Spettacolo
Flavio Insinna lascia la Rai (anche lui): destinazione, La7
Flavio Insinna lascia la Rai dopo i deludenti risultati de “L’acchiappatalenti”. Il popolare conduttore di “L’Eredità” si prepara a una nuova avventura su La7, dove condurrà un game show a partire dalla prossima estate.

Dopo i risultati deludenti de “L’acchiappatalenti”, la trasmissione di Milly Carlucci in cui faceva il giurato, il conduttore che per cinque anni ha fatto il successo de “L’Eredità” ha deciso di sbarcare su La7. Il popolare ex conduttore de “L’Eredità” ha preso la sua decisione. Come anticipato da “Oggi” lo scorso settembre, il presentatore/attore dalla prossima estate passerà a La7 per condurre un game show. L’addio verrà ufficializzato tra qualche settimana.
Flavio ha atteso a lungo
Flavio, prima di prendere questa decisione, ha a lungo atteso che la Rai gli proponesse un progetto ambizioso per la prossima stagione: una conduzione, una nuova fiction… insomma, qualcosa a misura delle sue ambizioni e delle sue capacità, ma non ha trovato risposte convincenti, solo silenzi e lunghe attese. Niente, oltre alla possibilità di far parte della giuria del nuovo programma di Milly Carlucci “L’acchiappatalenti”, che ha debuttato la scorsa settimana con ascolti deludenti (è stato battuto anche dalla telenovela turca “Terra Amara”).
Un mezzo flop?
Se non cambierà rotta, difficilmente resterà in palinsesto per le cinque puntate previste, anche perché il nuovo corso “meloniano” della Rai è caratterizzato da un certo decisionismo riguardo le chiusure anticipate dei programmi che non ottengono i risultati previsti: il caso del programma di Chiara Francini lo testimonia.
Nessuna esclusiva
«Io non ho mai avuto esclusive, perché ho firmato i contratti quando c’era insieme un progetto bello. Siamo ancora in un paese libero. Magari il progetto è bello per la Rai e a me non piace. Non vuol dire che non sia bello, ma io penso che non sia giusto per me, oppure vorrei fare una cosa che la Rai non ha», aveva detto il presentatore a Tag.24 alla vigilia del debutto con Milly Carlucci. «Che cosa farò in futuro? Possiamo andare, tornare… Credo che il mondo, come dire, abbia altri pensieri. Faremo». Quasi un presagio di distacco, sicuramente un malumore.
Il successo dell’Eredità
E quello di Insinna è un addio importante: per cinque anni ha guidato con ottimi ascolti “L’Eredità”, uno dei programmi più importanti del palinsesto Rai, cruciale nella sua collocazione strategica per i successivi ascolti del TG e dei programmi di prima serata, assicurando alla TV pubblica ottimi risultati. È ovvio che il posto nella giuria di un programma zoppicante sia sembrato un sostanziale demansionamento per un big che alla Rai ha portato tanti buoni risultati.
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Televisione
Laura Maddaloni: “The Couple? Come perdere una finale. Ma rifarei tutto”

Non è facile perdere una finale. E nemmeno vedersi chiudere in faccia la porta di un reality show che si sperava potesse rilanciarti in tv. Laura Maddaloni lo sa bene. Ex campionessa di judo e moglie del pugile Clemente Russo, è stata tra i concorrenti di The Couple, il nuovo reality di Canale 5 chiuso prematuramente per ascolti tutt’altro che soddisfacenti. Ma lei, da sportiva abituata a rialzarsi, non fa drammi. Anzi, rilancia.
In un’intervista a LolloMagazine.it, Maddaloni ha raccontato per la prima volta cosa ha provato quando gli autori le hanno comunicato la fine anticipata del programma condotto da Ilary Blasi. “Quando me l’hanno detto penso di aver avuto la stessa reazione che si ha quando si perde una finale. Mi sono seduta, ho fissato il muro davanti a me. Solo ripercorrendo velocemente il mio percorso sono riuscita a riprendermi”, ha confidato con sincerità.
Nonostante la delusione, Maddaloni non rinnega nulla. Anzi. “Rifarei tutto. Sono riuscita a dare tanto al pubblico, e quando sono uscita ho avuto conferme che mi hanno fatto bene. Sono felice soprattutto di aver mostrato anche il mio lato buono, quello materno, più intimo”.
Un’esperienza breve ma intensa, vissuta con l’intensità tipica degli sportivi. E con la voglia di restare se stessa anche in contesti dove a dominare è spesso il personaggio. “Porto con me solo positività – ha detto – sia per l’ambiente che ho trovato che per il riscontro che ho avuto fuori. I ricordi sono tutti bellissimi”.
E anche se il programma è durato poco, Laura Maddaloni ha legato molto con gli altri concorrenti. “Mi sento ancora con quasi tutti – ha raccontato – c’è stato un vero affiatamento. Eravamo lì da poche settimane ma sembrava di conoscersi da una vita. In quei contesti si crea un’intimità velocissima, perché condividi tutto. Anche le delusioni”.
Ma cosa c’è nel futuro televisivo dell’ex judoka? A sorpresa, Maddaloni non esclude affatto una nuova avventura nel mondo dei reality. Anzi, le piacerebbe mettersi alla prova con un format più noto e consolidato. “Prima o poi dovrò farlo! Un pensierino ce lo farei…”, ha dichiarato a proposito di un’eventuale partecipazione al Grande Fratello.
C’è però una variabile fondamentale: le sue figlie. “Sta di fatto che sapere di lasciare le mie figlie un po’ mi frena. Anche se sono mancata solo poche settimane, ho avvertito che per loro è stato pesante. Dunque, farei scegliere proprio a loro”.
Una dichiarazione che dice molto del suo approccio alla vita. Competitiva, sì. Ma prima di tutto madre. Una donna che ha saputo trasformare un’occasione sfumata in un nuovo punto di partenza. E che, anche davanti a una sconfitta, trova sempre il modo di rialzarsi. Con grinta. E con il sorriso.
Personaggi e interviste
La dolcezza della “nonnitudine”: Diego Abatantuono va pazzo per i suoi nipoti
Con la sua inconfondibile ironia e quella disincantata lucidità che lo ha sempre contraddistinto, Diego Abatantuono si prepara a compiere 70 anni il prossimo 20 maggio. Un traguardo importante che però l’attore non celebra con entusiasmo, anzi, lo guarda con il sorriso amaro di chi ha vissuto molto, ma non ha perso la capacità di dire le cose come stanno: «Invecchiare è uno schifo».

“Invecchiare è uno schifo, ma essere nonno è una meraviglia”. A dirlo non è un uomo qualsiasi, ma uno dei volti più amati del cinema italiano, capace di attraversare mezzo secolo di spettacolo tra commedia, dramma e teatro. Abatantuono lo confessa in un’intervista a Oggi: «Io mica lo sapevo che si diventa vecchi. Finché un giorno ti svegli e capisci che non puoi più farci niente». Nessuna voglia di festeggiare con fanfare o torta scenica: se ci sarà una cena, sarà per affetto, “con quelli sopravvissuti”. Perché con gli anni, spiega, uno dei dolori più grandi è proprio vedere andarsene chi si ama.
Che bello fare il nonno
Eppure, in mezzo al disincanto, c’è qualcosa che brilla: la felicità di essere nonno. «Una cosa bellissima esiste, perbacco: la nonnitudine. Ho tre nipoti fantastici». Una gioia profonda, meno faticosa rispetto al ruolo di genitore: «Sei più distaccato, ma anche più vecchio», ha dichiarato tempo fa a Vanity Fair. È la dolcezza di un legame nuovo, più libero, più tenero, e forse anche più sincero.
Un rimpianto chiamato Troisi
Nel bilancio di una vita così ricca non poteva mancare un rimpianto. Abatantuono ne ha solo uno, ma pesa molto: non aver girato un film con Massimo Troisi. I due avevano in mente una commedia brillante ambientata a New York, con protagonisti due camerieri coinvolti in una rapina. «Adoravo Massimo», racconta. «Ci eravamo conosciuti quando vinsi l’Oscar con Mediterraneo. Mi dispiace molto che non siamo riusciti a realizzarlo».
Una collaborazione mancata
Come sarebbe stato un film con loro due come interprewti? Un’ipotesi che oggi appare ancora più preziosa, perché avrebbe unito due sensibilità diversissime ma affini: quella malinconica e poetica di Troisi e quella umana e schietta di Abatantuono. Due maestri della parola che avrebbero potuto regalarci un piccolo capolavoro.
La vecchiaia vista da dentro
Nel panorama delle celebrazioni finte e delle maschere social, le parole di Abatantuono sono un atto di verità. Parlano di un’età che spesso si finge di accettare con leggerezza, ma che in realtà spaventa. Eppure, non c’è autocommiserazione, solo un’analisi onesta e ruvida, come lui. Perché forse il suo modo di affrontare il tempo che passa, senza retorica né filtri, è proprio il segreto per invecchiare con dignità.
Musica
La stroncatura di Maria Elena Barnabi su Elodie divide il pubblico: noi di LaCity Mag l’avevamo preceduta!
L’attacco frontale della collega Maria Elena Barnabi su Gente al concerto-evento di Elodie a San Siro riaccende un dibattito mai sopito: è autentica evoluzione del pop italiano o un’imitazione tardiva di Madonna? La polemica sull’“erotic pop” divide pubblico e critica: noi di LaCity Mag l’avevamo già sottolineato: la messa in scena da sola non basta. Tra mise sexy, concerti a prezzo scontato e coreografie studiate, resta una domanda scomoda: è tutto marketing o c’è ancora spazio per la musica vera?

Maria Elena Barnabi non le manda a dire. Sul settimanale Gente, la giornalista firma una vera e propria requisitoria contro Elodie e la sua svolta pop-erotica. Il bersaglio? Il maxi show a San Siro, evento da prima pagina in Italia, che però secondo la Barnabi si sarebbe risolto in una sequenza prevedibile di tutine, pizzi, ammiccamenti e coreografie forzate. Il titolo scelto per l’articolo è una domanda al veleno: “Ha senso provare a rifare Madonna in Italia 40 anni dopo Madonna?”.
Dov’è la novità?
Un’accusa esplicita: Elodie, soprannominata “la Beyoncé del Quartaccio”, secondo la giornalista insegue con troppa convinzione un modello ormai distante e irripetibile, senza aggiungere una reale novità al panorama musicale italiano.
Lo avevamo già scritto: “Show curato, ma senz’anima”
Non è la prima critica arrivata al live di San Siro. Su LaCity Mag, qualche giorno fa, avevamo definito l’esibizione uno spettacolo formalmente impeccabile, ma assolutamente privo di tensione emotiva reale. Secondo noi, a mancare è stata proprio l’urgenza artistica, quella forza che separa un evento curato nei dettagli da un momento davvero iconico.
L’audience divisa in due
E mentre Barnabi rincara la dose, parlando apertamente di “stanchezza” nei confronti del look sexy e delle hit da club, il pubblico resta spaccato: da un lato chi applaude una donna libera, autodeterminata, capace di dominare il palco con sensualità e presenza scenica; dall’altro chi sente puzza di copia, di modello importato male.
Musica o spettacolo? Il dilemma eterno del pop italiano
Elodie non è sola. La critica sfiora anche Dua Lipa, accusata implicitamente di offrire lo stesso tipo di intrattenimento confezionato. Ma mentre la popstar anglo-albanese gioca in Serie A mondiale, Elodie – sostiene Barnabi – resta ancora prigioniera della sua italianità. “Lei è troppo italiana per essere davvero internazionale”, scrive la giornalista, con una frase che è già diventata virale. Eppure, anche in questo caso, il nodo resta: può una donna che balla, canta e usa il corpo per comunicare essere presa sul serio in Italia? O è ancora condannata a doversi giustificare, a ogni passo di danza? La nostra risposta è… sì, può farlo, a patto di unire un’equivalente dose di talento.
Critica feroce o paura del cambiamento?
Elodie divide, provoca, scuote. E forse è proprio questo il segno che qualcosa si sta muovendo. Che piaccia o no, ha imposto un’estetica nuova al pop italiano, fatta di corpi, politica, femminilità fluida e potenza scenica. Ma resta la domanda, legittima e pungente: serve davvero tutto questo per fare musica? O basterebbe solo… cantare?
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