Personaggi e interviste
Quentin Tarantino dà di matto: sparerei anche a un 12enne se mi entrasse in casa a rubare
Una dichiarazione shock da parte di un famosissimo uomo di cinema che si è sempre distinto per storie ed immagini ad alto tasso di violenza.
Il regista del seminale e mai troppo celebrato Pulp Fiction, di recente ne ha “sparata” (è proprio il caso di dirlo…) una da record: “Perchè non ho una pistola? Se l’avessi e un ragazzino di dodici anni entrasse in questa casa, lo ucciderei”. Una pesante ammissione che il regista americano più famoso al mondo dopo Spielberg e Scorsese, dichiara di fare senza la minima intenzione di bluffare: “Non ha il diritto (il ragazzo, ndr) di entrare in casa mia. Devo presumere il peggio. Non lo bloccherei fino all’arrivo degli agenti, non sparerei per ferirlo. Scaricherei la pistola fino a quando non muore”.
Violenza da intrattenimento
Anche senza pistola, lui – visto anche i film che realizza – non è certo tipo da scene zuccherose e bucoliche: “Trovo parecchio divertente la violenza. Fa parte di questo mondo e sono attratto dalla brutalità della violenza nella vita reale: sei in un ristorante e un uomo e sua moglie stanno discutendo, quando all’improvviso l’uomo si infuria così tanto con lei che prende una forchetta e gliela conficca in una guancia. Mi interessa l’atto, l’esplosione e le sue conseguenze”. Una nota da segnare in agenda se sei donna e vieni invitata a cena dal regista: evita di contraddirlo…
A quando il prossimo film?
Inattivo da un po’ di tempo – l’ultimo suo film è C’era una volta a… Hollywood (Once Upon a Time in Hollywood) del 2019 – si è recentemente espresso anche sul suo lavoro: “Non voglio diventare un vecchio regista. Molte delle giovani leve del cinema degli anni Settanta sono invecchiate e si vede nelle loro opere. I registi non migliorano invecchiando. Penso davvero che dirigere sia un gioco per giovani”.
Un messaggio – neanche troppo in codice – all’anziano Scorsese
Che cos’avrà quindi in mente per noi cinefili l’appena 61enne Quentin? Difficile dirlo… anche se qualche indizio, a suo modo, l’ha spoilerato: “Se dico che i film di Martin Scorsese stanno diventando un po’, diciamo così, geriatrici, lui può rispondere: ‘Fanculo, amico! Sto facendo quello che voglio fare, sto seguendo la mia musa’, e ha ragione al cento per cento. Io sono nella mia chiesa a pregare il mio Dio e lui è nella sua chiesa a pregare il suo. C’è stato un tempo in cui eravamo nella stessa chiesa, e mi manca”. Una cosa quindi è certa: si tratterà di una pellicola molto lontana dalle ultime fatiche di Scorsese!
Cresciuto a pane, piedi e cinema italiano
Con una precisa ossessione feticistica per le estremità femminili (ai quali inquadra almeno un’inquadratura in ogni suo film), tra il serio e il faceto si può dire quanto il piede rappresenti uno strumento chiave nella filmografia del regista, trasformandosi in una sorta di firma autoriale. Il regista di Knoxville, Tennessee paga pegno anche al nostro cinema di genere: “Sergio Leone è il mio regista preferito in assoluto. Stranamente, per quanto lo ami, il mio lavoro assomiglia più a quello di Sergio Corbucci. È lui l’altro maestro, per quanto mi riguarda”.
Al cinema è una “iena”
Senza peli sulla lingua e col gusto del linguaggio forte e diretto, s’improvvisa anche critico della settima arte affermando: “Dentro di me c’è un critico e anche un comico, che vuole uscire fuori e risultare divertente nei talk show, non un regista del ca**o noioso ed egocentrico. Vuole uscire e spaccare, ca**o!”.
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Personaggi e interviste
Barbara D’Urso, svolta poetica dalle vacanze: “Il mare è casa mia, Barbara lascia il posto a Carmelita”
Il nuovo post social di Barbara D’Urso divide e incuriosisce: niente polemiche, niente frecciate, solo un lungo pensiero sul mare, sul sole d’inverno e su quella parte di sé che chiama affettuosamente “Carmelita”. Il messaggio è chiaro: serenità ritrovata, gratitudine e voglia di prendersi il proprio tempo, lontano dai clamori televisivi.
Barbara D’Urso ha lasciato alle spalle le luci scintillanti di Ballando con le Stelle, dove si è rimessa in gioco fra giudizi, applausi e discussioni, e ha scelto una narrazione completamente diversa. Adesso mostra una versione più intima, meno rumorosa, dichiarando apertamente che quel mare, quell’orizzonte e quel vento che profuma di salsedine rappresentano la sua vera casa.
“Barbara lascia il posto a Carmelita”
Nel suo messaggio social, Barbara gioca anche con la sua doppia identità pubblica e privata. Scrive che “Barbara lascia il posto a Carmelita”, quasi a voler dire che l’immagine televisiva resta fuori e rimane la donna, con le sue fragilità e le sue gratitudini. Parole che, inevitabilmente, suonano come una presa di distanza dalle tensioni degli ultimi anni e come una rivendicazione di libertà personale.
Tra poesia, nostalgia e strategia comunicativa
Il post è anche un gesto comunicativo preciso. Linguaggio caldissimo, immagini sensoriali, sottotesto emotivo fortissimo. Un modo per rinsaldare il rapporto con il pubblico, ricordando che dietro la figura televisiva esiste una persona che cerca silenzio, luce, mare e affetto. E che, nonostante tutto, continua a rimanere al centro dell’attenzione.
Personaggi e interviste
Veronica Ruggeri, la confessione choc: “A Milano senza soldi ho persino rubato la carta igienica a Mediaset”
Ospite del podcast Vox On Air, Veronica Ruggeri ha ricordato il periodo in cui, appena arrivata a Milano, faceva fatica perfino a permettersi la vita quotidiana. “Arrancavo”, ha detto, ammettendo di aver persino portato via la carta igienica dagli uffici Mediaset perché non riusciva a sostenere le spese. Pranzi e cene in azienda, zero uscite, solo lavoro e resistenza: “Avevo 21 anni, era dura, ma volevo farcela”.
Ruggeri non usa giri di parole: vivere a Milano con pochi soldi significa combattere ogni giorno. Anche per chi oggi appare realizzato e sicuro, l’inizio è stato tutt’altro che glamour. “Era difficile riuscire a sostenere quella vita”, ha ammesso, spiegando come ogni euro dovesse essere calcolato.
La confessione che fa discutere
Il passaggio più forte è quello che ha fatto il giro dei social. “Spero che Pier Silvio Berlusconi non ascolti questo podcast”, scherza lei, prima di raccontare l’episodio della carta igienica portata via dagli uffici Mediaset. Un gesto estremo, simbolo di una sopravvivenza quotidiana fatta di espedienti e di un contesto economico che non perdona.
Vivere a Mediaset per risparmiare
Per contenere i costi Ruggeri mangiava in azienda sia a pranzo sia a cena, restava lì il più possibile, rinunciando a uscite e divertimenti. Nessun lusso, solo lavoro e determinazione. “Non uscivo praticamente mai, ma volevo costruire qualcosa”, racconta. Una testimonianza che mostra il lato nascosto del mondo televisivo: dietro il successo, anni di sacrifici.
Dal bisogno alla carriera
Oggi Ruggeri è uno dei volti più riconoscibili de Le Iene, ma la sua storia ricorda che niente è arrivato per caso. Quella che potrebbe sembrare una confessione imbarazzante diventa invece il manifesto di una generazione che prova a resistere in una città spietata, dove talento e sacrificio devono correre più veloci del costo della vita.
Personaggi e interviste
Alberto Angela rompe il tabù del “per sempre in Rai”: ascolti in calo e un futuro che non è più scontato
«Mio padre diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi»: con questa frase, affidata a La Stampa, Alberto Angela apre scenari fino a ieri impensabili. Con ascolti non più irresistibili e un clima mediatico più nervoso del solito, il divulgatore più amato della tv italiana lascia intravedere la possibilità di un futuro lontano dal servizio pubblico.
Per una vita Alberto Angela è stato percepito come un pilastro immovibile della Rai, erede naturale – e amatissimo – della grande stagione della tv culturale costruita da Piero Angela. Oggi, però, il quadro non appare più così granitico. Il divulgatore ha rotto uno dei tabù più intoccabili: l’idea che la sua carriera fosse indissolubilmente legata al servizio pubblico.
“Io non sono mio padre”: il cambio di paradigma
Intervistato da La Stampa, Angela è stato chiarissimo: «Se lavorerò fino all’ultimo come mio padre? Sì. Non penso di andare in pensione. Mio padre però diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi». Parole che pesano, perché arrivano in un momento delicato, con un contratto biennale “in attesa di rinnovo” e un contesto televisivo che sta cambiando rapidamente, tra politica, budget e strategia editoriale.
Il nodo ascolti e l’aria che tira in Viale Mazzini
Negli ultimi mesi, i numeri di share hanno mostrato segnali meno brillanti rispetto alle stagioni d’oro. Non un tracollo, ma abbastanza da alimentare discussioni interne e riflessioni sul futuro del marchio Angela in Rai. E in un’azienda dove gli equilibri sono sempre sensibili, basta poco perché un simbolo diventi improvvisamente un “tema” da gestire.
Carriera, libertà e un futuro aperto a tutto
Angela non parla di rottura, ma di realismo. Sottolinea che i tempi sono cambiati, che il rapporto con la Rai resta forte ma non più eterno per definizione. È il segno di una fase nuova: meno appartenenza assoluta, più libertà, più consapevolezza del proprio valore in un mercato in cui oggi anche la divulgazione culturale è contesa e corteggiata.
La domanda che resta
Lui dice che continuerà “finché si potrà”. Tradotto: finché condizioni, ascolti e contratti lo permetteranno. Il pubblico, intanto, osserva. La Rai ascolta. E per la prima volta, l’idea che Alberto Angela possa fare televisione altrove non appare più fantascienza, ma un’ipotesi concreta che qualcuno, a Viale Mazzini, farebbe bene a non sottovalutare.
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