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Due annunci a confronto: Leone e Francesco

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    Come dimenticare quel semplice, disarmante “Buonasera” con cui Papa Francesco si affacciò al balcone nel 2013? In pochi secondi conquistò credenti e non, con uno stile diretto, umano, quasi da parroco sotto casa. Nessun copione, solo spontaneità. Un momento entrato nella storia (e nei cuori) con la forza della semplicità.

    Ieri, invece, è stata tutta un’altra musica. Papa Leone XIV ha debuttato con un discorso dallo stile solenne e istituzionale. L’umanità c’era, certo, ma filtrata dalla liturgia. Un tono più formale, quasi presidenziale, più Concistoro che parrocchia.

    Il contrasto è evidente: Bergoglio parlava come uno di noi, Leone XIV come rappresentante di un’istituzione millenaria che cerca equilibrio tra tradizione e comunicazione moderna. In ottica SEO, Francesco è ancora imbattuto in quanto a spontaneità virale; Leone XIV punta invece a una nuova autorevolezza, forse più social in futuro, ma con radici ben piantate nella classicità.

    Il web si divide: c’è chi rimpiange il “buonasera” e chi apprezza la solennità ritrovata. Ma una cosa è certa: la Chiesa cambia, si rinnova, e ogni balcone racconta un’epoca. Prossima mossa? Un Papa che dice “Ciao raga” in diretta su Instagram?

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      Il nuovo papa firma la Bibbia a una bambina nella sua prima uscita pubblica

      Pochi minuti dopo l’elezione, Papa Leone XIV incontra alcuni fedeli e firma una Bibbia a una ragazzina: un gesto spontaneo che svela l’umanità e la semplicità del nuovo Pontefice.

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        Un gesto piccolo, ma già simbolico. Pochi minuti dopo l’annuncio ufficiale dell’Habemus Papam, il neo-eletto Leone XIV ha lasciato la Cappella Sistina per raggiungere il Palazzo del Sant’Uffizio, dove alcuni pellegrini e fedeli lo attendevano con emozione. Tra loro, una bambina si è fatta avanti con coraggio, stringendo tra le mani una Bibbia consumata dall’uso. “Santo Padre, può benedirla? E… può firmarla?”, ha chiesto con un filo di voce. Il Papa ha sorriso, si è chinato su di lei, e con semplicità ha risposto: “Devo fare alcune prove della firma, è la prima volta che firmo come Papa!”.

        È nato così un momento di dolcezza e spontaneità che ha sciolto la tensione del momento solenne. I presenti hanno riso, qualcuno ha applaudito, e Leone XIV ha preso la penna e ha firmato, lentamente, sulla prima pagina della Bibbia della bambina. Un gesto umano, diretto, che già rivela il tratto distintivo del nuovo pontefice: vicino alla gente, capace di mescolare l’ironia alla profondità del ruolo che ora gli appartiene.

        Il nome scelto, Leone, richiama forza e tradizione. Ma questo primo autografo racconta altro: la volontà di restare se stesso, Robert Francis Prevost, anche sotto il peso della tiara. Un Papa che non teme di dire “non ho mai fatto questo prima”, e che proprio per questo riesce ad avvicinarsi a chi guarda Roma con rispetto, ma anche con attesa. Per molti, quel gesto resterà la prima vera immagine del pontificato: una mano che si abbassa, una firma incerta, e un sorriso che unisce.

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          Lucio Corsi fa il botto: “Volevo essere un duro” è la canzone più ascoltata dell’Eurovision 2025 su Spotify

          “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi domina la Top 10 dei brani in gara all’Eurovision Song Contest 2025. Con oltre 21 milioni di ascolti, il cantautore toscano rappresenta non solo la musica italiana, ma un successo globale che travolge la competizione ancor prima della finale. Un trionfo di stile, energia e autenticità.

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            Lucio Corsi non ha ancora calcato il palco della finale dell’Eurovision 2025, ma una cosa è già certa: il suo brano, “Volevo essere un duro”, ha conquistato le cuffie di mezza Europa. Con oltre 21 milioni di ascolti su Spotify – per la precisione 21.152.521 – la canzone italiana è saldamente al primo posto nella classifica dei pezzi più ascoltati tra quelli in gara. Un risultato che trasforma l’artista maremmano da outsider poetico a fenomeno internazionale.

            Un trionfo musicale, ma anche narrativo. “Volevo essere un duro” è molto più di una hit: è una confessione disarmante, una ballata travestita da rock, un inno generazionale in bilico tra malinconia e ironia. La voce dolce e ruvida di Corsi, i suoi testi carichi di immagini evocative, la produzione pulita ma mai fredda: tutto contribuisce a creare un brano che buca lo schermo e attraversa i confini.

            Alle sue spalle, distanziati di milioni di stream, inseguono la Spagna con “Esa Diva” (5.694.114 ascolti) e la Finlandia con “Ich komme” (5.272.152). Ma nessuno riesce ad avvicinare il colosso italiano. A completare la Top 10, l’Estonia con “Espresso macchiato”, la Grecia con “Asteromata”, poi Polonia, Norvegia, Malta, Belgio e Albania.

            Il successo di Corsi, però, va oltre le cifre. È un segnale: la musica italiana può parlare al mondo senza rinunciare alla propria voce, alla propria lingua, alla propria unicità. In un’epoca in cui l’omologazione spesso vince, un artista dalla forte identità come Lucio Corsi riesce a emergere proprio perché diverso, libero, sincero.

            In attesa della serata finale, il brano italiano è già diventato una bandiera. E se l’Eurovision si giocasse a colpi di cuffie e stream, il vincitore sarebbe già sul podio.

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              Un giorno potrò dire “Io c’ero”…

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                In Piazza San Pietro, durante ogni evento epocale, si accende una marea di telefonini, pronti a catturare immagini da tramandare ai posteri. È il trionfo della cultura del io c’ero, dove ogni fedele, turista o curioso alza il proprio smartphone al cielo per immortalare l’istante. Tuttavia, quelle stesse foto e video, spesso sfocate o identiche a migliaia di altre, finiranno dimenticate tra i giga occupati nella memoria del cellulare.

                Eppure, l’esigenza di documentare e condividere è più forte che mai, segno di un’epoca in cui la testimonianza visiva sostituisce quella emotiva. Piazza San Pietro diventa così non solo luogo di spiritualità, ma anche palcoscenico digitale, dove la presenza si misura in pixel.

                L’immagine rubata, più che conservare il ricordo, certifica la partecipazione. È la memoria 2.0, dove il valore del momento si misura in like… ma il rischio dietro l’angolo è quello di perdere il significato profondo dell’esperienza vissuta.

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