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Musica

Gianni Morandi: io e Lucio eravamo… angeli!

Gianni Morandi è profondamente affranto dalla perdita di Lucio Dalla, sentendolo ancora vicino nonostante la sua assenza. La loro lunga amicizia, nata casualmente a Bologna nel 1963, ha resistito per 50 anni, caratterizzata da alti e bassi ma anche da una collaborazione artistica memorabile nel 1988

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    Dalla e Morandi a Sanremo nel 1972, fra loro Bobby Solo.

    Quando sei molto legato ad una persona, è difficile realizzare che non è più fra noi. Quello che accade a Gianni Morandi. Perchè per l’eterno ragazzo de La fisarmonica, Lucio Dalla è come se non se ne fosse mai andato.

    La loro storia inizia a Bologna nel 1963, durante una manifestazione canora. Morandi, giovanissimo, ha già piazzato in classifica i suoi primi singoli. Dalla, invece, suona jazzi con un gruppo chiamato i Flipper. Poche parole fra loro: «Ma dai, anche tu sei di Bologna e tifi Bologna?». basta questo a far nascere un’amicizia durata 50 anni tra fortune alterne, litigate e momenti di grande simbiosi. Senza dimenticare una collaborazione artistica storica, avvenuta nel 1988, che li porta insieme a girare il mondo cantando.

    Cosa ti manca di Lucio?
    «Sia il grande artista che l’amico. Non trascorre giorno che non ci pensi, è come se fosse ancora qui».

    A quando risale il vostro ultimo incontro?
    «La domenica dopo quel Sanremo dove io presentavo e lui diresse l’orchestra per Pier Davide Carone. Eravamo allo stadio per Bologna–Udinese, perdemmo uno a zero. Faceva freddo, lui indossava il pellicciotto e un colbacco in testa. Appariva stanchissimo, mi disse: “Sai, ormai ho preso questo impegno all’estero, poi torno, magari faccio dei controlli”. Sarei dovuto andare a trovarlo a Berlino. Invece due giorni dopo arrivò la telefonata di Ballandi. “Gianni, Lucio non c’è più”, mi disse. Fu uno shock terribilel».

    50 anni di amicizia sono tanti…
    «Sì… anche perchè non ci siamo mai persi, né quando io avevo successo e lui faceva fatica, né quando le cose si sono ribaltate. In quel periodo era lui a farmi coraggio».

    Litigavate anche?
    «Eccome, specialmente quando lui prometteva di fare cose e poi si dileguava. Quando tornava diceva: “Sono fatto così”. Ma anche io non ero da meno, ogni tanto scattavo e lui mi chiamava psycho. Ma soprattutto ci siamo tanto divertiti».

    Ci saranno stati dei periodi nei quali vi siete frequentati meno… o no?
    «Sì, quando lui andò a Roma a lavorare, prendendo un appartamento vicino a San Pietro. Io in quel periodo ero impegnatissimo e sempre in giro a suonare, in tutta Italia ma anche in Spagna, Sudamerica, Giappone. Però ci sentivamo».

    Qualcuno sostiene che Dalla fosse un bugiardo seriale, è vero o si tratta di un falso mito?
    «Diciamo che era un tipo che diceva sì a tutti. Giocava sempre Una volta andai a trovarlo alle Isole Tremiti e in una sera era stato capace di dire che sarebbe andato in un ristorante, a mangiare da un’amica e a vedere una partita al bar. Ma tutti sapevano che era così e non ci facevano caso».

    Come arrivaste a condividere il tour nel 1988?
    «Negli anni ’80 Lucio godeva di un successo straordinario, non sbagliava un pezzo. Io, dopo un periodo oscuro, cominciavo a recuperare un po’: qualche buon pezzo, le fiction in tv, la vittoria di Sanremo con Ruggeri e Tozzi con Si può dare di più scritta da Giancarlo Bigazzi. Una sera feci l’ospite a un concerto di Lucio alla Festa dell’Unità di Bologna davanti a 20 mila persone, cantando Occhi di ragazza. Dopo qualche giorno eravamo in studio di registrazione, senza però avere una canzone che era una…».

    E cos pensaste di fare?
    «Chiamammo Mogol, Lavezzi, Battiato, Guccini, Curreri. Ognuno di loro portava dei brani. Il disco che ne uscì vendette oltre un milione di copie, poi ci fu la tournée che durò un anno e mezzo».

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      Musica

      X Factor esplode: Gabbani contro Achille Lauro, lite feroce in semifinale. E Jake La Furia lo avverte: “Mi dovete tenere stasera, Lauro è un mestierante!”

      La semifinale si trasforma in un ring: Gabbani difende i suoi concorrenti, Lauro lo punzecchia senza sosta, Giorgia tenta la pace e Jake La Furia smorza i toni come un guru zen del rap. Intanto i fan si chiedono: è scontro vero o strategia per incendiare la finale?

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        La ricetta per una semifinale esplosiva c’è tutta: un talent infuocato, due giudici agli antipodi e una finale che incombe. E così X Factor, alla vigilia dell’ultimo atto a Napoli, ha servito la sua porzione più piccante dell’anno. Il botto arriva giovedì, durante una puntata nata per celebrare i concorrenti e finita per certificare il gelo tra Francesco Gabbani e Achille Lauro.

        La scintilla si accende già con la prima esibizione del team Gabbani. Tellynonpiangere, poi eliminato, si trova in mezzo a un fuoco incrociato: Lauro lo definisce “non al livello degli altri”, aggiungendo che “non sorprende”. Gabbani ribatte: “Per fortuna il pubblico non la vede come te”. La risposta di Lauro è un colpo secco: “Io non cerco consenso, ho un cervello, penso, parlo”. Il ragazzo commenta uscendo di scena: “Mi sembrava di essere tra due genitori che litigano”.

        È solo l’antipasto.

        Lo scontro vero arriva con PierC, la punta di diamante di Gabbani e tra i quattro finalisti. Lauro gli ricorda che l’inedito è stato meno ascoltato del previsto e, dopo una Bohemian Rhapsody intensa e un po’ scoordinata, gli sussurra un velenoso: “Evita i saltelli”. Gabbani esplode: “Non hai più argomentazioni. PierC, non permettere a nessuno di dirti di non fare ciò che senti”. Lauro lo deride: “Addirittura! Non fare un saltello… era un consiglio. Non sarà che sei troppo dentro la gara?”.

        Lo studio si accende. Giorgia prova a riportare tutti sulla terra: “Che palle questo testosterone, basta litigare”. Ma il clima resta teso, e PierC scoppia in lacrime.

        Poi spunta il fuorionda. Jake La Furia — la voce che non ti aspetti — prende da parte Gabbani e gli offre la spiegazione più onesta della serata: “Mi dovete tenere stasera. Ascoltami, Lauro è un mestierante. Tu ci stai andando a finire dentro. Sbattitene, ci sono già passato”.

        Una frase che fotografa l’atmosfera di un gruppo che, quest’anno, ha dovuto digerire dinamiche nuove. Gabbani, con la sua energia bonaria, ha spostato equilibri consolidati; Lauro, con il suo stile da guastatore elegante, sembra godere nello punzecchiarlo; Jake fa da paciere, Giorgia da madre spirituale del format.

        Il risultato? Una semifinale memorabile e un interrogativo che rimbalza ovunque: odio vero o strategia perfetta a poche ore dalla finale?

        Stasera la risposta potrebbe arrivare direttamente dal palco.

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          Musica

          Anna Pepe, la ragazza che ha ribaltato il rap e i conti: tour sold out, 4 milioni di copie e una società che macina milioni

          Dai sold out in tutta Italia ai 6 miliardi di streaming, passando per una Baddie srl capace di generare oltre 2 milioni in pochi mesi: Anna Pepe è il nuovo fenomeno dell’industria musicale, con numeri che mettono in fila nomi come Annalisa, Elodie e Giorgia.

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            Negli ultimi quindici giorni ha riempito i palazzetti di mezza Italia. Mantova il 16 novembre, poi Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Roma e infine Padova e Torino. Un tour fulmineo, tutto sold out, che certifica quello che ormai è evidente a chiunque osservi anche distrattamente il panorama musicale italiano: Anna Pepe è la star assoluta della Generazione Z, la voce femminile rap più ascoltata della penisola e un fenomeno industriale che non accenna a rallentare.

            A 21 anni, con oltre 4 milioni di copie vendute e 6 miliardi di ascolti complessivi, Anna ha già conquistato 8 dischi d’oro e 39 platino, numeri che fino a pochi anni fa sarebbero sembrati fantascienza per un’artista così giovane. Ma il dato più sorprendente non riguarda solo la musica: è il modo in cui Anna ha trasformato il suo percorso artistico in un’impresa che macina utili e batte in efficienza nomi ben più navigati.

            Il 14 febbraio 2024, mentre l’Italia festeggiava San Valentino, la rapper registrava alla Camera di commercio di Milano la sua società: Baddie srl. Da quella scatola operativa, il 28 giugno, è uscito il primo album registrato in studio, Vero Baddie, lo stesso titolo del tour che sta portando migliaia di ragazzi sotto un palco. Risultato? In dieci mesi la società ha incassato 2,172 milioni di euro. Una performance che sfiora il fatturato di Annalisa nello stesso anno (2,79 milioni), supera di slancio quello di Elodie (1,386 milioni) e doppi quello di Giorgia (893mila euro). Ma soprattutto: Anna ha generato 717.237 euro di utile netto. Un abisso rispetto ai 163mila di Elodie e ai 107mila di Giorgia.

            Una parte del merito va anche all’assetto societario. L’80% della Baddie srl è suo. Il restante è equamente diviso tra i genitori: Cristian Pepe, ex centrocampista dello Spezia poi diventato DJ, e Stella Sanvitale, artista poliedrica attiva tra pittura, illustrazione, scultura e fotografia. Una famiglia che ha saputo trasformare un talento naturale in un progetto strutturato, solido e già molto più redditizio di molte realtà consolidate dell’industria musicale italiana.

            A colpire non è solo la rapidità della scalata, ma la sicurezza con cui Anna si muove in un mercato che di solito divora i giovani talenti. Lei, invece, sembra aver trovato il modo di tenere insieme numeri, credibilità e un immaginario che parla perfettamente ai ragazzi. Il futuro, a questo punto, è già iniziato. E corre veloce quanto i suoi beat.

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              Musica

              Lucio Corsi sotto attacco per una vecchia intervista: le frasi su Sanremo ed Elettra Lamborghini riemergono e scatenano i social

              L’artista toscano finisce nella tempesta per alcune dichiarazioni rilasciate quattro anni fa a Lifegate: citava Paolo Conte ed Elettra Lamborghini come esempi di generi distanti, ma il web insorge. Tra accuse feroci, fraintendimenti e qualche voce che lo difende, il caso diventa virale alla vigilia di Sanremo.

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                Basta una frase riemersa dal passato per trasformare un musicista in un caso social. È ciò che è successo a Lucio Corsi, che si è ritrovato travolto da commenti e accuse per un’intervista del 2020, rilasciata a Lifegate, tornata improvvisamente virale. All’epoca, senza particolari toni polemici, l’artista aveva espresso un pensiero piuttosto lineare: «Il Festival di Sanremo e la grande canzone oggi sono su due pianeti diversi… Ascolto Paolo Conte, non Elettra Lamborghini. Direi che è una cosa completamente differente, non ci dovrebbe essere un’unione tra le cose, sono pianeti diversi».

                Parole pronunciate quattro anni fa, in un contesto completamente diverso, ma che nel 2025 sono state reinterpretate con un fervore tipicamente da social. Nel giro di poche ore X e Instagram si sono riempiti di commenti al vetriolo: «Eccolo il classico finto umile che invece è il peggiore degli snob», scrive qualcuno. «Che tristezza sminuire così una collega», accusano altri.

                Il dettaglio più surreale? Molti utenti non si sono nemmeno accorti che l’intervista fosse del 2020. «Pensa voler cercare un po’ di visibilità adesso che lei è nel cast del Festival di Sanremo», ha commentato un utente, convinto che Corsi avesse parlato ieri e non durante un’altra epoca musicale, pre-pandemia e pre-rivoluzione social. Un cortocircuito perfetto per alimentare il tormentone del giorno.

                Tra insulti e giudizi affrettati, è arrivata anche l’accusa più inflazionata dell’ecosistema digitale: misoginia. «Ora è diventato misogino secondo Twitter perché anni fa ha osato dire che Paolo Conte ed Elettra Lamborghini artisticamente non sono allo stesso livello», replica un utente in sua difesa, ricordando l’ovvio: stava parlando di generi e linguaggi musicali, non di persone.

                E in effetti una piccola pattuglia di fan lo difende: «Ha solo detto il suo parere e voi siete ossessionati». Ma la dinamica è quella classica. Un estratto fuori contesto, una miccia accesa nel momento giusto — Sanremo alle porte, Elettra Lamborghini che torna sul palco, il clima infuocato del preselezioni — e il web si trasforma in tribunale.

                Corsi, da parte sua, non ha risposto. Scelta comprensibile: spesso il silenzio è l’unico modo per non alimentare un meccanismo che non cerca chiarimenti, ma bersagli. E così una vecchia intervista, nata per raccontare gusti e riferimenti artistici, diventa l’ennesima tempesta in un bicchiere digitale, con i ruoli assegnati prima ancora che inizi la discussione.

                Il resto lo farà la timeline, che già domani avrà un nuovo colpevole su cui esercitarsi. Nel frattempo, la frase di Corsi resta lì: un’opinione sulla musica. Nulla di più, nulla di meno.

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