Italia
La storica trattoria Burde di Firenze dice addio al coperto dopo oltre 100 anni
Nata nel 1901 viene gestita da quattro generazioni dalla stessa famiglia, mantenendo intatta la passione per la cucina tradizionale toscana.

Visto che se lo può permettere Firenze segna una svolta storica con l’eliminazione del coperto alla Trattoria da Burde, uno dei simboli della cucina fiorentina. Dallo scorso gennaio il ristorante di via Pisana ha ufficializzato la rimozione di questo contributo divisivo per incentivare le mance, considerate più nobili. Paolo Gori, responsabile della cucina del locale, ha spiegato che la percezione negativa del coperto, visto come un sovrapprezzo ingiusto, ha spinto alla sua abolizione. Il coperto, che costava 2,50 euro per tovagliato bianco e pane toscano, era una tradizione dell’Ottocento nata quando i viandanti portavano il proprio cibo e l’oste forniva pane e vino. Tuttavia, Gori ha sottolineato che spesso i camerieri subiscono le conseguenze di questo balzello, poiché i clienti evitano di lasciare la mancia sapendo di dover pagare il coperto.
Entusiasmo e scetticismo
L’abolizione del coperto ha suscitato reazioni contrastanti tra i ristoratori fiorentini. Alessandro Tomberli dell’Enoteca Pinchiorri ha abolito il coperto vent’anni fa, lavorando solo con le mance. Vito Mollica, invece, continua ad applicarlo nei suoi ristoranti per coprire le spese. Anche Giulio Picchi del rinomato Cibrèo e dell’Helvetia sostiene l’importanza del coperto per sostenere i costi del tovagliato e rendere sostenibili i pranzi a due persone senza vino. Tuttavia, Picchi riconosce che un vero sdoganamento della mancia potrebbe valorizzare il settore dell’accoglienza, spesso poco considerato rispetto agli chef star. In ogni caso, Burde ha deciso di fare questo passo soprattutto per migliorare l’esperienza dei clienti e favorire lo staff, dimostrando come le tradizioni possano evolversi nel tempo.
La storia a tavola: da bottega-pizziccheria a trattoria
La Trattoria da Burde, fondata nel 1901, è un simbolo della tradizione gastronomica toscana. Situata a pochi passi dall’Arno, inizialmente era una bottega e pizzicheria, conosciuta come “Trattoria dell’Alberone” per un grande albero davanti all’ingresso. Successivamente, il nome Burde deriva dal soprannome “Burdél” di Egiziano Barducci, toscanizzato in “Burde”. Oggi, la trattoria è gestita dai fratelli Andrea e Paolo Gori. Andrea si occupa della sala, mentre Paolo è lo chef. La loro gestione esemplifica il principio fondamentale della ristorazione: ristoro del corpo e dell’anima. Le pareti intrise di racconti e profumi del primo ‘900 accolgono gli ospiti in un regno di toscanità pura.
E il menù? Golosissimo!
La cucina di Paolo Gori propone piatti tradizionali toscani, seguendo fedelmente le ricette storiche. Tra questi, i crostini di fegatini di pollo, la farinata, la ribollita e il cacciucco di ceci. Il menu varia ogni giorno, rispettando una ciclicità settimanale ben precisa. Andrea, in sala, guida gli ospiti attraverso un viaggio culinario che rispetta la tradizione e i ritmi della vita toscana.
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Italia
Quando tifare diventa tragedia: l’ombra della violenza tra sport e premeditazione
Dopo l’agguato costato la vita a Raffaele Marianella, autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket 2000, ecco perché l’escalation della violenza calcistica e cestistica richiede un esame profondo delle radici del fenomeno.

Domenica 19 ottobre 2025 la strada statale 79 che collega Rieti a Terni ha fatto da scena a una tragedia dallo spessore incredibile. Un pullman che trasportava tifosi del Pistoia Basket 2000 è stato «teso d’assalto» da un gruppo di ultras della Sebastiani Rieti: due mattoni hanno sfondato il parabrezza, uno di questi colpendo mortalmente Raffaele Marianella, 65 anni, autista seduto accanto al conducente.
L’episodio ha riacceso un allarme che da tempo permanenza: perché il tifo può trasformarsi in violenza estrema? E chi organizza queste azioni cosa rischia realmente?
La spirale della violenza nello sport
Il legame tra sport e identità è forte: la squadra diventa estensione della comunità, della città, delle proprie radici. Tuttavia, quando questa passione si trasforma in antagonismo esasperato, il tifo può scivolare in odio attivo. Nel caso del pullman del Pistoia, fonti investigative ricostruiscono che «il mezzo è stato seguito per chilometri» prima di essere attaccato da tifosi nascosti oltre il guard-rail.
Si tratta quindi non di un gesto spontaneo, ma – secondo le autorità – di una azione premeditata. Questo sposta l’interpretazione da semplice vandalismo a un’aggressione pianificata, con vittima innocente. Il coinvolgimento di tifosi organizzati, la scelta del target (il bus ospite), il momento e il luogo indicano dinamiche che vanno al di là della rivalità sportiva.
Perché nasce la “violenza ultras”?
Dal punto di vista psicologico, diversi fattori contribuiscono:
- Il senso di appartenenza: l’ultra vive la squadra come “noi” e l’avversario come “la minaccia”.
- La performance virile e l’adrenalina del gruppo: atti estremi generano notorietà interna al movimento ultras.
- L’escalation simbolica: la vittoria non basta più, si ricercano gesti che entrino nella memoria collettiva.
- La pianificazione come rituale: quando l’azione è attentamente preparata, assume valenza di rito iniziatico per chi vi partecipa.
Nel contesto dello sport, questi elementi si sommano e in alcuni casi sfuggono al controllo. L’autobus, innocuo spettatore dell’evento, diventa bersaglio.
I rischi legali per chi organizza gli agguati
Dal punto di vista strettamente giuridico, un’azione come quella contro il pullman comporta conseguenze gravi per gli autori. Il lancio di mattoni contro un veicolo in movimento, con vittime e spettatori a bordo, può configurarsi come:
- Omicidio volontario o preterintenzionale (art. 575 e 584 c.p.), se il fatto comporta la morte.
- Associazione per delinquere o gruppo armato, se vi è contesto organizzato.
- Lesioni gravissime e danneggiamento aggravato.
- Evento con finalità terroristica o di intimidazione collettiva, se collegato a tifoseria e violenza ultras.
Nel caso specifico di Rieti-Pistoia, è emersa la circostanza che l’autobus fosse già scortato dalla polizia, ma l’agguato sarebbe avvenuto dopo la fine della scorta. Gli inquirenti della Digos e della Squadra Mobile stanno ascoltando decine di testimoni. Finora non risultano fermi.
La punibilità è elevata, ma l’individuazione dei singoli colpevoli può rivelarsi complessa: ambiente notturno, mobilità dei veicoli, anonimato degli ultras.
Vale la pena rischiare?
Perché qualcuno accetta di entrare in queste dinamiche così rischiose? Oltre alla motivazione ideologica o ludica, c’è un mercato della violenza che fornisce status all’interno del gruppo. Un gesto eclatante può elevare il singolo da semplice tifoso a “eroe” di curva. Ma il prezzo è altissimo: vite umane messe a rischio, vite distrutte, carriere sportive rovinate, processi penali, stigma sociale.
Il caso Marianella scuote l’intero sport italiano: non è più solo rivalità, è omicidio di Stato in trasferta. Le società, le istituzioni e le tifoserie sane dovranno assumersi l’impegno di separare la passione dalla violenza e di prendere contromisure concrete.
Tifare non dovrebbe mai significare mettere a rischio vite. Il dramma del pullman del Pistoia è la prova di quanto la ferocia ultras possa travalicare lo sport e trasformarsi in crimine. Dietro un mattone lanciato c’è una catena di decisioni: pianificazione, gruppo, obiettivo. A pagare sono innocenti. E chi agisce sa bene cosa rischia. Per lo sport, per la civiltà, per la vita.
Italia
Stop ai voli brevi se c’è il treno veloce come alternativa. Una bella suggestione
L’idea di sostituire i voli brevi con i treni ad alta velocità in Italia, sebbene interessante per ridurre le emissioni, appare applicabile solo a una piccola porzione di rotte, soprattutto a causa delle peculiarità geografiche del Paese e delle limitazioni della rete ferroviaria esistente.

L’idea di ridurre i voli brevi a favore dei treni ad alta velocità per diminuire le emissioni nocive è stata già adottata in Francia. Ed è in discussione anche in Italia. Uno studio dell’Itsm (Iccsai transport and sustainable mobility center) dell’Università di Bergamo ha evidenziato che l’applicazione di questa misura in Italia sarebbe limitata a poche rotte a causa di specifiche caratteristiche geografiche e infrastrutturali del Paese. Ma comunque male non fa. E’ una bella suggestione…
Le 12 rotte sostituibili
Lo studio ha individuato solo 12 rotte, il 2,8% di tutti i collegamenti nazionali, in cui il treno potrebbe essere una valida alternativa all’aereo, con un tempo di viaggio non superiore del 20% rispetto al volo. Le 12 rotte individuate finora.
Roma Fiumicino – Milano Linate
Roma Fiumicino – Milano Malpensa
Milano Malpensa – Napoli
Roma Fiumicino – Genova
Bergamo – Napoli
Roma Fiumicino – Napoli
Milano Linate – Napoli
Bologna – Roma Fiumicino
Roma Fiumicino – Firenze
Roma Fiumicino – Pisa
Bergamo – Pescara
Bergamo – Roma Fiumicino.
L’impatto ambientale
Nel 2019, su queste rotte sono stati operati circa 45.000 voli, responsabili dell’1,45% delle emissioni di CO2 del trasporto aereo nazionale. Tuttavia, la soppressione di tali voli potrebbe non portare a una riduzione significativa delle emissioni, poiché parte dei passeggeri potrebbe optare per l’uso di automobili, annullando il beneficio ecologico previsto.
Le sfide geografiche
L’Italia presenta delle sfide particolari, come la presenza di isole maggiori. Per le quali l’aereo rimane è l’unica alternativa efficace. Inoltre, l’orografia complessa e la presenza di zone sismiche o idrogeologiche rendono la costruzione di nuove linee ferroviarie difficoltosa e costosa. Più del 50% delle rotte aeree interne riguarda le isole, e quindi non può essere sostituito da treni ad alta velocità.
Estensione della rete ferroviaria
Sebbene l’estensione della rete ferroviaria possa sembrare una soluzione, questa risulta economicamente e ambientalmente sostenibile solo con un elevato volume di traffico. La realizzazione di nuove infrastrutture sarebbe vantaggiosa solo se la domanda riuscisse a coprire i costi, altrimenti l’intero progetto potrebbe diventare insostenibile.
Italia
Torna l’ora solare: nel 2025 il cambio d’orario arriva prima
Nessuna nuova legge o cambiamento di regole: è il calendario a farci anticipare il ritorno all’ora solare, che porterà giornate più corte e qualche effetto sul nostro equilibrio biologico.

Nel 2025 torneremo all’ora solare con un giorno d’anticipo rispetto all’anno scorso. Niente decisioni politiche o nuove direttive europee: si tratta semplicemente di un effetto del calendario. L’ultima domenica di ottobre, infatti, cadrà il 26 ottobre e non il 27, come nel 2024. Un piccolo dettaglio che però segnerà l’arrivo anticipato delle giornate più brevi e delle sere che calano presto, con conseguenze sulla nostra routine quotidiana.
Il passaggio ufficiale avverrà nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025, quando alle 3 del mattino dovremo riportare le lancette dell’orologio indietro di un’ora. Dormiremo dunque sessanta minuti in più, ma le ore di luce pomeridiane diminuiranno sensibilmente.
Meno sole e più sonnolenza: gli effetti del cambio d’orario
Il ritorno all’ora solare comporta diversi adattamenti, sia pratici sia fisici. Il sole tramonterà prima, riducendo il tempo a disposizione per le attività all’aperto e anticipando l’illuminazione artificiale nelle case e nelle città. È un passaggio che, per molti, coincide con un calo dell’energia e un aumento della stanchezza.
Secondo gli esperti, il nostro orologio biologico impiega alcuni giorni per abituarsi ai nuovi ritmi. I disturbi più comuni legati al cambio d’ora sono insonnia temporanea, difficoltà di concentrazione, sonnolenza e sbalzi d’umore. In soggetti particolarmente sensibili, come anziani e bambini, questo mini jet lag può risultare più marcato.
Il corpo, infatti, si regola sui cicli di luce e buio: quando il tramonto arriva prima, la produzione di melatonina — l’ormone che regola il sonno — tende ad aumentare, generando una sensazione di fatica e rallentamento. Anche per questo, nelle prime settimane, molti segnalano maggiore irritabilità o calo dell’umore.
Una tradizione che resiste
Il sistema dell’ora legale e ora solare è ancora in vigore in tutta l’Unione Europea, nonostante da anni si discuta di un’eventuale abolizione. Bruxelles aveva avviato un processo per permettere agli Stati membri di scegliere un’ora fissa, ma la riforma è rimasta sospesa, complice la mancanza di un accordo tra i Paesi.
Per ora, dunque, continueremo ad alternare i due orari: l’obiettivo dell’ora legale resta quello di risparmiare energia sfruttando meglio la luce naturale durante i mesi primaverili ed estivi, mentre in autunno si torna all’ora solare per riallinearsi al ritmo astronomico naturale.
Quando tornerà l’ora legale
Dopo cinque mesi di giornate più corte, dovremo attendere la primavera per rimettere avanti le lancette. L’ora legale tornerà nella notte tra sabato 28 e domenica 29 marzo 2026, quando alle 2 dovremo spostare gli orologi un’ora avanti.
Nel frattempo, ci aspetta un inverno scandito da tramonti anticipati ma anche da mattine più luminose: un piccolo conforto per chi ama iniziare la giornata con la luce del sole.
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