Italia
Salvo D’Acquisto, il carabiniere eroe verso la beatificazione
Con questa decisione, la Chiesa conferma il valore di un uomo che ha vissuto il Vangelo dell’amore fino all’estremo sacrificio.

La Chiesa ha ufficialmente riconosciuto il sacrificio di Salvo D’Acquisto, il giovane vicebrigadiere dei Carabinieri che nel 1943 offrì la sua vita per salvare 22 civili dalla rappresaglia nazista. Papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce la sua “offerta della vita”, aprendo così la strada alla sua beatificazione. Per l’Italia, D’Acquisto è da sempre un eroe, insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ora, per la Chiesa, il suo gesto di estremo altruismo è considerato una manifestazione autentica della fede cristiana.
Il sacrificio dopo l’armistizio
Salvo D’Acquisto – nato a Napoli il 15 ottobre 1920 – nel settembre 1943, prestava servizio presso la caserma di Torrimpietra, nei pressi di Roma. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la zona era occupata dalle truppe tedesche. Il 22 settembre, un’esplosione uccise due soldati nazisti; l’evento, probabilmente accidentale, venne invece interpretato come un attentato partigiano. Il comando tedesco avviò una dura rappresaglia, rastrellando 22 civili e ordinando loro di scavare una fossa, preludio a un’imminente esecuzione. Pur essendo estraneo ai fatti, D’Acquisto comprese immediatamente la gravità della situazione e decise di sacrificarsi per salvare i prigionieri. Si autoaccusò, dichiarando di essere responsabile dell’esplosione. I tedeschi lo fucilarono sul posto, ma gli ostaggi furono rilasciati. Il suo gesto eroico rimane una delle pagine più nobili della Resistenza italiana.
E ora arriva il riconoscimento della Chiesa
La Chiesa Cattolica ha sempre guardato con ammirazione alla figura di Salvo D’Acquisto, considerandolo un esempio di carità cristiana e sacrificio estremo per il prossimo. Tuttavia, per lungo tempo, la sua vicenda non rientrava nei criteri tradizionali per il martirio cristiano. Nel 2017, però, Papa Francesco ha introdotto una nuova categoria per il riconoscimento della santità, chiamata Maiorem hac dilectionem (“Non c’è amore più grande”), che considera beati coloro che offrono volontariamente la propria vita per amore del prossimo, senza necessariamente essere uccisi “in odio alla fede”. Grazie a questa riforma, il Dicastero delle Cause dei Santi ha potuto riaprire la causa di beatificazione di Salvo D’Acquisto, riconoscendo il suo sacrificio come un atto di autentica testimonianza cristiana. La decisione finale è arrivata con il via libera del Pontefice, firmato direttamente nella sua stanza d’ospedale al Policlinico Gemelli. L’Arma dei Carabinieri ha espresso “la più sentita gratitudine” a Papa Francesco, ricordando che la memoria di Salvo D’Acquisto è un punto di riferimento per tutti i militari e per le generazioni future. L’ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, ha definito il suo gesto “un messaggio potente di giustizia e pace”.
Un esempio per il nostro presente
L’eroismo di Salvo D’Acquisto rappresenta ancora oggi un simbolo di altruismo e giustizia. Papa Francesco, nel ricordare il suo sacrificio, ha sottolineato come la sua figura sia un monito di grande attualità in un’epoca segnata da individualismo e violenza. Anche le istituzioni italiane hanno celebrato la decisione papale. La premier Giorgia Meloni ha dichiarato che il vicebrigadiere incarna i valori più alti di “coraggio, sacrificio e dedizione al dovere“.
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Italia
Carlo Acutis: i due miracoli che hanno spalancato le porte degli altari al santio dei “millennial”
Il primo “santo della generazione Z” è stato proclamato ufficialmente ieri da Papa Leo XIV; i miracoli riconosciuti – la guarigione completa di un bambino con una rara malformazione pancreatica e il recupero improvviso di una studentessa in condizioni critiche – hanno scosso il mondo cattolico e reso Carlo Acutis un simbolo universale di fede e modernità.

La canonizzazione di Carlo Acutis è avvenuta ieri a Roma, in una piazza San Pietro gremita di fedeli. Per la Chiesa cattolica, il giovane morto nel 2006 a soli 15 anni è ora ufficialmente santo. Per molti, però, lo era già da tempo: un ragazzo “normale”, amante della tecnologia, che ha saputo trasformare internet in strumento di evangelizzazione.
Il percorso verso gli altari è stato segnato da due miracoli. Il primo, avvenuto in Brasile, riguarda un bambino di sei anni affetto da una malformazione congenita del pancreas. Era destinato a un intervento chirurgico complesso, viveva tra vomiti e deperimento, ma tutto cambiò il giorno in cui toccò una reliquia del giovane Carlo. Da quel momento smise di stare male: gli esami clinici confermarono che la malformazione era scomparsa e il pancreas tornato normale. Una guarigione definita “istantanea, completa e duratura”.
Il secondo miracolo è legato a una studentessa costaricana in Italia, vittima di un gravissimo trauma cranico. Le speranze di salvezza erano minime, ma la madre, invocando Carlo e recandosi sulla sua tomba ad Assisi, raccontò di aver ottenuto una svolta. La ragazza, inspiegabilmente, migliorò fino a una ripresa considerata inspiegabile dalla medicina.
La cerimonia di canonizzazione ha sancito il riconoscimento ufficiale di queste vicende da parte della Chiesa. Papa Leo XIV, parlando dal sagrato di San Pietro, ha ricordato come la fede di Carlo fosse radicata nell’Eucaristia e alimentata da una visione limpida: “La mia autostrada per il cielo”, amava ripetere.
Oggi Carlo Acutis viene indicato come un simbolo di speranza per le nuove generazioni: un ragazzo della porta accanto, capace di unire rosario e videogiochi, spiritualità e web. È anche per questo che i media lo chiamano già “il santo dei millennials”.
La canonizzazione segna un passaggio storico: non solo per la rapidità con cui è arrivata, ma perché incarna l’idea di una santità vicina alla vita quotidiana, meno distante e più accessibile. Carlo diventa così un riferimento per un’intera generazione che, pur immersa nella tecnologia, cerca ancora risposte nel mistero della fede.
Italia
Italia sempre più anziana: un ultracentenario ogni tre nuovi nati, ma i giovani scompaiono dal Paese
Secondo i dati Istat, negli ultimi dieci anni i centenari sono cresciuti del 36% e le nascite sono crollate del 26%. Il saldo demografico spinge l’Italia verso uno scenario in cui la popolazione attiva diminuisce e il welfare rischia il collasso.

L’Italia assomiglia sempre di più a una grande casa di riposo. La fotografia scattata dall’Istat racconta con chiarezza una metamorfosi demografica che non accenna a fermarsi: la popolazione cala, ma la fascia anziana cresce senza sosta. E all’interno di quest’ultima, il gruppo che aumenta di più è quello degli ultracentenari, insieme agli over 85.
Dal 2014 a oggi i residenti nel nostro Paese sono scesi da oltre 60 milioni a meno di 58 milioni. In parallelo, il numero di chi ha 65 anni e più è salito da poco meno di 13 milioni a oltre 14 milioni e mezzo, con un incremento relativo del 12%. Il dato diventa ancora più impressionante se si guarda agli over 85, cresciuti del 31%, e ai centenari, che in dieci anni sono aumentati addirittura del 36%.
Gli ultracentenari oggi sono 23.548, mentre nel 2014 erano 17.252 e appena 7.200 nel 2004. Significa che in un decennio l’Italia ha guadagnato un over 100 ogni tre e ha perso un neonato su quattro. Le nascite, infatti, nello stesso periodo sono diminuite del 26%, consolidando un trend che dura da oltre quarant’anni: il tasso di fecondità resta sotto 1,5 figli per donna, ben lontano dalla soglia di due necessaria a garantire l’equilibrio tra generazioni.
Se da un lato la crescita della popolazione anziana rappresenta il riflesso positivo della riduzione della mortalità infantile e di una maggiore sopravvivenza oltre i 65 anni, dall’altro solleva interrogativi cruciali. Oggi un neonato ha oltre il 90% di probabilità di arrivare a 65 anni, quando fino a poche generazioni fa la quota era appena di un terzo. Ma a crescere è soprattutto la vita in condizioni di cattiva salute: chi raggiunge i 65 anni ha davanti a sé in media 11 anni in buona salute, dopodiché aumenta il rischio di malattie croniche e disabilità.
Questo scenario mette a dura prova la sostenibilità economica e sociale del Paese. La riduzione della popolazione giovane-adulta indebolisce la componente da cui dipendono crescita e produttività. Meno lavoratori significa meno contributi per finanziare pensioni e servizi, in un sistema già sotto pressione. Se il trend non si inverte, il rischio è quello di un welfare pubblico insufficiente, con pensioni mediamente più basse e la prospettiva che solo una parte della popolazione possa permettersi di vivere a lungo e in buone condizioni.
Gli esperti parlano da tempo di un “autunno demografico” che rischia di trasformarsi in inverno. Non basta celebrare la longevità come un traguardo: servono politiche attive che incentivino la natalità, favoriscano l’occupazione giovanile e investano in servizi di cura e assistenza. Altrimenti, la residenza per anziani rischia di diventare l’unico modello abitativo a cui guardare per il futuro dell’Italia.
Italia
Stangata d’autunno: famiglie italiane sotto pressione con spese record da 3mila euro tra bollette, Tari e scuola
Secondo l’Osservatorio Federconsumatori, la batosta sarà di 2.981 euro a nucleo. Bollette, riscaldamento, Tari e spese scolastiche si sommano a rincari alimentari e costi condominiali, in un quadro aggravato dalla stagnazione dei salari e dalla perdita di potere d’acquisto.

Le vacanze, per chi ha potuto permettersele, sono già un ricordo. All’orizzonte non c’è solo il ritorno alla routine lavorativa e scolastica, ma un conto salatissimo da pagare: quasi 3mila euro di spese extra che graveranno sul portafoglio delle famiglie italiane nei prossimi mesi. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio nazionale Federconsumatori, che parla senza mezzi termini di “stangata autunnale”.
L’associazione ha messo in fila le principali voci che peseranno sul bilancio domestico. Bollette di luce e gas, Tari, riscaldamento, materiale scolastico e spese mediche compongono una cifra da 2.981,10 euro a nucleo familiare. Una somma in aumento dello 0,4% rispetto allo scorso anno, nonostante la frenata dei costi energetici e il rallentamento dell’aumento dei testi scolastici.
A preoccupare maggiormente è la voce “salute”: +1,5%. Tempi di attesa sempre più lunghi nella sanità pubblica spingono molti cittadini verso visite ed esami privati, con costi aggiuntivi che spesso si traducono in rinunce alle cure. Un dato che racconta, meglio di qualsiasi statistica, le difficoltà quotidiane.
Il capitolo alimentazione, poi, continua a pesare. I rincari degli ultimi mesi hanno già ridotto la capacità di spesa e costretto a tagli sulle abitudini alimentari. Federconsumatori stima che in autunno le famiglie arriveranno a sborsare 1.697,50 euro solo per questa voce. A questo si sommano i maggiori costi dei condomini, che quest’anno segnano un +3,3%.
Un piccolo spiraglio arriva dal fronte carburanti, che rispetto ai picchi degli scorsi anni registrano un calo. Un sollievo parziale, però, che non compensa l’impatto del resto delle spese.
«Queste cifre risultano ancora troppo onerose per molte famiglie, considerate la stagnazione dei salari e la notevole perdita di potere d’acquisto dei redditi fissi» afferma Michele Carrus, presidente di Federconsumatori. E aggiunge: «In una fase di indebolimento della bilancia commerciale e di incertezza sul mercato energetico, questi aumenti non si ripercuoteranno soltanto sulla vita dei cittadini, ma anche sull’intero sistema economico e produttivo, riducendo la domanda interna proprio quando andrebbe rafforzata».
Il quadro che emerge è quello di un Paese dove il costo della vita cresce più rapidamente dei redditi, lasciando le famiglie sempre più esposte. Un autunno di spese obbligate che rischia di erodere ulteriormente la capacità di consumo, aggravando la sensazione diffusa di precarietà economica.
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