò le librerie Remainders perché credeva che tutti avessero diritto di leggere», ricorda. «Sono cresciuta con persone incredibili: intellettuali, insegnanti, poeti. Per me le parole sono l’unica vera arma che abbiamo contro il male del mondo».
Una dichiarazione che riassume la sua idea di pop: brillante, sensibile, artistico, ma mai superficiale. In rosso, stavolta, ha scelto di raccontarsi con più coraggio. E quel colore, che non aveva mai osato, diventa davvero il suo nuovo inizio.
Musica
Laura Pausini lascia i social: ansia, dipendenza e tossicità digitale dietro l’addio della star che invita tutti a “stare attenti”
Laura Pausini spiega di aver abbandonato i social per ritrovare serenità: «Non dormivo più, cercavo di rispondere a tutto». Il fenomeno è globale e coinvolge star italiane e internazionali – da Fedez a Selena Gomez, da Harry Styles ad Adele – che denunciano la tossicità di piattaforme dove l’odio corre più veloce della musica.
L’ultimo gesto di Laura Pausini non è un singolo, né un video virale, ma un addio. La cantante, tra le voci italiane più riconoscibili nel mondo, ha deciso di abbandonare i social network. Una scelta comunicata proprio tramite una storia Instagram, il luogo da cui ora vuole prendere le distanze, e motivata così: «Mi stavano creando una dipendenza malata». Un’ammissione che arriva dopo settimane in cui l’artista aveva raccontato il bisogno di “ritornare ad amare”, anche se stessa.
Un addio per ritrovare equilibrio
Nelle sue parole c’è il peso della sovraesposizione digitale. «Stavo passando troppo tempo davanti allo schermo e questo mi causava stress e ansia», spiega. «A volte non riuscivo a dormire perché pensavo di non aver letto e risposto a tutti i messaggi». Per questo ha eliminato le app dal telefono, cambiato numero e deciso di restare in contatto solo con i familiari. Una pausa necessaria, racconta, per tornare a una vita più reale e meno filtrata.
L’annuncio arriva in un momento in cui la cantante racconta di aver percepito la crescente ostilità delle piattaforme: «Ho fatto un giro sui vari social e ho trovato un odio sfrenato contro tutto e tutti. Mi sono spaventata». Un monito che allarga il discorso ben oltre la sua esperienza personale: «Fate attenzione a non cadere in questa trappola che può portarvi davvero a stare male».
Dalla viralità all’ansia: il rovescio della fama digitale
Chi segue la Pausini da anni ricorderà video iconici diventati virali, momenti pop che hanno fatto sorridere milioni di persone. Ma oggi, racconta la cantante, quel mondo non ha più la stessa leggerezza. Per molti artisti, il rapporto con social e commenti è diventato una zona grigia, un luogo dove l’apprezzamento convive con giudizi feroci, body shaming e pressioni costanti. E non sorprende che una figura esposta come lei decida di mettere un freno.
Un fenomeno sempre più diffuso tra gli artisti
La scelta di Pausini si inserisce in un trend ormai evidente. A ottobre Fedez aveva lasciato le piattaforme annunciando di voler comunicare solo attraverso la musica. Carlo Conti ripete spesso di non leggere nulla online, né elogi né critiche. E ancora: Selena Gomez, Harry Styles, Millie Bobby Brown, Adele, Tom Holland, Lizzo, Justin Bieber. Tutti, negli ultimi anni, hanno denunciato l’impatto tossico delle piattaforme sulla salute mentale.
Le motivazioni cambiano, ma il nucleo è identico: un sovraccarico emotivo che confonde il confine tra vita privata e visibilità pubblica. Per molti, la ricerca di normalità passa proprio dal silenzio digitale.
Il prezzo dell’odio e il richiamo alla normalità
L’appello finale di Pausini sembra rivolto non solo ai fan ma a un’intera generazione che confonde la connessione con la presenza. «La salute vale di più», scrive. «Non siamo stati capaci di usare i social per avvicinarci. Sono diventati un posto dove si vomita rabbia e odio».
Una riflessione che va oltre la sua carriera e tocca un tema universale: come proteggersi in un ecosistema dove l’odio è diventato linguaggio abituale e la pressione è continua. Il suo addio, per ora, è un atto di autodifesa. Ma è anche un invito a guardare cosa resta quando si spegne lo schermo: la vita vera, quella che – dice lei – sta cercando di recuperare.
Musica
Sanremo 2026, i grandi esclusi sono 270 e tra loro spicca Alberto Urso: fuori dalla rosa di Conti dopo il singolo Reale
Il cantante, vincitore di Amici, aveva presentato un nuovo brano dopo l’uscita estiva di “Reale”, ma non è rientrato tra i 30 big scelti da Carlo Conti. Intorno a lui, un elenco lunghissimo di esclusi che accende già il dibattito sul prossimo Sanremo. Numeri che raccontano quanto la selezione sia diventata un imbuto spietato.
La corsa verso Sanremo 2026 passa anche, e soprattutto, da chi resta fuori. E i numeri, quest’anno, fanno impressione: sono circa 270 gli artisti esclusi dalla selezione finale. Una vera e propria folla di nomi che si è fermata prima del traguardo dei 30 big. Tra questi, a sorpresa, spunta anche un vincitore di Amici: Alberto Urso. Un nome che, solo qualche tempo fa, sembrava destinato a una traiettoria molto diversa, ora costretto a guardare il Festival dalla platea.
Il colpo per Alberto Urso
Urso aveva appena pubblicato il suo singolo estivo, “Reale”, e aveva deciso di giocarsi la carta più importante: presentare un nuovo brano direttamente a Carlo Conti. Un passaggio che, per molti artisti, rappresenta la porta d’accesso al grande palcoscenico dell’Ariston. Porta che, questa volta, per lui è rimasta chiusa. Il suo nome non compare nella rosa dei 30 big e l’esclusione pesa doppio proprio perché arriva dopo una fase in cui il cantante sembrava pronto a rilanciarsi con decisione.
I numeri dell’esclusione
Duecentosettanta esclusi non sono solo una statistica, ma il segnale di una competizione sempre più feroce. Ogni anno il Festival diventa un imbuto stretto in cui passano in pochissimi, mentre fuori restano intere generazioni di artisti, nomi storici e nuovi tentativi di ritorno. Sanremo 2026 nasce così, nel segno di una selezione durissima che comincia molto prima delle luci dell’Ariston.
Da Amici all’Ariston mancato
Il percorso di Alberto Urso ha avuto una vetrina fortissima con la vittoria ad Amici. Da lì, l’idea condivisa era quella di una crescita rapida e di una carriera capace di spingersi oltre i confini italiani. Il Festival avrebbe potuto rappresentare un’altra tappa chiave di questa traiettoria. L’esclusione, invece, apre una fase diversa, fatta di riflessioni, attese e nuove strategie. Senza drammi ufficiali, ma con un dato che resta: Sanremo, per ora, non è arrivato.
La corsa ai 30 big e la lista che brucia
Nel frattempo, la macchina sanremese continua a macinare aspettative. Trenta posti, centinaia di brani, una lista lunghissima di chi ci ha provato e non ce l’ha fatta. Il nome di Urso si aggiunge a un elenco che resta per ora nell’ombra, ma che rappresenta la faccia meno raccontata del Festival: quella di chi resta fuori, mentre i riflettori si concentrano su chi ce l’ha fatta.
Sanremo 2026 si prepara così, tra sogni che entrano e sogni che restano dietro la porta. E per Alberto Urso, come per altri duecentosettanta artisti, l’appuntamento con l’Ariston è solo rimandato, non cancellato.
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