Musica
“Ai giovani non je regge la pompa”: Venditti critica aspramente gli artisti (o pseudo tali) di oggi
Il cantautore romano torna a fare nomi e cognomi: da Sangiovanni ad Angelina Mango, da Annalisa a chiunque passi per la playlist di Spotify. Venditti mette il dito nella piaga del successo usa-e-getta, denunciando un mondo musicale dove si nasce già con il sold out, ma senza gavetta. Tra frullatori, tatuatori e punzecchiature da boomers, la polemica è servita. E Donatella Rettore risponde col solito stile: “Antonello, fatti i fatti tuoi”.

“Il sold out è una conquista, non un pacchetto base”, dice Venditti, sfoderando la saggezza del cantautore sopravvissuto agli anni ’70, alla lacca degli anni ’80 e ai talent degli anni 2000. Il bersaglio? I giovani artisti “fragili”, “senza cultura”, catapultati sul palco con un tour già confezionato. “Pensate a Sangiovanni, a Angelina Mango”, dice. “Vivono in un frullatore: tutto subito, poi più nulla”. Nel mirino anche Annalisa: “Costretta a diventare altro da sé stessa”. Insomma: bravi, sì, ma guidati da altri. Come dire: suonano, ma non decidono.
Il tatuatore, le opinioni e l’arte del dire la propria
Angelina Mango, col sorriso di chi ha capito come gira il mondo, risponde con ironia: “Un tatuatore mi ha detto che le mie canzoni non gli piacciono. Lui non finisce sui giornali, Venditti sì”. Touché. La cantante non si scompone. Anzi: apprezza la sincerità. Perché alla fine, Antonello non è (solo) polemico: è preoccupato. Dice di riconoscere la sofferenza nei giovani artisti. “So cosa vuol dire stare male”, confessa.
Rettore e la risposta in contropiede
Ma se Angelina sorride, Donatella Rettore non le manda a dire: “Venditti ce l’ha sempre avuta con me. E con tante altre. Ma il tempo dà ragione. Io sono ancora qua dopo 40 anni”. Poi la stoccata finale: “Questi uomini dovrebbero tacere, e lasciare che i giovani trovino la loro strada. Cantano bene, fanno bene”.
Musica e memoria: chi ha ragione?
Forse tutti. O forse nessuno. Perché il mercato cambia, le pressioni restano. E se oggi il successo è istantaneo, è anche più effimero. Venditti predica la resistenza, i giovani la velocità. Ma la vera sfida è reggere la pompa… senza diventare pomposi.
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Musica
Spagna: quando le canzonette ti permettono di superare il 27…
Spagna si racconta, partendo da un’infanzia di povertà – ma felice – e la grande passione per il suo lavoro. Ivana sarà tra gli ospiti de La macchina del tempo 80, show evento del 28 luglio a Mirano, al quale parteciperanno alcune star della musica di quegli anni.
Indimenticabili quegli anni
Periodo di grande fermento, gli anni 80 hanno visto l’ascesa del punk, della musica elettronica, della new wave, senza dimenticare il soft rock e soprattutto la pop music. Ognuno di questi hanno dato un contributo essenziale per rendere il decennio davvero indimenticabile. La musica di quel periodo è rappresentata da leggende della musica che continuano anche oggi (in alcuni casi) a essere grandi artisti.
Spagna… in tanti pensano che il suo sia un nome d’arte ma non è così, giusto?
Esatto… era il cognome di mio padre, un uomo che assomigliava a Gary Cooper, bellissimo. All’inizio del mio percorso, nelle balere e nelle discoteche adottavo pseudonimi inglesi, la lingua che usavo a quel tempo per cantare.
Poi è arrivato il primo “tormentone”… Easy Lady!
Sì, posso dire senza problemi che è partito tutto da lì, dopo una dozzina d’anni di gavetta e cambiali. Tempi eroici, dove concluse le serate, ci restavano solamente i soldi per l’affitto e per mangiare. Il resto, tutto il resto… serviva a pagare i debiti. Ma era comunque bellissimo.
Quindi il successo l’ha toccata cantando in un’altra lingua: che effetto le ha fatto?
Mi ero intestardita di cantare in inglese perchè volevo far ballare la gente e con gli pseudonimi cominciai ad entrare nelle classifiche in Germania e Olanda. In più con mio fratello Theo, per guadagnare qualcosa in più, realizzavamo anche jingle per la pubblicità. Io ho sempre fatto di tutto pur di farcela, prima dei concerti scaricavo anche le casse, a volte saldavo anche i jack col saldatore a stagno, che peraltro so usare molto bene.
E’ vero che rifiutò Sanremo perchè non volevano farla cantare in inglese?
Certo, ho sempre rifiutato perchè tutti volevano che cantassi in italiano. Se avessi voluto ottonere il successo rapido, sarebbe bastato accettare… però sarei diventata solamente una brava cantante italiana come tante. E non mi bastava.
Che ricordi ha della sua infanzia?
Papà era proprietario di un caseificio che poi fallì e lui andò poi a lavorarci come operaio. Mi reda, è stata dura, a volte non avevamo neanche i soldi per mettere in tavola un piatto di minestra. Una condizione che però ritengo mi abbia aiutato a considerare una grazia tutto quello che è venuto in seguito. E poi… quando si è piccoli non ci si rende conto che in casa mancano i soldi. Per questo dico sempre di essere stata una bambina molto felice.
Lei è una donna piena di talenti, ha fatto numerosi progetti diversi… ma alla fine la chiamano sempre per cantare quelle due/tre canzoni con le quali il pubblico la identifica: come giudica questa cosa?
E’ vero, quando mi chiamano in tivù vogliono sempre Easy Lady, Call me o Il cerchio della vita. E quindi diventa difficile se non impossibile proporre dell’altro. E comunque continuo a cantarle con soddisfazione, faccio tantissime serate che sono parte della mia vita e mi sento ancora felice: questa è la chiave di tutto… la gioia del proprio lavoro e la fortuna di poterlo svolgere.
E’ stata chiamata da Elton John per il Re Leone: sono soddisfazioni, no?
E’ andata così: la Walt Disney mi chiamò per un provino per la colonna sonora del film. Quando mi dissero che avrei dovuto cantare in italiano, come al solito dissi no. Però loro mi spiegarono che sarebbe stato un cartone animato molto importante, convincendomi ad accettare. Seguirono alcuni mesi senza che accadesse nulla, alla fine mi richiamarono per il provino e mi mandarono il nastro sul quale registrare la canzone: avrei dovuto incidere la mia voce su uno spazio bianco, nella traccia dove già si erano esibite alcune tra le più importanti artiste italiane. Ma i nomi non li faccio. L’importante è che la scelta è caduta su di me.
Musica
I ricordi di un beatlesiano d’eccezione, presente al loro show romano nel 1965: Carlo Verdone
L’attore e regista Carlo Verdone racconta il mitico (e rovinato) concerto dei Beatles al Teatro Adriano: 40 minuti di storia, concluso dalla stupidità di uno spettatore esagitato.

Nel 1965 Roma ospitò uno degli eventi musicali più attesi di sempre: il concerto degli ingesi Beatles. Carlo Verdone, allora studente bocciato e adolescente in crisi, ci regala un racconto unico e ironico di quella serata storica. Tra urla assordanti, occhiali rotti, Anna Magnani imperturbabile e un fan che manda tutto all’aria, ecco il ritratto di un’Italia che si affacciava al cambiamento con la solita, immancabile, goffaggine.
Una punizione, un regalo e… i FabFour!
Verdone, bocciato per aver tirato un libro alla prof. di matematica, vive giorni di silenzio e delusione in casa. Poi, a sorpresa, suo padre lo redime con un biglietto per un concerto epocale: “Non te lo meriti, ma andiamo a vedere i Beatles. È un evento culturale.” Così nasce l’avventura. Niente mostra d’arte, stavolta. È il 28 giugno 1965, al Teatro Adriano di Roma, seconda serata dello storico live.
Urla, occhiali e un pubblico in delirio
Padre e figlio partono a piedi, dal lungotevere a Piazza Cavour. La folla è immensa, polizia e idranti ovunque. Nella calca, il padre di Verdone perde gli occhiali: “Oddio, adesso non vedo”, dice. Entrano lo stesso. Carlo è felice, suo padre vede solo da un occhio. Dalle urla, letteralmente assordanti, Verdone ricorda: “Non ci ho sentito per una settimana. Ma non per la musica: per il pubblico!”. Inizia Twist and Shout, l’emozione è alle stelle. In platea anche Anna Magnani, impassibile: guarda con disprezzo le ragazzine che urlano. “Era un mondo che non capiva”, dice Verdone.
L’uomo che rovinò tutto (per davvero)
Il concerto dura poco, ma è intenso. A un certo punto, parte un brano nuovo. Il pubblico ascolta, curioso. Poi, il caos: un tizio si lancia sul palco, cerca di strappare il berretto a John Lennon. Lennon si spaventa, getta la chitarra e scappa. Gli altri Beatles lo seguono. Concerto finito. Fine della magia. Un fan, furioso, urla: “Mort***! Era un pezzo nuovo!”. Un altro, sconsolato, esclama la frase diventata simbolo: “In questo Paese c’è sempre uno str*o che rovina tutto”**.
Un concerto da una lente sola
Tornando a casa, Verdone e suo padre si scambiano scuse e promesse. Il padre, dispiaciuto per la lente rotta. Il figlio, commosso: “Ti giuro che sarò promosso”. E mantiene la parola.
Musica
“Clonatemi, bastardi!”: il leader dei Black Sabbath vuole vivere per sempre, Ozzy forever
Ozzy, il Principe delle Tenebre, non smette di stupire neanche ora che si prepara a dire addio ai live con i Black Sabbath. La sua ultima follia? Vuole farsi clonare, o meglio, vuole che lo facciamo noi! In collaborazione con l’azienda di acqua in lattina Liquid Death, Ozzy ha messo in vendita dieci lattine di tè freddo vuote contenenti il suo DNA. Una trovata al limite tra il geniale e il delirante, con tanto di autografo e la provocatoria scritta: “Clonatemi, bastardi!”. Una operazione che è già diventata cult.

Liquid Death non è un brand qualunque: conosciuto per la sua acqua in lattina e le campagne pubblicitarie fuori dagli schemi, ha appena lanciato una collezione che sembra uscita da un film di fantascienza punk. Parliamo di dieci lattine di tè freddo, completamente vuote, ma contenenti il DNA di Ozzy Osbourne. Sì, avete capito bene, il DNA vero, autentico, del leggendario frontman dei Black Sabbath.
Un pezzetto di una leggenda rock in una lattina autografata
Come ci sono arrivati? Beh, Ozzy ha semplicemente bevuto le lattine e il contenuto biologico rimasto – saliva, cellule, tutto il corredo – è stato sigillato in laboratorio per preservarne il patrimonio genetico. Ogni lattina è stata autografata a mano dallo stesso Ozzy e viene venduta online al prezzo folle di 450 dollari l’una. Un investimento per veri fan o per chi vuole portarsi a casa un pezzetto immortale di storia rock?
“Clonatemi, bastardi!”: la sfida di Ozzy
Il messaggio è chiaro e tagliente. L’azienda e Ozzy stesso hanno dichiarato con ironia e una buona dose di sarcasmo che “una volta che la tecnologia e le leggi federali lo permetteranno, i fan potranno usare questo DNA per tentare di clonare Ozzy e goderselo per centinaia di anni”. Non manca la chicca dell’artista che scrive “Clonatemi, bastardi!” sulla lattina, come a dire: “Se proprio volete un Ozzy 2.0, fatelo!” Il progetto è una provocazione perfetta per un personaggio che ha sempre giocato con l’immortalità, tra morsi di pipistrello e concerti storici. È un modo ironico e leggermente inquietante per celebrare la sua eredità, proprio mentre si avvicina al suo ultimo live con i Black Sabbath.
Il concerto di addio a Birmingham: un’epoca che finisce
Il lancio di queste lattine Infinite Ozzy arriva in concomitanza con un evento molto importante: il 5 luglio 2025, Ozzy si esibirà per l’ultima volta dal vivo con i Black Sabbath nella loro città natale, Birmingham. Un addio epocale che segna la fine di un’era per la musica heavy metal e per i fan di tutto il mondo. In questo contesto, la trovata del DNA in lattina suona come un tributo ironico e, perché no, un’arma segreta per battere il tempo e l’usura degli anni. Non resta che aspettare la futura tecnologia che, chissà, magari un giorno ci restituirà un clone di Ozzy pronto a farci urlare ancora “Crazy Train”!
Un mito senza tempo
Che vi piaccia o meno, Ozzy Osbourne è e resterà per sempre una leggenda vivente (o forse no, ma questo lo decideranno i fan-cloni). Tra musica, follie e trovate pubblicitarie al limite, il Principe delle Tenebre dimostra che non ha paura di osare, neanche quando si parla di immortalità genetica. Se volete farvi un regalo unico, potete ancora accaparrarvi una di queste lattine su LiquidDeath.com. Nel frattempo, preparatevi a salutare Ozzy dal vivo una volta per tutte, o magari no… perché se la scienza lo permette, lui potrebbe tornare. Letteralmente.
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