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Quando il ‘Fronte del torto’ è una rissa verbale: la disfatta di Kamalaffemmena e l’ironia di Trump. Torna Perfidia: show a LaC!

Uno spettacolo senza censure, dove la Grippo racconta l’Italia reale senza filtri. Tra appassionati di Trump, politici che si scannano e progressisti disorientati, la trasmissione diventa un’irriverente parodia di chi pensa ancora di rappresentare il “popolo”. Con ironia feroce e standing ovation per il tycoon, Perfidia diventa il salotto scomodo della tv.

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    Perfidia 2, la vendetta. Torna, roboante come un film di Rambo su LaC, la trasmissione più libera della tv italiana. E lo fa con “Fronte del Torto”, una puntata di straordinaria scorrettezza istituzionale, tutta giocata sulla contrapposizione tra l’alchimia di pensiero assolutamente libera di questo talk laico e la rigidezza di quei fronti progressisti che continuano a non voler leggere la realtà condannandosi a restare lontani dalla gente. E quindi a prendere sonore facciate.

    È il caso, in Italia, della sconfitta in Liguria dell’alleanza progressista di Elly Schlein, talmente impegnata a urlare contro il lupo cattivo Toti da non accorgersi dell’avvento di Cappuccetto Rosso Bucci. Ma soprattutto del clamoroso rovescio di Kamala Harris (qui fantasticamente soprannominata Kamalaffemmena sulle note del grande successo di Totò) che, data alla pari nei sondaggi con Trump, ha poi preso alla realtà dei fatti una di quelle scoppole storiche difficili da dimenticare. Perdendo alla grande una partita, in realtà, mai stata in discussione. 

    Il fronte del torto di cui sopra è quello dei novelli Churchill, delle Cassandre di parte, dei media schierati che hanno cannato tutto in uno scontro asimmetrico che – per dirlo alla Grippo maniera – “ha visto da una parte Trump, un leader capace di infiammare le folle, contro l’addetta alla fotocopiatrice della Casa Bianca”. Un paragone forse impietoso, ma nel mirino perfido di Perfidia ci sono i giornalisti schierati, i politologi di parte, gli esperti di sondaggi. Una sconfitta che ha fatto male in usa, ma che brucia parecchio anche qui e che viene letta come il crollo di certa spocchia intellettuale all’italiana.

    Una debacle figlia di quei legami con convenzioni preconfezionate di certa sinistra, che ha puntato tutto su concetti intellettualoidi e pseudofilosofici del porsi contro “er puzzone” Trump – elevato a simbolo dell’anti democraticità, del machismo sessista, del macchiettismo politico – per poi scoprire che, alla fine, hanno votato per lui anche donne, neri e ragazzini. Insomma, un Fronte del Torto che ha perso il contatto con la realtà, impegnato a confezionare feticci negativi senza rendersi conto che la gente vive e non filosofeggia.

    E vuole essere lasciata libera di pensare e di pensarsi come vuole al di là di muri ideologici precostruiti. “Lasciateci decidere con la nostra testa” è, in fondo, la filosofia di cui la bionda conduttrice è sacerdotessa consacrata.

    Tanto più che, quatta quatta, la Grippo riesce nella straordinaria impresa di costruire un’intera trasmissione sulla verità irrinunciabile della politica: lo sport favorito è saltare sul carro… del vincitore. E l’elegia di Trump in studio, a tratti, sarebbe persino imbarazzante per Fox News, sfiorando toni da santificazione in vita. E su questo non c’è Perfidia che tenga.

    Ovvio che a cantare le lodi sperticate del tycoon, come una squadra di ragazze pon pon, ci sia il vice presidente leghista del Senato, Gian Marco Centinaio, che – collegato con lo studio – alla fine mette da parte il suo aplomb istituzionale, ammettendo che “con Salvini abbiamo goduto parecchio”. Un’uscita che sintetizza dieci minuti di discorsi.

    In fondo, come dice la conduttrice facendo sobbalzare qualche perbenista del divano, sarebbe bastato ascoltare il rutto di un meccanico dell’Illinois davanti a una birra o le chiacchiere di due estetiste del Nebraska per capire che Trump avrebbe vinto a valanga. E la Grippo nella sua disanima ironica e maligna è come al solito convincente, divertente e divertita.

    Questa volta il cast chiamato a confrontarsi con l’argomento – non filologicamente facilissimo – della serata è variegato. Ad accapigliarsi in studio come wrestler in una puntata che non ha risparmiato colpi bassi da una parte e dall’altra ci sono Riccardo Tucci del Movimento Cinque Stelle, il senatore Ernesto Rapani di Fratelli d’Italia e il sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi.

    Ed è proprio tra gli ultimi due che si scatena una scazzottata verbale che – più che dell’iconico Marlon Brando di Fronte del porto – sembra degna di Bud Spencer e Terence Hill. Al centro del contendere c’è il no della multinazionale americana Baker Hughes a un investimento in quel di Corigliano. E volano spintoni, cazzotti e dita negli occhi (figurati, ovviamente) più che in Mortal Kombat tra i due politici che si amano quanto Willy il Coyote e Beep Beep.

    Una rissa verbale che persino una domatrice esperta come la Grippo fatica a contenere. E alla fine è il nerboruto campione della destra meloniana – un autentico “bello che non balla” visto che si rifiuta di cantare e di ballare in pubblico– che, nonostante un due contro uno a tratti feroce, riesce a mettere il rivale al tappeto con una stoccata finale: “non è riuscito neppure a cantare bene, è stonato…”. Una chiusura che, almeno per la divertente gara canora in studio dell’X Factor della politica, mette una pietra tombale sulla discussione. Alla fine, Stasi si consola con le coccole figurate di Antonella Grippo, che lo elegge a prossimo candidato anti-Occhiuto alle regionali calabresi.

    C’è poco spazio per la giornalista Monica Maggioni, complice un collegamento instabile. A mettere a posto le cose come un’apparizione scesa dal cielo di una politica d’antan, nostalgicamente distante nei modi e nei linguaggi, ecco l’arché, l’a priori democristiano Clemente Mastella. Qui si entra nella scienza esatta, nel machiavellismo elevato a modus vivendi, nella gara per l’Oscar del sapersela giocare sempre con buone possibilità di vittoria.

    Cinquant’anni di esperienza nel restare al centro dell’agone parlano per lui, e tutti tacciono: “Il fronte del torto del centrosinistra perde perché non c’è una regia. Quando si combatte si deve andare avanti tutti insieme, non si può concepire che, se si va alla guerra, qualcuno dica: ‘tu sì, tu no’. Qui c’è gente che se dorme nello stesso letto non riesce a sognare le stesse cose”.

    Parla la politica, quella con la P maiuscola, e Mastella sospira con un sorriso: “Se siamo stati insieme io e Bertinotti…”. Peccato, però, che Mastella cada sul più bello, annunciando di correre in Campania da solo, con una sua lista, “Contro De Luca”. E mò? Tutti i bei discorsi dove vanno a finire? Mistero di una politica cinicamente concentrata come le pastiglie per la lavastoviglie. Ma poi Mastella si lascia convincere a cantare “Il cielo in una stanza” e dimostra pure di essere il più intonato. Standing ovation!

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      Sanremo 2026, valzer di nomi e voci: tra ritorni, coppie inedite e debuttanti, la lista dei “papabili” cresce ogni giorno

      Dai ritorni attesi di Blanco, Alfa e Angelina Mango alle ipotesi di duetti inediti come Madame con Tiziano Ferro o Masini con Fedez. In corsa anche Arisa, Malika Ayane, Aiello e California, ora senza Fausto Lama. Ma a cinque mesi dal Festival, la “ratatouille” sanremese è appena cominciata.

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        La macchina del Festival di Sanremo 2026 è ancora ferma ai box, ma la fantasia degli addetti ai lavori corre già a mille. E come ogni anno, a pochi mesi dall’annuncio ufficiale, la lista dei possibili partecipanti si allunga di ora in ora, fino a diventare una vera e propria ratatouille di nomi tra conferme, ritorni e scommesse.

        L’ultima ondata di indiscrezioni arriva da Adnkronos, che mette sul tavolo una nuova valanga di artisti: Diodato, Ermal Meta, Fulminacci, Frah Quintale e Tommaso Paradiso, pronti a riportare sul palco dell’Ariston una generazione di cantautori. Tra i possibili debuttanti, spiccano i nomi di Emma Nolde e della sempre più quotata La Niña, mentre sul fronte dei ritorni si fanno insistenti le voci su Blanco, Alfa, Angelina Mango, Enrico Nigiotti e il redivivo duo Benji & Fede, che potrebbe scegliere Sanremo per il grande rientro.

        Ma non è tutto. In quello che sembra ormai un elenco infinito, spuntano anche Settembre, vincitore di Sanremo Giovani, Emma, Arisa, Serena Brancale, Malika Ayane e Chiara Galiazzo. E ancora, tra i nomi più curiosi, Trigno, Luk3 e Sal Da Vinci, pronti a rappresentare anime diverse del pop e della tradizione italiana.

        A completare il mosaico, alcuni accoppiamenti che fanno già discutere: Madame in coppia con Tiziano Ferro, un duetto che, se confermato, avrebbe il peso di un evento, e Marco Masini con Fedez, binomio apparentemente improbabile ma capace di catalizzare l’attenzione mediatica. Sul fronte dei veterani, si parlerebbe di Michele Zarrillo, Fausto Leali, Enrico Ruggeri, Donatella Rettore e Patty Pravo, veri pilastri della storia del Festival.

        E come se non bastasse, chiude la lista il nome più eccentrico di tutti: Tommy Cash, artista estone noto per le sue performance surreali e provocatorie.

        In tutto, più che una lista, sembra un’enciclopedia della musica italiana (e non solo). Ma finché non sarà Carlo Conti – direttore artistico confermato – a svelare il cast ufficiale, tutto resterà sospeso tra realtà e suggestione.

        Del resto, è proprio questo il bello di Sanremo: il Festival inizia molto prima del sipario dell’Ariston, tra sussurri, ipotesi e sogni di gloria.

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          Totti contro Ilary: scontro in famiglia per il debutto televisivo di Chanel

          La figlia di Francesco Totti e Ilary Blasi parteciperà alla prossima edizione di Pechino Express. L’ex capitano della Roma avrebbe cercato di impedirlo, temendo per la sua esposizione mediatica. Ma stavolta la decisione di Chanel sembra definitiva.

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          Totti

            Un nuovo capitolo si apre nella famiglia Totti-Blasi. Dopo mesi di silenzi e tensioni mediatiche, l’ex calciatore della Roma e la conduttrice tornano al centro dell’attenzione — stavolta per una questione che riguarda la loro secondogenita, Chanel Totti, 18 anni.
            La giovane, già molto seguita sui social, avrebbe deciso di partecipare alla prossima edizione di Pechino Express insieme all’amico d’infanzia Filippo Laurino, secondo quanto riportato dal settimanale Oggi. Una scelta che avrebbe però incontrato la netta opposizione del padre, preoccupato che la figlia segua troppo presto le orme della madre nel mondo dello spettacolo.

            Totti dice “no” alla tv

            Francesco Totti, oggi 49 anni, non ha mai nascosto di essere protettivo nei confronti dei suoi tre figli, nati dal matrimonio con Ilary Blasi. In particolare con Chanel, da tempo al centro dell’attenzione per la sua somiglianza con la madre e la popolarità crescente su Instagram, l’ex calciatore avrebbe più volte espresso il desiderio di tenerla lontana dai riflettori.

            Già in passato, raccontano fonti vicine alla famiglia, Totti aveva bloccato una sua partecipazione a Ballando con le Stelle, nonostante l’appoggio della madre. L’intenzione, spiegano, era quella di preservarla da un’esposizione prematura e dalle dinamiche del mondo televisivo, ritenuto troppo invadente per una ragazza della sua età.

            Ma stavolta, scrive Oggi, Er Pupone non sarebbe riuscito a fermare la determinazione della figlia, spalleggiata da Ilary.

            Il sostegno di Ilary e il ruolo di Filippo Laurino

            Dietro la decisione di Chanel ci sarebbe infatti il sostegno di Ilary Blasi, che avrebbe incoraggiato la figlia a vivere questa esperienza come un’avventura di crescita personale, più che un trampolino di lancio televisivo.

            Il viaggio a Pechino Express non sarà però in solitaria. Chanel partirà in coppia con Filippo Laurino, figlio di Graziella Lopedota, storica manager di Ilary e fondatrice dell’agenzia Notoria, che cura anche i profili di volti noti come Michelle Hunziker e Silvia Toffanin.

            Una combinazione che — sottolinea il settimanale diretto da Andrea Biavardi — rappresenterebbe un “uno-due perfetto” in chiave televisiva, capace di riportare il cognome Totti al centro del mondo dello show business.

            La posizione di Francesco Totti

            Fonti vicine all’ex calciatore raccontano che Totti avrebbe espresso la sua contrarietà in modo netto, ribadendo di non volere che la figlia segua una carriera televisiva. “Non è il mondo che sogno per lei”, avrebbe confidato a persone del suo entourage.

            L’ex capitano, oggi impegnato anche come imprenditore sportivo, teme che la giovane diventi bersaglio dell’attenzione mediatica e che l’immagine della famiglia venga ancora una volta esposta al gossip, dopo la separazione con Ilary e le inevitabili ripercussioni pubbliche.

            Una famiglia ancora divisa

            Nonostante le divergenze, Chanel Totti appare serena e determinata. I suoi profili social raccontano una ragazza solare, molto legata sia alla madre sia ai fratelli Cristian e Isabel. Con più di mezzo milione di follower su Instagram, Chanel ha già una forte presenza online e collabora con alcuni brand di moda e beauty, segno che la televisione potrebbe rappresentare solo un tassello in un percorso di comunicazione più ampio.

            Il padre, dal canto suo, sembra intenzionato a seguire da vicino le scelte della figlia, pur mantenendo il riserbo. “Francesco non è contrario alla felicità di Chanel — spiegano fonti vicine all’ex calciatore — ma vuole che capisca il valore della privacy e dei sacrifici, prima di esporsi al grande pubblico.”

            La partita in famiglia

            In attesa che le telecamere di Pechino Express inizino a girare, la “partita” in casa Totti resta aperta. Da un lato una madre che incoraggia la libertà e la curiosità della figlia, dall’altro un padre che cerca di proteggerla dalle insidie del successo.

            Come in campo, Francesco Totti dovrà ora “marcare stretto” Chanel, se vorrà evitare che la sua erede segni il gol più inatteso: quello del debutto definitivo nel mondo dello spettacolo.

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              Televisione

              Tv generalista in caduta libera: persi 1,3 milioni di spettatori, telegiornali allo sbando e pubblico in fuga

              Nessun Tg si salva: dal Tg1 al Tg5 fino a La7, tutti in rosso. Gli italiani abbandonano il rito serale e scelgono altre fonti di informazione.

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                Il nuovo anno televisivo si apre con una doccia gelata per Rai, Mediaset e La7: gli ascolti delle tv generaliste sono crollati del 7,7% in un solo anno. Significa un milione e trecentomila spettatori in meno tra il 14 e il 20 settembre, rispetto al 2024. Non parliamo di reality o fiction, ma dei telegiornali: i pilastri della televisione italiana, per decenni liturgia quotidiana dell’ora di cena.

                E invece oggi quella liturgia non funziona più. Secondo lo Studio Frasi, tutti e otto i Tg serali hanno perso pubblico. Nessun superstite. Il Tg1, ancora il più visto, scende a 3,8 milioni con un calo del 7,6%. Il Tg5 precipita a 3,3 milioni e perde il 10,5%. Il Tg3 crolla del 14,6%, la Tgr regionale del 13,7%. Peggio di tutti il Tg2, che lascia sul campo quasi un quinto del suo pubblico, e Studio Aperto, che si riduce a 408 mila spettatori con un -20%.

                Nemmeno Mentana regge l’urto: il Tg La7 perde il 5,5%, fermandosi a 1,2 milioni. E il Tg4, ormai ridotto a mezzo milione, si accontenta di un -8%. Un’ecatombe che non si può liquidare solo come effetto della concorrenza digitale.

                «Sono 1,6 milioni le persone che nel 2024 seguivano almeno un Tg e che quest’anno non lo hanno più fatto», spiega l’analista Francesco Siliato. «Non perché manchino guerre o crisi, ma perché i Tg vengono percepiti come latitanti, troppo uguali, troppo superficiali».

                Il problema è che i telegiornali continuano a replicare lo stesso schema di trent’anni fa: titoli, servizi, collegamenti, in un mondo che corre a una velocità completamente diversa. La conseguenza è che perfino il pubblico più fedele, gli over 60, inizia a disertare.

                Il 2025 rischia così di diventare l’anno del funerale dei Tg generalisti. Senza credibilità, senza freschezza, senza più la forza di orientare l’opinione pubblica, restano un rito svuotato, seguito da pochi nostalgici. Un sottofondo per l’ora di cena, niente di più.

                E il dato più amaro è che i dirigenti lo sanno: servirebbe una rivoluzione, ma nessuno sembra pronto a rischiare. Intanto la televisione generalista perde terreno, e gli italiani non sembrano avere alcuna intenzione di tornare indietro.

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