Cronaca
Frank Underwood e la politica: quando la finzione supera la realtà
Protagonista di House of Cards, commenta sarcasticamente l’elezione di Donald Trump con una battuta che fa il giro del web. Ma quanto c’è di vero in questo collegamento tra finzione televisiva e realtà politica?
Il protagonista di House of Cards – interpretato dall’attore Kevin Spacey – è uno dei personaggi più cinici e controversi mai apparsi in una serie televisiva. Interpretato da Kevin Spacey, Underwood è un politico spietato e manipolatore che farebbe qualsiasi cosa per raggiungere il potere, persino a scapito della morale e dell’integrità. La sua carriera da presidente degli Stati Uniti nella serie è costellata da intrighi, inganni e manipolazioni politiche, ed è proprio questo comportamento che lo ha reso tanto affascinante quanto temibile.
Chi c’è dietro quell’account?
Il suo carattere è sempre stato definito da una battuta tagliente e un sarcasmo pungente, ed è proprio questo tono che, nonostante la fine della serie, continua a risuonare nei commenti e nelle provocazioni di un account fittizio che, nel corso degli anni, è stato associato al personaggio di Underwood. Non si tratta di un profilo ufficiale di Kevin Spacey, ma di un account che, pur non avendo legami diretti con l’attore, ha sempre espresso opinioni critiche sulla politica, mantenendo il tono cinico che ha reso celebre il personaggio.
La battuta su trump: “avete eletto un clown, aspettatevi il circo”
Recentemente, un tweet proveniente dall’account di Frank Underwood ha scatenato un acceso dibattito online. “Avete eletto un clown, aspettatevi il circo”, è la battuta che ha fatto il giro del web. Questo commento ironico si inserisce nel contesto delle relazioni internazionali, con un riferimento alla politica di Donald Trump e alle sue recenti azioni riguardanti la guerra in Ucraina.
Una provocazione… circense
L’immagine che accompagna il messaggio mostra la Casa Bianca trasformata in un tendone da circo, con la bandiera russa sormontata da una risata sarcastica. Questo tipo di provocazione, tipica di Underwood, prende di mira la presidenza Trump in un momento molto delicato, quando le relazioni internazionali degli Stati Uniti, in particolare con l’Ucraina e la Russia, sono particolarmente tese. Il riferimento alla “pace forzata” tra Ucraina e Russia, di cui Trump avrebbe dovuto essere il protagonista, amplifica ulteriormente il tono critico e pungente del messaggio.
Finzione e realtà a confronto
Questa provocazione non è un caso isolato. Frank Underwood, pur essendo un personaggio di finzione, continua a essere un simbolo di critica alla politica reale, con il suo comportamento manipolatorio che sembra quasi prefigurare eventi o situazioni politiche che poi si verificano nella realtà. La sua capacità di esprimere critiche in modo ironico e acido ha reso il personaggio una figura iconica per molti, specialmente quando si parla di potere, politica e manipolazione.
Parallelismi
Il parallelo tra Underwood e Trump non è affatto casuale. Entrambi, seppur in modi differenti, sono visti come figure che mettono in discussione le convenzioni politiche tradizionali, cercando di riscrivere le regole a loro favore. Mentre Trump ha costruito la sua carriera politica su un linguaggio diretto e spesso controverso, Underwood usava il suo acume strategico e il sarcasmo per manipolare la situazione a suo vantaggio. La battuta sull’elezione di Trump sembra essere una critica tanto alla sua personalità quanto alla sua visione del mondo, una visione che in alcuni casi ricorda quella di Underwood, ma priva della consapevolezza di essere parte di un gioco di potere ben orchestrato.
Quando la finzione non muore mai
Anche dopo la conclusione della serie House of Cards, l’immagine di Frank Underwood continua a vivere nelle parole e nelle azioni di chi ancora oggi si rifà al suo stile. La politica statunitense, soprattutto negli ultimi anni, ha visto un avvicinamento sempre maggiore tra la realtà e la finzione televisiva. Le battute sarcastiche, i colpi bassi e le strategie manipolative sembrano ormai parte integrante del lessico politico, e non è difficile vedere come Underwood sia diventato un simbolo di questo tipo di politica.
Amara ironia
Nonostante non esista più una serie dedicata al suo personaggio, l’eredità di Frank Underwood si fa sentire ogni volta che qualcuno si esprime in modo tagliente o sarcastico sulla scena politica, come nel caso della battuta su Trump. L’ironia di Underwood ha il potere di far riflettere sulla politica, ma anche di suscitare emozioni contrastanti in chi ascolta. Eppure, ciò che rimane è il suo approccio diretto e senza filtri, che, pur appartenendo a un mondo di finzione, trova ancora una sorprendente applicazione nella realtà politica contemporanea.
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Politica
Nuovo amore per Maria Elena Boschi: dopo Berruti arriva l’avvocato Roberto Vaccarella. Prima fuga romantica a New York
Avvistati a Capalbio e pronti per un viaggio insieme negli Stati Uniti, Boschi e Vaccarella sembrano intenzionati a vivere questo nuovo legame lontano dal clamore. Per la deputata di Italia Viva si apre una nuova fase sentimentale: discreta, sorridente e con il passo leggero di chi ricomincia.
Archiviata una storia lunga e mediatica, se ne apre un’altra, più silenziosa ma non per questo meno intensa. Maria Elena Boschi sembra aver ritrovato il sorriso accanto a Roberto Vaccarella, avvocato penalista e fratello di Elena, da anni compagna del presidente del CONI Giovanni Malagò.
Dopo cinque anni con l’attore Giulio Berruti — relazione intensa, raccontata e spesso sotto i riflettori — l’ex ministra di Italia Viva sceglie oggi un passo diverso. Meno esposizione, più vita reale. La notizia è circolata nelle ultime ore dopo le indiscrezioni sui primi avvistamenti a Capalbio, poi confermati da più fonti. Passeggiate, cene riservate, niente ostentazione.
A questo si aggiunge un dettaglio che racconta bene l’evoluzione del rapporto: i due sarebbero pronti a partire per New York per la loro prima vacanza a due. Un viaggio simbolico, di quelli che segnano il passaggio da conoscenza promettente a coppia ufficiale. E chi conosce Boschi racconta di una serenità nuova, più matura, più protetta.
La parabola è chiara: dalle copertine alla discrezione, dall’amore cinematografico a una relazione che sembra preferire il passo lento e gli occhi bassi sulle cose piccole. Il resto, al momento, resta fuori dall’inquadratura. Nessun annuncio, nessuna foto insieme, nessuna conferma social.
Per lei è un ritorno a una normalità voluta, dopo anni in cui la vita privata è stata materia di dibattito pubblico. Oggi la narrazione cambia: c’è spazio per un sorriso nelle vie del centro, per un viaggio programmato con calma, per un tempo personale che non chiede applausi.
Se son rose fioriranno, dice il proverbio. Qui, per ora, c’è un bocciolo custodito, e la scelta precisa di lasciarlo crescere senza fretta. In un mondo che corre, Maria Elena Boschi — almeno sul fronte del cuore — sembra aver deciso di fermarsi dove il ritmo è più umano. E di ripartire, stavolta, solo quando sarà il momento.
Cronaca Nera
Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito
Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.
Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.
Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.
La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».
Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».
Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.
Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.
Cronaca
Filippo “Champagne” Romeo sogna Milano da sindaco ma apre un locale… nel cuore di Monza
Si parla del suo futuro da candidato sindaco e di una lista dal nome folcloristico, “Il Popolo della Gaina”, mentre gli amici lo rilanciano come volto outsider. Intanto Filippo “Champagne” Romeo, noto per le sue serate mondane e per i trascorsi alla Gintoneria di Davide Lacerenza finita nell’inchiesta su escort e droga, apre un nuovo locale: non a Milano, ma a Monza.
Filippo “Champagne” Romeo, personaggio noto della movida meneghina e fratello del capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo, torna a far parlare di sé. Questa volta non per una festa, né per una delle sue celebri notti a base di champagne, ma per un progetto che sembra oscillare tra politica e intrattenimento. Romeo, infatti, coltiva l’ambizione di correre come candidato sindaco di Milano, sostenuto da una lista civica dal nome che è già tutto un programma: “Il Popolo della Gaina”, gallina in dialetto, un richiamo volutamente pop e identitario pensato per strizzare l’occhio alla città e ai suoi umori.
Il personaggio, del resto, non ha mai nascosto il suo gusto per la provocazione e per il racconto colorato della politica. Romeo arriva da anni trascorsi tra nightlife, locali esclusivi e frequentazioni altisonanti, inclusa quella con Davide Lacerenza, proprietario della Gintoneria finita al centro dell’inchiesta che ha coinvolto escort e droga. Un passato che alimenta curiosità e mormorii, ma che non sembra frenare le sue ambizioni.
E mentre nei corridoi milanesi si discute della sua possibile discesa in campo, Romeo fa ciò che gli riesce meglio: riparte dal mondo dei locali. Solo che questa volta non sceglie Milano, bensì Monza. Qui sta per aprire un nuovo spazio dedicato alla nightlife, un locale che dovrebbe diventare il cuore del suo nuovo progetto imprenditoriale, perfetto per riunire amici, curiosi e sostenitori in un ambiente più raccolto ma strategico.
La scelta di Monza non è casuale: più discreta, più gestibile, meno sovrapposta alle tensioni politiche che inevitabilmente accompagnerebbero un’apertura nel capoluogo lombardo. Un terreno neutro da cui rilanciarsi e sperimentare, mentre l’idea di una candidatura continua a rimbalzare sui social e nelle chat della Milano bene.
Amici e simpatizzanti lo incoraggiano, qualcuno lo dipinge addirittura come una figura “anti-sistema” capace di rompere gli schemi della politica locale. Altri, più scettici, vedono in questa aspirazione una trovata pubblicitaria utile soprattutto a dare visibilità al nuovo locale.
Quel che è certo è che Filippo “Champagne” Romeo resta un personaggio che non passa inosservato. Tra serate mondane, ambizioni civiche e aperture strategiche fuori città, il suo nome continua a circolare. Milano, per ora, può attendere. Monza, invece, è pronta ad accoglierlo.
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