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Anche Topo Gigio da Sanremo all’Eurovision? Ema Stokholma accende il televoto dei polemici

L’Eurovision 2025 si avvicina, ma una polemica tutta italiana sta infiammando il web: sarà davvero Topo Gigio a leggere i voti dell’Italia in diretta europea? Ema Stokholma non ci sta e affida il suo disappunto ai social. Ecco cosa è successo e perché il pupazzetto più tenero della TV italiana sta dividendo il Paese come neanche il Festival di Sanremo.

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    Mentre l’Europa conta i giorni che la separano dall’Eurovision Song Contest 2025, in Italia si litiga… su un pupazzo. Secondo un’indiscrezione riportata da Il Resto del Carlino, potrebbe essere Topo Gigio a leggere i voti italiani nella serata finale del contest.

    A Ema il sorcetto proprio non va giù

    Un’idea sicuramente originale, nostalgica, tenera — o almeno così l’aveva pensata chi l’ha proposta. Ma qualcuno ha subito storto il naso, anzi: ha lanciato una vera e propria frecciatina social. Si tratta di Ema Stokholma, speaker di Rai Radio 2, già portavoce italiana nel 2019, che ha espresso tutta la sua perplessità sulla questione. Ema Stokholma: “Topo chi? In Europa non lo conosce nessuno!” La voce di Radio 2 non ha usato mezzi termini: “Spero di no, dai. In Europa nessuno sa chi è e non mi sembra giusto togliere questa opportunità a un talent. Io sono francese e da piccola non lo avevo mai visto”.

    Sì agli umani, no ai pupazzi

    Il suo punto è chiaro: un contesto internazionale come l’Eurovision dovrebbe essere una vetrina per talenti umani, magari giovani emergenti, non per personaggi della TV vintage italiana. E, diciamolo, la visibilità di Topo Gigio al di fuori dei nostri confini è a dir poco… limitata.

    Ma c’è un legame artistico (e affettivo): Lucio Corsi docet

    La candidatura di Topo Gigio non è campata per aria. Il pupazzo è infatti apparso sul palco di Sanremo 2025 accanto a Lucio Corsi durante la serata delle cover, in un duetto che ha lasciato il pubblico a metà tra l’incanto e la confusione. Per Corsi, Gigio non è solo un giocattolo parlante, ma un vero e proprio simbolo artistico: malinconico, dolce, retrò. La loro complicità ha commosso, ma l’idea di riportare quel momento sul palco dell’Eurovision ora solleva più dubbi che entusiasmo.

    Ratto divisivo

    La verità è che Topo Gigio divide: c’è chi lo ama, chi lo considera un pezzo di storia della TV italiana, e chi pensa che rappresenti un’Italia troppo datata per un evento giovane e cosmopolita come l’Eurovision. Ema Stokholma, con la sua uscita, ha semplicemente dato voce a un sentimento condiviso da molti, soprattutto tra i fan del contest abituati a scelte più moderne e internazionali. Eppure, proprio per questo, l’idea continua a far discutere: sarà marketing, sarà nostalgia, sarà follia?

    Ora parola alla Rai (e magari a Topo Gigio stesso)

    Al momento, nessuna conferma ufficiale è arrivata dalla Rai. Ma intanto, il dibattito impazza sui social e sulle testate, in un’Italia che — ancora una volta — riesce a rendere virale anche una polemica su un pupazzo con le orecchie grandi. Una cosa è certa: se davvero sarà Topo Gigio a leggere i voti italiani, ci sarà da preparare popcorn, tweet e meme. Perché tra talenti, cartoon e radiofonici delusi, questo Eurovision si preannuncia più italiano che mai.

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      Beatles forever: 55 milioni di euro di fatturato nel 2025 per la Apple Corps. Yoko Ono, Paul McCartney, Ringo Starr e Olivia Harrison ancora soci in parti uguali

      I conti 2024-2025 della Apple Corps Limited confermano l’incredibile potenza economica del marchio Beatles. Fatturato a 55 milioni di euro e utili da 4 milioni. I quattro soci – McCartney, Starr, Olivia Harrison e Yoko Ono – mantengono ciascuno il 25% delle quote. Per la vedova Lennon anche un gettone “ad personam”, mai chiarito nel dettaglio.

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        Non c’è fine alla Beatlemania. Cinquantasei anni dopo l’ultima esibizione sul tetto della sede di Savile Row, i Beatles restano un marchio che fattura come una multinazionale. La Apple Corps Limited – la holding fondata nel 1963 come The Beatles Limited – ha chiuso il bilancio 2024-2025 con un fatturato lordo vicino ai 50 milioni di sterline (circa 55 milioni di euro). Una cifra da record per una società che continua a gestire il mito dei Fab Four, tra diritti musicali, licenze, merchandising e progetti audiovisivi.

        La cassaforte di Liverpool
        La società, con sede a Londra, è oggi divisa in quattro quote perfettamente uguali: il 25% a Yoko Ono, 92 anni; il 25% a Paul McCartney, 83; il 25% a Ringo Starr, 85; e il restante 25% a Olivia Harrison, 77, vedova di George, tramite un trust familiare. Ciascun socio siede nel consiglio di amministrazione – per la quota Lennon in due: Yoko e il figlio Sean Ono Lennon, 49 anni – e partecipa ai dividendi, pari a 3,4 milioni di sterline ciascuno, oltre a fee personali da 4,3 milioni.

        Ma tra i dettagli più curiosi del bilancio, firmato il 23 ottobre 2025 dal direttore Bruce Grakal, storico legale di Ringo Starr, c’è un’annotazione che non passa inosservata: la società ha riconosciuto un pagamento “extra” di 850 mila sterline a Yoko Ono, dopo i 500 mila del 2024 e i 4,1 milioni del 2023. Un “bonus personale” di cui non è mai stata spiegata la natura, probabilmente legato ad accordi interni tra gli eredi.

        L’industria del mito
        Dal 2020, i quattro nuclei familiari hanno incassato complessivamente oltre 100 milioni di sterline tra provvigioni e dividendi. I ricavi netti – pari a 32 milioni di sterline – sono in crescita rispetto all’anno precedente (26,6 milioni), mentre gli utili, poco sotto i 4 milioni, risultano in lieve calo per l’aumento dei costi legati a un nuovo progetto cinematografico in sviluppo.

        Un dato che conferma come i Beatles restino, oltre che leggenda culturale, una macchina industriale perfetta. Tra ristampe, documentari, diritti digitali e revival, il “marchio Liverpool” continua a generare ricchezza, dimostrando che l’amore — e i profitti — per i Fab Four non passano mai di moda.

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          Iva Zanicchi ricorda Ornella Vanoni: «L’ho amata tantissimo», ma riaffiora una vecchia frase che oggi suona davvero imbarazzante

          L’Aquila di Ligonchio parla di un legame artistico profondo, ma nella memoria riaffiora un giudizio lontano che oggi stride con il dolore per la scomparsa della cantante milanese

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            Sono giorni di ricordi, nostalgia e parole pesanti di emozione attorno alla figura di Ornella Vanoni. Tra le voci che l’hanno salutata con calore c’è quella di Iva Zanicchi, che in queste ore ha raccontato di averla «sempre amata tantissimo», ripercorrendo decenni di palcoscenico condiviso. «Insieme abbiamo fatto tante cose. Ho tanti ricordi con lei, abbiamo fatto Sanremo insieme, la Mostra internazionale di musica leggera, Canzonissima. L’ho sempre amata e stimata tantissimo, lei era sincera, spietatamente sincera», ha dichiarato la Zanicchi con evidente commozione.

            Due regine della musica italiana

            Vanoni e Zanicchi hanno attraversato, da protagoniste, stagioni irripetibili della musica italiana. Diversissime nella voce, nella presenza scenica e nell’immaginario, sono però rimaste legate da un percorso artistico parallelo fatto di incontri, tensioni e rispetto reciproco. Iva oggi ne restituisce un ritratto affettuoso, quasi intimo, ricordando una collega capace di «spietata sincerità», in scena come nella vita.

            Quel vecchio giudizio che torna a galla

            Eppure, scavando nella memoria collettiva, riaffiora un episodio curioso: quando, molti anni fa, proprio Iva Zanicchi si lasciò sfuggire, con ironia o con leggerezza, la frase secondo cui Ornella Vanoni «non sapesse cantare». Un giudizio che all’epoca fece rumore e che oggi, riletto alla luce delle sue parole, assume tutt’altro sapore. Non c’è polemica, non c’è rievocazione amara: solo il gioco spesso crudele del tempo.

            Un addio segnato dall’affetto

            Oggi resta la riconoscenza e resta il senso di perdita per una figura che ha segnato un’epoca, oltre la musica, oltre le polemiche e le battute. E nelle parole di Iva c’è l’eco di una stagione in cui due donne, così diverse, hanno visto e costruito pezzi importanti della stessa storia.

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              Beyoncé al Gran Premio di Las Vegas in tuta Ferrari super attillata: look da corsa, curve esplosive e tifoseria d’eccezione

              Prima l’ingresso nel paddock in pelle bianca stile motociclista, poi la trasformazione in tifosa Ferrari con una tutina rossa e nera aderentissima: Beyoncé ha catalizzato l’attenzione sugli spalti del GP di Las Vegas, mentre in pista la scuderia non è riuscita a mantenere le aspettative.

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                Il weekend di Las Vegas ha offerto glamour e motori, ma sulle tribune gli occhi erano soprattutto su Beyoncé. La cantante è apparsa al fianco di Jay-Z con un look da motociclista in pelle bianca decorato da inserti neri e rossi, completato da stivali a spillo e guanti senza dita. Un ingresso «da urlo», come l’hanno definito i commentatori presenti al circuito.

                La trasformazione da tifosa Ferrari
                Per la gara notturna Beyoncé ha scelto un secondo look, ancora più appariscente: una tutina racing rossa e nera con dettagli metallici e una cerniera gioiello dorata, aderentissima e impossibile da ignorare. L’artista si è mostrata sorridente in tribuna, scattando foto e incitando la Rossa, circondata da amici e staff.

                In pista non è andata come sperato
                L’effetto Beyoncé però non ha portato fortuna alla scuderia. Nonostante l’entusiasmo sugli spalti, la Ferrari ha faticato a trovare ritmo per tutta la gara, con Charles Leclerc che ha chiuso al quarto posto e Lewis Hamilton ottavo. Un esito sotto le attese, soprattutto in un appuntamento così scenografico per la Formula 1.

                Il pubblico, intanto, ha continuato a osservare divertito le reazioni della star americana, diventata in poche ore uno dei volti simbolo del fine settimana del GP. E, come sempre, i social hanno amplificato ogni sguardo, ogni posa e ogni curva della popstar texana.

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