Connect with us

Uncategorized

Ridley Scott s’innamora dell’Abruzzo: “The Dog Stars” si gira tra Ovindoli e il Sirente Velino

Alcune scene del film post-apocalittico “The Dog Stars”, con Jacob Elordi, Josh Brolin e Margaret Qualley, verranno girate in Abruzzo. Le riprese si svolgeranno tra maggio e giugno tra le montagne dell’Altopiano delle Rocche e l’aeroporto dei Parchi.

Avatar photo

Pubblicato

il

    L’Abruzzo torna sotto i riflettori del grande cinema internazionale. A sceglierlo questa volta è uno dei registi più iconici e visionari del nostro tempo: Ridley Scott. L’autore di capolavori come Il Gladiatore, Blade Runner e Alien ha deciso di ambientare alcune scene del suo prossimo film proprio tra le montagne abruzzesi, confermando un legame sempre più stretto tra il nostro territorio e il grande schermo.

    Il progetto si intitola The Dog Stars ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo post-apocalittico di Peter Heller, pubblicato in Italia nel 2013 con il titolo Le stelle del cane. La pellicola è prodotta dalla 20th Century Studios e dovrebbe arrivare nelle sale nel 2025.

    A fare da sfondo ad alcune delle scene più intense del film saranno i suggestivi paesaggi di Ovindoli, il Parco Regionale del Sirente Velino e l’aeroporto dei Parchi di Preturo, in provincia dell’Aquila. Un’area che Scott, secondo fonti vicine alla produzione, avrebbe visitato più volte negli scorsi mesi per sopralluoghi approfonditi, lasciandosi conquistare dalla maestosità e dalla natura incontaminata di questi luoghi.

    Le riprese in Abruzzo sono previste tra maggio e giugno e coinvolgeranno circa 300 persone tra troupe, comparse e addetti ai lavori. Un’occasione straordinaria non solo per promuovere il territorio a livello internazionale, ma anche per creare lavoro e indotto economico in una regione che sempre più si conferma set ideale per il cinema.

    La trama
    Protagonista di The Dog Stars sarà Jacob Elordi, l’attore australiano amatissimo dalle nuove generazioni per i suoi ruoli in Euphoria e Saltburn, che interpreterà Hig, un pilota sopravvissuto a una pandemia che ha spazzato via la maggior parte dell’umanità. Hig vive in solitudine in un vecchio hangar insieme al suo cane e a un cecchino paranoico, tentando di sopravvivere tra paesaggi desolati, memorie di un passato perduto e improvvisi pericoli.

    Nel cast anche Margaret Qualley, Guy Pearce e Josh Brolin, nomi che rendono il progetto ancora più atteso.

    Abruzzo terra di cinema
    Non è la prima volta che l’Abruzzo attira registi di fama internazionale. Negli anni, le sue montagne, i suoi borghi e i suoi paesaggi hanno fatto da cornice a film iconici: da Ladyhawke di Richard Donner, girato tra Campo Imperatore e il castello di Rocca Calascio, a Continuavano a chiamarlo Trinità con Bud Spencer e Terence Hill, passando per The American con George Clooney.

    E proprio nell’Altopiano delle Rocche, Fellini scelse di ambientare alcune scene del suo capolavoro La Strada, con Giulietta Masina e Anthony Quinn.

    Con The Dog Stars, l’Abruzzo conferma la sua vocazione cinematografica. Le sue vette, i suoi silenzi, la sua luce unica sembrano essere il palcoscenico ideale per raccontare storie sospese tra realtà e visione. Ridley Scott, regista capace di trasformare ogni ambientazione in icona, lo sa bene. E se ha scelto questa terra, vuol dire che ancora una volta l’Abruzzo è pronto a stupire.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Mondo

      Trump e la salute dei bambini: un report farlocco pieno di studi che non esistono

      Il documento parla di disturbi mentali, farmaci e mense scolastiche, ma i riferimenti scientifici sono inesistenti o sbagliati. Accuse di superficialità, sospetti sull’uso dell’intelligenza artificiale e un pasticcio che mina la credibilità dell’intera iniziativa

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        L’amministrazione Trump torna a far discutere, e stavolta non c’entrano i tweet infuocati dell’ex presidente o le sue intemperanze pubbliche. Nel mirino c’è un documento pubblicato la scorsa settimana dalla Commissione presidenziale Make America Healthy Again (Maha), diretta dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. Si tratta di un report dedicato alla salute mentale e fisica dei bambini americani, che avrebbe dovuto rappresentare un punto fermo nelle politiche sanitarie del governo. Invece si è rivelato un pasticcio degno del peggior ufficio stampa, infarcito di citazioni a studi scientifici che non esistono.

        A lanciare l’allarme è stata l’agenzia Notus, ripresa a ruota dal New York Times, che ha scovato nel report “fantasmi bibliografici” degni delle fake news più scadenti. Il caso più eclatante riguarda la professoressa Katherine Keyes, epidemiologa alla Columbia University. Il suo nome compare come autrice di un articolo scientifico sulla salute mentale e l’uso di droghe, ma lei stessa ha dichiarato di non averlo mai scritto. «Mi preoccupa il rigore del rapporto se non viene seguita la prassi per le citazioni scientifiche», ha detto Keyes al Nyt, con un tono a metà tra lo sconforto e l’incredulità.

        Ma non è finita qui. Il documento fa riferimento a un articolo di Lancet del 2005, presentato come uno studio scientifico sulla pubblicità dei farmaci. In realtà si trattava solo di un editoriale, privo di dati o verifiche sperimentali. E ancora: il rapporto attribuisce una ricerca sul legame tra sonno, infiammazione e sensibilità all’insulina a un coautore che, semplicemente, non aveva mai lavorato a quel tema. Una catena di strafalcioni che, in un testo con ambizioni sanitarie, rischia di minare la fiducia dei cittadini.

        Dietro questa serie di errori, come ha notato Ivan Oransky, docente di giornalismo medico alla New York University e co-fondatore di Retraction Watch, potrebbe esserci l’uso dell’intelligenza artificiale. «Gli errori sono caratteristici dell’uso dell’IA per redigere testi – ha spiegato Oransky all’agenzia Agi – Non è detto che la sostanza sia sempre sbagliata, ma è evidente la mancanza di quei controlli rigorosi che rendono scientificamente valido un rapporto».

        La Casa Bianca ha cercato di correre ai ripari in fretta e furia. Dopo l’articolo del Nyt, ha pubblicato una nuova versione del report con correzioni alle citazioni. Ma ha anche provato a minimizzare l’accaduto: Emily Hilliard, portavoce del dipartimento della Salute, ha parlato di «errori di formattazione» che «non cambiano la sostanza del rapporto». Una difesa che però non ha convinto molti, visto che le “formattazioni” sbagliate sembrano essere in realtà vere e proprie invenzioni.

        Le polemiche rischiano di far deragliare un progetto che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto affrontare temi centrali come l’ansia e la depressione infantile, l’uso eccessivo di farmaci e l’alimentazione scolastica. Temi cruciali, soprattutto negli Stati Uniti, dove la salute mentale dei più giovani è diventata un’emergenza nazionale, complici la pandemia e l’esposizione incontrollata ai social network.

        E invece, con un documento zeppo di fonti inesistenti, la Commissione Maha rischia di perdere ogni credibilità. Gli avversari politici di Trump hanno subito colto la palla al balzo, parlando di “propaganda senza basi” e di “disinformazione mascherata da scienza”. Ma anche tra i repubblicani più moderati serpeggia l’imbarazzo: un report ufficiale non può permettersi errori così grossolani, tanto più se riguarda la salute dei bambini.

        La vicenda riaccende un tema più ampio, che va oltre i confini dell’amministrazione Trump: l’affidabilità delle fonti e la necessità di verifiche serie in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale produce testi sempre più credibili. Ma la credibilità non può essere lasciata alle macchine, e i genitori americani – quelli che questo report dovrebbe rassicurare – meritano qualcosa di più solido di un pasticcio di citazioni inventate.

        In attesa di spiegazioni più convincenti, la “grande America sana” evocata da Kennedy Jr. resta per ora un sogno. O peggio, uno slogan da campagna elettorale scritto con la superficialità di un post su X.

          Continua a leggere

          Uncategorized

          Barbara D’Urso si sfoga: «Dopo Mediaset sono spariti tutti. Non potevo restare in Italia, troppo dolore»

          In un’intervista a 7, la conduttrice parla del silenzio di colleghi e amici dopo la sua uscita di scena e ricorda il dolore per la morte della madre: «Ho imparato ad attraversare il vuoto, ma il sorriso di mia madre è rimasto con me».

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Barbara D’Urso ha deciso di raccontare tutto. A cuore aperto, senza filtri, come raramente aveva fatto prima. E lo ha fatto dalle pagine di 7, il magazine del Corriere della Sera, dove ha ripercorso il periodo più buio della sua carriera e della sua vita privata. L’addio a Mediaset, avvenuto all’improvviso nell’estate del 2023, l’ha segnata più di quanto molti avessero immaginato.

            «Fino al giorno prima ricevevo una media di duecento messaggi, li ho contati. Il giorno dopo dieci, spariti tutti», confessa Barbara, con quel tono a metà tra ironia e malinconia che le è familiare. Solo gli amici più stretti sono rimasti. Per il resto, un silenzio assordante. Una sparizione che brucia, come bruciano le ferite di chi si è speso a lungo per un mondo – quello della televisione – che non sempre sa restituire lo stesso calore.

            Quando a luglio 2023 Mediaset decise di chiudere la sua era a Pomeriggio Cinque, affidando la conduzione a Myrta Merlino, sembrava quasi una decisione di routine nel frenetico giro di poltrone che caratterizza la tv. Ma per Barbara fu un terremoto. Nessun nuovo programma in cantiere, nessuna chiamata. Solo un vuoto che faceva troppo rumore per restare in Italia. «Dopo l’addio a Mediaset non potevo restare, troppo dolore», ammette. Così ha scelto la fuga, ma non verso le spiagge dorate o le località esotiche. «Altri sarebbero andati a Bali o a Honolulu. Io sono andata a Londra a studiare l’inglese. Mi sono presa in affitto un appartamento, mi sono iscritta a un college. Facevo lezione dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio», racconta. Un modo per sentirsi viva, per riempire quel vuoto che la tv italiana aveva lasciato.

            La rinascita, però, Barbara l’ha costruita passo dopo passo. Tornata in Italia, ha ripreso a recitare in teatro, la sua prima passione. E ha fondato con un’amica una società che si occupa di organizzare eventi. «Ho imparato ad attraversare il dolore e a riempire il vuoto», spiega. Una frase che suona come un mantra e insieme una dichiarazione d’intenti.

            Ma nell’intervista Barbara non si limita a parlare del suo presente. Va a fondo, scavando nella memoria. Racconta la perdita più grande della sua vita, quella della madre, morta quando lei aveva solo undici anni. «Appena nasce mio fratello, mamma rientra dalla clinica, si mette a letto e non si alza più: ha il morbo di Hodgkin», dice con un filo di voce. Quattro anni di speranze, di attese, di paure. «La prima cosa che chiedevo appena varcata la soglia di casa, nemmeno il tempo di poggiare la cartella, era: “Come sta mamma?”. Ero sicura che sarebbe guarita. Non era concepibile un mondo senza mamma». Quel sorriso che la madre conservava anche nella malattia è rimasto inciso in Barbara come un’eredità. «Quel sorriso oggi è il mio», dice, e per un attimo sembra che il tempo si fermi.

            La sua è la storia di una donna che ha sempre saputo rialzarsi. Di una conduttrice capace di reinventarsi, ma che ha conosciuto anche il volto più duro della solitudine e della diffidenza. Oggi Barbara guarda avanti con un sorriso che è insieme un ricordo e un baluardo: «La vita ti mette alla prova, e quando accade, devi solo imparare a trovare un nuovo modo per sorridere».

            Un racconto di resilienza, di nostalgia e di forza. E anche un monito, in un mondo dello spettacolo dove i riflettori possono spegnersi in un attimo. Ma Barbara D’Urso, di riflettori, ne ha visti tanti. E oggi, con una nuova consapevolezza, sembra pronta a illuminarli ancora.

              Continua a leggere

              Uncategorized

              Tony Effe rivela il dissing con Fedez e i retroscena con Chiara Ferragni

              Nella biografia “Non volevo ma lo sono”, Tony Effe ripercorre i motivi alla base del dissing con Fedez e chiarisce le voci sul flirt con Chiara Ferragni: “Con lei c’era un buon rapporto, ma i paparazzi hanno trasformato tutto in uno scoop”.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Tony Effe è tornato a parlare del dissing con Fedez e dei gossip che lo vedevano associato a Chiara Ferragni. Lo ha fatto nel suo libro, Non volevo ma lo sono, pubblicato lo scorso 27 maggio, in cui racconta il proprio percorso artistico e personale. Secondo lui, tutto sarebbe nato dall’intento di Fedez di “attaccarsi” alla sua “energia”.

                Nelle pagine della biografia non mancano i riferimenti ai personaggi pubblici che hanno incrociato la sua carriera. Tra questi spicca proprio Fedez, con il quale Tony Effe è stato protagonista di un acceso dissing in diverse tracce che, in pochi giorni, hanno raccolto milioni di visualizzazioni. Il rapper ha spiegato come nacque tutta quella storia:

                “A marzo 2024 è uscito Icon, il mio secondo disco. È esploso e lui, che appena vede un po’ di hype ci si fionda, ha iniziato ad avvicinarsi dopo che le nostre strade si erano separate”.

                Poi, Tony Effe ricorda un episodio particolare:

                “In palestra mi ha chiesto di fare un featuring. Un pezzo per l’estate. Era in fissa perché dovevamo uscire in coppia. Io però avevo già il mio pezzo estivo e gli ho detto di no, educatamente”.

                La tensione tra i due, dunque, sarebbe esplosa proprio a partire da lì.

                Ma Tony Effe ha anche voluto chiarire la verità sul rapporto con Chiara Ferragni. Nella traccia Chiara, inserita nel dissing, aveva lasciato intendere che tra loro ci fosse stato un flirt, anche mentre lei era sposata con Fedez:

                “Chiara dice che mi adora / Dice che non vedeva l’ora / Ti piace uomo oppure donna? / Non ti devi sentire in colpa”.

                In realtà, tutto sarebbe nato da una cena tra amici:

                “Poco dopo vado a una cena con un gruppo di amici, tra i quali Chiara. Con lei c’era un buon rapporto. Parlavamo tranquillamente, ma con i paparazzi addosso è diventato uno scoop”.

                Il giorno dopo iniziarono a circolare voci insistenti e Fedez lo bloccò su tutti i social senza neppure chiedergli spiegazioni.

                “Chissà chi ha fatto girare quella voce. Lui cercava di attaccarsi alla mia energia e così è partita tutta la storia del dissing”.

                Così, tra gossip e verità, Tony Effe si toglie qualche sassolino dalle scarpe e racconta la sua versione dei fatti, in un libro che promette di fare ancora molto rumore.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù