Spettacolo
«Rossella Brescia e Luciano Cannito si sono lasciati dopo 18 anni», gli indizi social
Rossella Brescia e Luciano Cannito hanno messo fine a una storia d’amore lunga più di 18 anni. La notizia della loro separazione è stata svelata durante una puntata di Gente di Mare, sconvolgendo i fan che avevano seguito la loro relazione solida e riservata. Scopri i dettagli di come questa coppia celebre ha gestito la crisi e cosa riserva il futuro per entrambi
“Rossella Brescia e Luciano Cannito, dopo più di 18 anni insieme, hanno annunciato la fine della loro lunga relazione, un evento che ha sorpreso molti, simile alla recente separazione di Clio MakeUp e suo marito. Durante una puntata di Gente di Mare, l’esperta di gossip Deianira ha rivelato la notizia, sottolineando la rottura tra la famosa conduttrice e il rinomato coreografo.
Nonostante non ci siano conferme dirette al momento, la coppia sembrava essere in crisi già da qualche settimana, come suggerito dalle enigmatiche storie Instagram di Rossella Brescia. La situazione è diventata evidente quando ha pubblicato una storia con uno sfondo nero e la canzone “Quando finisce un amore” di Riccardo Cocciante. Questo gesto ha fatto pensare ai suoi follower che stesse alludendo alla fine della loro storia d’amore, che sembrava solida fino a poco tempo fa.
Rossella Brescia e Luciano Cannito hanno sempre mantenuto la loro privacy, quindi il motivo esatto della separazione non è stato chiarito pubblicamente. Dopo l’annuncio, entrambi si sono concentrati sul lavoro e continuano a condividere le loro attività sui social media. Mentre Rossella ha recentemente assistito allo spettacolo teatrale di Eleonora Abbagnato alle Terme di Caracalla, Luciano è coinvolto nel nuovo musical di Rocky, con Pierpaolo Pretelli nel ruolo principale.”
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Televisione
Fiorello punge De Martino a La Pennicanza e “spoila” Sanremo: letterine, frecciate e un nuovo brano
Tra telefonate surreali, battute affilate e musica “anticipata”, Fiorello anima La Pennicanza con una stoccata a Stefano De Martino e un nuovo spoiler sul Festival. Una letterina mai spedita, Sanremo evocata per scherzo e il nome di Mara Sattei che spunta in diretta.
La Pennicanza scorre leggera, poi arriva il momento in cui Fiorello affila l’ironia e colpisce. La puntata si apre con una telefonata al Santo Padre, che si rivela sorprendentemente fan dei Blues Brothers, ma il vero picco arriva poco dopo, quando lo showman decide di prendersela con Stefano De Martino. Il pretesto è uno dei più fiorelliani possibili: la lettura delle “letterine mai spedite a Babbo Natale”.
Fiorello spiega il contesto con aria innocente: “Stiamo leggendo le letterine mai spedite a Babbo Natale, abbiamo trovato quelle di Vannacci, quelle della Schlein, e abbiamo trovato quella di Stefano De Martino…”. Da lì parte il monologo, che diventa subito una raffica di frecciate mascherate da favola natalizia.
La letterina che diventa una stoccata
La voce di Fiorello disegna un De Martino bambino modello, ma con un curriculum scolastico decisamente particolare: “Caro Babbo Natale ti voglio tanto bene perché porti i pacchi a tutti i bambini del mondo… quest’anno sono stato tanto buono, pensa che a scuola per non fare litigare le bambine mi sono messo con tutte…”. La sala ride, la battuta corre veloce e il bersaglio è chiaro, anche se sempre avvolto dal sorriso.
Il colpo successivo è televisivo: “Per Natale vorrei il gioco in scatola della Ruota della Fortuna, che è il mio programma televisivo preferito…”. Un riferimento che gioca sull’attualità e sulle ambizioni, infilato con la leggerezza di chi sa colpire senza mai appesantire.
Sanremo evocata tra mare e palline di neve
Il finale della letterina è un piccolo capolavoro di nonsense mirato: “Poi la pallina con la neve dentro della città di Sanremo, perché un giorno vorrei andarci almeno al mare…”. Una frase che mette insieme sogni, Festival e ironia pura, lasciando sospesa quella parola che in tv pesa sempre: Sanremo. Basta nominarla, e il gioco è fatto.
Lo spoiler musicale che fa tremare Conti
Come se non bastasse, Fiorello decide di alzare l’asticella e spoilerare in diretta un altro brano del prossimo Festival. “L’altra volta abbiamo sentito il provino della canzone di Chiello, ora abbiamo quella di Mara Sattei, ‘Le cose che non sai di me’”. Detto così, come fosse la cosa più normale del mondo, tra una risata e l’altra.
La battuta finale è quasi una carezza velenosa: si spera solo che Carlo Conti non sia costretto a squalificare la cantante dopo questo assaggio involontario. Fiorello, intanto, ha fatto quello che gli riesce meglio: mescolare satira, televisione e musica, lasciando dietro di sé risate e qualche inevitabile brivido sanremese.
Teatro
“La vicina di Zeffirelli” di Gaia Zucchi approda a teatro: una serata di parole, memoria e forza femminile al Manzoni di Roma
Il 18 dicembre alle 21 il Teatro Manzoni ospita un evento speciale con Gaia Zucchi: un racconto intimo e potente che intreccia arte, relazioni e consapevolezza.
In un tempo in cui il racconto pubblico è spesso dominato da parole come “crisi” e “mancanza di opportunità”, c’è chi sceglie di rispondere creando spazi di condivisione, bellezza e riflessione. È da questa esigenza che nasce l’evento in programma mercoledì 18 dicembre alle ore 21 al Teatro Manzoni di Roma (via Monte Zebio 14/C): una serata che porta sul palcoscenico La vicina di Zeffirelli, progetto ispirato all’omonimo libro di Gaia Zucchi.
Per la prima volta, questo racconto approda a teatro trasformandosi in un’esperienza dal vivo che promette di essere “uno spettacolo nello spettacolo”. Al centro, non solo la figura monumentale di Franco Zeffirelli, ma soprattutto lo sguardo di chi lo ha conosciuto da vicino, condividendone momenti, pensieri e silenzi. Un punto di vista privilegiato che evita l’agiografia e restituisce l’umanità di un maestro, colta attraverso il filtro di un’amicizia autentica.
La vicina di Zeffirelli non è un semplice memoir. È piuttosto un viaggio nella vita quotidiana di una donna che, pur immersa in ritmi frenetici e in un mondo che lascia poco spazio alla riflessione, è riuscita a conservare uno sguardo attento sulle persone e sulle relazioni. Gaia Zucchi osserva, ascolta, mette in discussione. Trasforma emozioni fugaci in pensieri strutturati, dando forma a una sorta di breviario contemporaneo: una guida sensibile che invita a rallentare e a riconsiderare il valore dei legami umani.
La presenza di Zeffirelli attraversa l’intero racconto come un filo invisibile ma costante. Non è mai invadente, eppure orienta il percorso narrativo, fino a culminare in pagine dense come il capitolo “Io, Franco e Dio”, dove emergono i tratti di una relazione fondata su rigore morale, spiritualità e rifiuto di ogni adulazione sterile. Un insegnamento che diventa anche argine contro il rischio della disillusione e della depressione, tema quanto mai attuale.
L’evento del Manzoni nasce anche dal desiderio di dare voce a un’energia femminile che, quando si esprime liberamente e in modo collettivo, sa generare cambiamenti reali. Dietro la serata c’è un lavoro corale, lungo e appassionato, fatto di professionalità, dedizione e spirito di squadra. Un esempio concreto di come l’unione possa trasformare un’idea in un appuntamento culturale capace di parlare a tutti.
Il Teatro Manzoni, luogo storico della scena romana, diventa così il contesto ideale per accogliere un racconto che unisce memoria, introspezione e futuro. Una serata pensata per chi ama il teatro, la cultura, ma anche per chi sente il bisogno di ritrovare senso e profondità nelle storie vere.
Il 18 dicembre non è solo una data sul calendario: è un invito a fermarsi, ascoltare e condividere. Il teatro è uno spazio vivo, fatto per incontrarsi. E questa occasione merita di essere vissuta dal vivo.
Venite a teatro: le storie, quando respirano insieme al pubblico, sanno lasciare tracce che durano nel tempo.
Musica
I Jalisse non mollano mai: dopo il 29° no di Sanremo esce “Taratata”, il brano rifiutato dal Festival
Ancora un rifiuto dal Festival di Sanremo, il ventinovesimo, ma Alessandra Drusian e Fabio Ricci non si fermano. Il 19 dicembre esce “Taratata”, il brano proposto a Carlo Conti e non selezionato. Ironia, ostinazione e una storia che continua a far parlare.
Ci sono artisti che al primo no si fermano. E poi ci sono i Jalisse, che al ventinovesimo continuano dritti per la loro strada. Ancora una volta il Festival di Sanremo ha detto no al duo formato da Alessandra Drusian e Fabio Ricci, ma la risposta è arrivata puntuale: “Taratata”, il singolo rifiutato, esce ufficialmente il 19 dicembre in radio e su tutte le piattaforme digitali.
Il brano, scritto, arrangiato e interpretato dai Jalisse, era stato proposto a Carlo Conti per il prossimo Festival di Sanremo 2026. Non è stato accettato, diventando così l’ennesimo capitolo di una storia ormai unica nella musica italiana. Ventinove esclusioni, una presenza sul palco dell’Ariston nel 2024 come ospiti e la voglia, mai nascosta, di riprovarci ancora.
Il no che diventa canzone
“Taratata” nasce come risposta ironica e quotidiana a una realtà che i Jalisse conoscono fin troppo bene. Il brano racconta una storia con leggerezza, quasi a fotografare il quotidiano, e diventa simbolo di un atteggiamento che li accompagna da anni: trasformare ogni rifiuto in un nuovo inizio. Niente lamenti pubblici, ma musica che continua a uscire.
Una coppia che resiste al tempo
Alessandra Drusian e Fabio Ricci sono una coppia nella vita e nel lavoro, un dettaglio che rende il loro percorso ancora più compatto. Dopo la vittoria nel 1997 con Fiumi di parole, il loro rapporto con Sanremo si è trasformato in una lunga rincorsa. Ogni anno, all’annuncio del cast, i loro post diventano un piccolo evento social, atteso e commentato.
Il rituale del “no” diventato virale
Negli anni hanno imparato a raccontare l’esclusione con ironia. Lo scorso anno avevano stappato birre in diretta Instagram, quest’anno hanno scelto una scenetta con palloncini rossi, gonfiati per festeggiare il “29mo compleanno di no”. Un modo leggero per ribaltare una delusione e farla diventare racconto condiviso.
“Non ci arrendiamo” come manifesto
Sempre sorridenti, Ricci e Drusian hanno spiegato senza giri di parole la loro posizione: “Tanto noi non ci arrendiamo. Continuiamo a portare avanti la nostra musica, i nostri progetti e anche i nostri sogni”. E poi la speranza, detta senza sarcasmo: “Chissà che il prossimo anno si riesca a festeggiare il nostro trentennale sul palco dell’Ariston”.
Che Sanremo li voglia o no, i Jalisse restano lì, puntuali, testardi e perfettamente riconoscibili. E mentre il Festival passa, “Taratata” arriva. Il resto, come sempre, lo dirà il tempo.
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