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Cronaca

Al via a Milano il festival In&Aut Inclusione e Autismo fino a domenica

La seconda edizione del festival In&Aut Inclusione e Autismo è pronta a partire: si inizia oggi venerdì 17 maggio a Milano in Piazza Città di Lombardia, e si chiuderà domenica 19 maggio.

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    Dal oggi al 19 maggio, Milano ospita la seconda edizione del festival In&Aut Inclusione e Autismo in Piazza Città di Lombardia. L’inaugurazione sarà presieduta dalla ministra per le Riforme Istituzionali e la Semplificazione Normativa, Elisabetta Casellati, insieme al governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana e all’assessore al Welfare del Comune di Milano, Lamberto Bertolé. Organizzato da In&Aut Inclusione & Autismo ETS , il festival è patrocinato da varie istituzioni tra cui Regione Lombardia e Comune di Milano. Inoltre la manifestazione vedrà la partecipazione di oltre 60 associazioni e imprese sociali provenienti da 18 regioni italiane.

    Ottanta relatori, centinaia di famiglie e di persone autistiche

    L’evento comprende 31 stand informativi, 6 laboratori creativi e 10 banchi di ristorazione sociale. Durante i tre giorni della manifestazione, circa 80 relatori, tra neuropsichiatri, manager, esperti, politici, persone autistiche e famiglie, prenderanno la parola per condividere esperienze e conoscenze.

    In&Aut Inclusione e Autismo per fare rete

    Il programma include più di 20 dibattiti, workshop, presentazioni di best practices, libri e film, oltre a 2 cori-orchestra e 7 performance artistiche di artisti e musicisti autistici. Il festival è nato nel 2022 da un’idea condivisa tra il giornalista Francesco Condoluci, papà di un bambino autistico, l’ex parlamentare Eugenio Comincini, autore della legge sugli sgravi fiscali alle aziende che assumono lavoratori autistici, Samantha Lentini e Danilo Risi che nel 2023 hanno costituito l’associazione In&Aut Ets.

    Link tra aziende e persone autistiche in cerca di occupazione

    L’obiettivo è quello di creare un momento di confronto tra persone autistiche, associazionismo, istituzioni, mondo medico-scientifico e dell’economia civile e ha come obiettivo quello di costruire una “rete” per l’autismo che possa aiutare chi ha bisogno e le famiglie a trovare risposte ai loro bisogni. Ma soprattutto per fare da link tra le aziende che intendono assumere lavoratori disabili e persone autistiche in cerca di opportunità lavorative.

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      Cronaca

      Idiozia on the road: il “gioco” di farsi investire finisce in ospedale

      La sfida tra amici finisce in tragedia sfiorata: il giovane, elitrasportato agli Spedali Civili, non è in pericolo di vita. Ma resta l’amaro: l’ennesimo “gioco di coraggio” che coraggio non è, solo pura idiozia.

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        C’è chi, di notte, conta le stelle. E chi conta i secondi prima che un’auto ti prenda in pieno. A Gardone Riviera, all’altezza dell’hotel Monte Baldo, lungo la Gardesana, un gruppo di ragazzi poco più che ventenni ha trasformato la strada in un palcoscenico per una “sfida” da brivido: fingere di buttarsi sotto le macchine in transito per poi scansarsi all’ultimo. Coraggio? No, roulette russa con carrozzeria.

        Erano circa le 2.30 quando un 27enne irlandese ha calcolato male il tempo—o troppo bene la propria incoscienza—ed è stato preso davvero da un veicolo. L’impatto è stato secco, abbastanza da gelare il sangue anche agli amici più gasati. Soccorsi immediati, stabilizzazione sul posto e volo in eliambulanza verso gli Spedali Civili di Brescia. Le condizioni sono serie, ma non risulta in pericolo di vita: una fortuna, se così si può dire, in una scena che poteva chiudersi con un lenzuolo bianco.

        La dinamica, per quanto già eloquente, è ora al vaglio delle forze dell’ordine. Ma l’essenziale sta in ciò che vediamo sempre più spesso: il bisogno patologico di trasformare l’adrenalina in contenuto, il rischio in clip, l’idiozia in badge di appartenenza. La prova del “valore” non è scalare una parete, ma sfidare un paraurti. E magari immortalare tutto con lo smartphone, pronti a spedire in DM l’ultimo brivido da condividere a colazione.

        Non è “goliardia”, non è “rito di passaggio”: è una pericolosa distorsione del gioco. La strada non è un luna park, le auto non fanno parte di uno stunt coordinato e l’altrui frenata non è un joystick in mano vostra. A ogni “finta” corrisponde un rischio reale: per chi si getta, per chi guida e per chi capita lì, spettatore involontario di un cretino show.

        Che cosa resta da fare, oltre alla solita predica? Intanto, chiamare le cose col loro nome: questa non è una “bravata”, è un comportamento potenzialmente letale. Più controlli in fascia notturna aiutano, certo. Ma serve anche un lavoro capillare sui ragazzi: in famiglia, a scuola, nelle piazze dove ci si vede davvero e non solo nei feed. Ricordare, per esempio, che il confine tra “andrà bene” e “non c’è più niente da fare” si misura in decimi di secondo. E che il mondo non ha bisogno di altri video virali, ma di meno funerali inutili.

        Il 27enne se la caverà. Non tutti, nella stessa lotteria, hanno pescato il biglietto con la scritta “ritenta, sarai più fortunato”. La prossima volta, se proprio volete sfidarvi, fatelo con qualcosa che finisca con un applauso—non con una sirena.

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          Italia

          “Cercasi camerieri (purché non sardi)”: il caso Monkey infiamma Porto Torres, il titolare attacca i giovani locali

          Marco Corda, imprenditore e proprietario del bar Monkey, difende la sua scelta di privilegiare candidati non residenti in Sardegna. «Meglio chi viene da fuori e parla lingue che ragazzi viziosi, attaccati a mammina e incapaci di rispettare un contratto». Le sue parole dividono e infiammano i social.

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            «Il ragazzino sardo è maleducato, inaffidabile, non professionale». Una sentenza lapidaria, firmata Marco Corda, titolare del Monkey di Porto Torres, che con un post di ricerca personale ha trasformato un annuncio di lavoro in un caso nazionale.

            La frase incriminata è semplice: «Il Monkey seleziona cameriere e camerieri di sala, barman e barlady preferibilmente non residenti in Sardegna». Bastava quel “non residenti” per scatenare il putiferio. L’annuncio, ripreso e rilanciato da La Nuova Sardegna, è stato subito travolto dalle polemiche, costringendo il titolare a chiarire (e rincarare la dose) sui social.

            «Un’azienda fa i propri interessi e il mio curriculum parla chiaro», ha spiegato Corda. «Abbiamo sempre avuto staff locali, ma mai come quest’anno abbiamo avuto difficoltà. Non è il problema del portotorrese o del sassarese in sé. È che state crescendo una generazione di persone viziate, senza futuro, che non danno valore al denaro perché c’è mammina che si toglie il pane di bocca per dare 100 euro al figliolo, così il sabato notte si ubriaca o si droga».

            Parole dure, che hanno fatto infuriare più di un utente. Ma l’imprenditore non arretra: «Il problema è che spesso i ragazzi del posto non rimangono fino alla fine del contratto. Ti mollano dall’oggi al domani con scuse futili: devono andare ad Alghero a ballare o li ha lasciati la fidanzatina. Ben vengano i portotorresi validi, ma sono pochi».

            Il Monkey cerca personale per la stagione invernale 2026 e, tra i requisiti, Corda sottolinea anche la necessità di parlare lingue straniere: «Se vogliamo definirci una città turistica, bisogna parlare almeno l’inglese. Chi viene da fuori magari lo sa e porta valore».

            L’annuncio nel frattempo è stato cancellato, ma il polverone resta. E nelle ultime repliche social, il titolare ha provato a smorzare i toni spiegando che «quasi tutto lo staff del Monkey è sardo» e che le candidature non isolane «sono due o tre». Troppo tardi: la bufera era già partita.

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              Mondo

              Elon Musk nel mirino dell’Europa: maxi-multa da 1 miliardo per X?

              L’Unione Europea prepara la scure contro Elon Musk e il suo social “X”: secondo fonti interne, Bruxelles potrebbe infliggere una sanzione superiore al miliardo di dollari per violazione del Digital Services Act. Tra i punti contestati: contenuti illeciti, scarsa trasparenza e un approccio troppo “libero” alla disinformazione. Musk grida alla censura, ma intanto si apre un potenziale scontro istituzionale senza precedenti tra Bruxelles e uno degli uomini più ricchi (e influenti) del pianeta.

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                Altro che tweet. Elon Musk si prepara a una battaglia a colpi di avvocati con l’Unione Europea, che ha messo nel mirino X, la piattaforma social ex Twitter, per presunte violazioni al Digital Services Act (DSA). Secondo fonti autorevoli, Bruxelles starebbe valutando una multa da oltre un miliardo di dollari, la più pesante mai inflitta sotto la nuova legge europea per i servizi digitali.

                Il motivo? Disinformazione, contenuti illeciti, scarsa trasparenza sugli inserzionisti e utenti “verificati” senza reali controlli. Insomma, X – secondo le accuse – sarebbe diventata una sorta di centro di smistamento per fake news, odio e propaganda, con buona pace della moderazione promessa.

                Non è solo una questione di soldi: il caso è simbolico, perché rappresenta il primo banco di prova per il DSA, e Bruxelles sembra intenzionata a fare di Musk un esempio. O meglio, un monito. Il fatto che Elon sia anche un notorio supporter di Donald Trump non aiuta: i regolatori europei temono che qualsiasi concessione venga letta come un cedimento politico in un contesto già teso tra USA e UE.

                Dal canto suo, Musk non ci sta. Dopo la pubblicazione dell’indiscrezione, X ha reagito duramente: “È censura politica, un attacco alla libertà di espressione”, ha dichiarato il colosso tech, promettendo di “fare tutto il possibile per difendere la libertà di parola in Europa”.

                Un accordo, tuttavia, resta ancora sul tavolo. Se X decidesse di apportare le modifiche strutturali richieste – migliorando il controllo sui contenuti e aumentando la trasparenza – la sanzione potrebbe essere evitata o ridimensionata. Ma Elon, si sa, non è esattamente tipo da compromessi.

                E mentre l’UE costruisce un secondo dossier ancora più esplosivo, che accusa la piattaforma di essere strutturalmente dannosa per la democrazia, Musk ribadisce la sua posizione: pronto a sfidare l’Europa in tribunale e in pubblico, anche a costo di uno scontro istituzionale senza precedenti.

                Una cosa è certa: con o senza dazi, censure o meme, questa guerra digitale è appena iniziata. E promette fuochi d’artificio.

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