Televisione
Avetrana, stop alla serie tv sull’omicidio di Sarah Scazzi: il tribunale blocca la messa in onda
La comunità di Avetrana, attraverso il sindaco, denuncia il rischio di diffamazione legato alla serie tv che racconta l’omicidio di Sarah Scazzi. Il provvedimento arriva a pochi giorni dal debutto previsto su Disney+, e solleva nuovi dubbi sull’uso mediatico di vicende tragiche che hanno segnato un’intera collettività.

La serie tv “Avetrana – Qui non è Hollywood”, che avrebbe dovuto debuttare su Disney+ il 25 ottobre, è stata bloccata in extremis dal tribunale di Taranto. Il giudice Antonio Attanasio ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dal sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, disponendo la sospensione cautelare della messa in onda. La decisione fa seguito alle preoccupazioni espresse dal primo cittadino e da un pool di legali, che temevano un danno d’immagine per la comunità.
Una battaglia legale per proteggere l’immagine di Avetrana
Il sindaco Iazzi, nel presentare il ricorso, ha dichiarato che l’intera comunità di Avetrana ha vissuto l’omicidio di Sarah Scazzi come una tragedia devastante, capace di marchiare il paese agli occhi del mondo. Da allora, il paese ha cercato di allontanare lo stigma legato all’omicidio del 2010, che vide condannate all’ergastolo Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia della giovane vittima. La vicenda non solo sconvolse la collettività, ma alimentò una morbosa attenzione mediatica che non ha mai smesso di tormentare il piccolo comune pugliese.
Secondo i legali del Comune, la serie tv rischiava di riproporre una rappresentazione distorta di Avetrana, dipingendola come una comunità omertosa e arretrata, associando ancora una volta la cittadina a crimini efferati. Per questo motivo, si chiedeva di visionare in anteprima il contenuto della serie per accertare eventuali rappresentazioni diffamatorie, e di sospendere immediatamente la sua diffusione.
Un nuovo capitolo nella storia mediatica di Avetrana
Il caso Sarah Scazzi aveva già scatenato un’eco mediatica senza precedenti, con continui servizi televisivi, talk show e ricostruzioni che avevano trasformato un dramma familiare in uno spettacolo nazionale. Il ritorno di Michele Misseri, zio della vittima, sulle scene mediatiche dopo la sua scarcerazione nel febbraio scorso non ha fatto che riaprire vecchie ferite. L’uomo, dopo aver scontato 8 anni per soppressione e occultamento di cadavere, ha rilasciato diverse interviste in cui è tornato ad autoaccusarsi del delitto, rilanciando ancora una volta il tormento mediatico intorno al caso.
Ora, con la sospensione della serie tv, si riapre il dibattito sull’opportunità di trasformare tragedie familiari in prodotti di intrattenimento. La comunità di Avetrana, rappresentata dal sindaco, chiede rispetto per un dolore che non si è mai placato del tutto.
Verso l’udienza del 5 novembre
Il provvedimento del tribunale è solo una prima tappa. L’udienza di comparizione delle parti è stata fissata per il 5 novembre, quando verranno valutate le motivazioni del ricorso e si discuterà della possibile ripresa della messa in onda della serie.
Nel frattempo, la decisione ha già scatenato diverse reazioni: c’è chi ritiene che il blocco della serie rappresenti una difesa legittima dell’immagine di Avetrana, mentre altri sottolineano l’importanza della libertà artistica e di raccontare una vicenda che, per quanto tragica, ha fatto parte della cronaca nazionale.
Una cosa è certa: la serie tv “Avetrana – Qui non è Hollywood” rischia di diventare un nuovo simbolo di quel confine sempre più labile tra informazione, intrattenimento e speculazione mediatica sulle tragedie personali.
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Televisione
Roberta Beta, l’antipatica del primo Grande Fratello: «Avevo già 35 anni, pensavo di vincere e aprire un’agenzia»
A 24 anni dal debutto del Grande Fratello, Roberta Beta ricorda la casa, i conflitti, Pietro Taricone e gli errori che l’hanno allontanata dalle luci della ribalta. «Tornerei solo per un milione di euro».

Roberta Beta è stata la concorrente più discussa della prima edizione del Grande Fratello, quella che nel 2000 cambiò la televisione italiana. Allora aveva 35 anni, un passato da modella e un lavoro in un’agenzia di pubbliche relazioni a Milano. Entrò nella casa convinta di avere la maturità giusta per trionfare. «Pensavo di vincere, intascarmi 250 milioni di lire e reinvestirli per mettermi in proprio», racconta oggi al Corriere della Sera. Invece, fu eliminata per seconda, travolta dal televoto che la contrappose a Pietro Taricone, il vero protagonista di quell’edizione.
La Beta ricorda ancora l’atmosfera surreale di quella casa: «L’odore era un misto di moquette e plastica surriscaldata di luci e cavi. Le galline in giardino, la piscinetta». Ma soprattutto l’impatto con i coinquilini: «Io ero dieci anni più grande, venivo da Milano, un ambiente cosmopolita. Loro erano poco più che ragazzi di provincia. Non sapevamo che dirci». La distanza si fece sentire presto, e i concorrenti si coalizzarono contro di lei: «Si accordarono per mandarmi al televoto con Taricone. Uomo contro donna, nord contro sud. Vinse lui».
A distanza di anni, non ha rimpianti né rancore: «Io e Pietro eravamo le personalità più forti di quell’edizione, per distacco. Abbiamo ancora una chat di gruppo, c’è pure Marco Liorni, manca solo Daria Bignardi. Salvo Veneziano mi ha confessato: “Non so come hai fatto a sopportarci”. Lo ha capito adesso, a 50 anni».
Il successo mediatico arrivò immediato e travolgente, ma Roberta non lo sfruttò come altri. «Non se la sentiva di andare a inaugurare supermercati», ammette. La maternità le impose uno stop decisivo: nel 2002 nacque suo figlio e molte opportunità sfumarono. Tra queste, una parte in Centovetrine, l’agenzia di Lele Mora e persino un’offerta di Maria De Filippi: «Mi voleva opinionista a Uomini e donne. Occasioni enormi gettate al vento».
Oggi, guardandosi indietro, Beta parla di un’avventura unica e irripetibile, un esperimento che nessun reality successivo ha saputo eguagliare. E lancia una provocazione: «Al Grande Fratello tornerei solo per un milione di euro». Una battuta che sintetizza bene il suo percorso: consapevole di ciò che ha perso, ma anche di quello che ha scelto di non inseguire.
Televisione
Loretta Goggi svela la verità sul suo addio a Tale e Quale Show: «Ero in imbarazzo, il mio ruolo era diventato stucchevole»
In un’intervista al Corriere della Sera, Loretta Goggi confessa di non riconoscersi più in quel ruolo: «Facevo la maestrina della penna rossa». E rivela il legame con Carlo Conti e il ricordo del marito Gianni Brezza.

Loretta Goggi resta una delle figure più amate e versatili del mondo dello spettacolo. Attrice, cantante, conduttrice, voce radiofonica: ha attraversato con talento generazioni diverse, conquistando un pubblico trasversale. Negli ultimi anni era tornata al centro della scena grazie a Tale e Quale Show, dove ha ricoperto il ruolo di giudice sin dal debutto. La sua decisione di abbandonare il programma due anni fa aveva lasciato tutti sorpresi. All’epoca si parlò di un bisogno di ridurre gli impegni professionali per dedicarsi di più alla vita privata. Oggi, però, la verità appare più complessa.
Intervistata dal Corriere della Sera, Goggi ha raccontato le reali motivazioni del suo addio, legate soprattutto a una difficoltà personale: «Negli ultimi anni ero in imbarazzo, il mio ruolo era diventato stucchevole, mi sono ritrovata a fare la maestrina della penna rossa e ho pensato che non fosse più il mio posto». Una frase che fotografa bene il senso di disagio vissuto da un’artista che non ama ripetersi né sentirsi fuori luogo.
Non solo. La showgirl ha ammesso di provare un certo distacco rispetto al modo di fare tv oggi: «Guardo la prima mezza puntata di ogni programma in partenza per capire di che si tratta aspettando qualcosa che non succede. Dopo il Medioevo uno pensa: ci sarà il Rinascimento? Invece pare di no». Un giudizio netto che spiega meglio la scelta di scendere «dal treno in corsa» per recuperare serenità e libertà.
«Ogni volta che ho avuto sentore che qualcosa non andasse, non ho lasciato passare neanche un secondo: sono scesa al volo dal treno per riprendermi ciò che mi mancava. E questo è uno di quei momenti», ha spiegato. A 74 anni, Goggi sente il bisogno di rallentare e ritrovare se stessa.
Nonostante l’addio al talent, il legame con Carlo Conti resta intatto. «Gli devo molto», ha ribadito. «Mi invitò a I Migliori Anni quando stavo molto male per la morte di Gianni. Poi mi convinse a Tale e Quale Show. Per me è un amico. Gianni si era raccomandato a lui, gli disse: “Stai vicino alla mia Goggi”». Parole che rivelano non solo la gratitudine verso il conduttore, ma anche il filo invisibile che unisce la sua carriera al ricordo del grande amore della sua vita.
Televisione
Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»
Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.
«Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.
L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.
Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.
Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.
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