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Fuochi e candele tra i filari: La battaglia contro il gelo nei vigneti

Una notte fredda ha trasformato i vigneti dell’Abbazia di Novacella in Alto Adige in uno spettacolo suggestivo, con grandi candele che fendono il buio per proteggere i fragili germogli dalle gelate primaverili.

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    Le grandi candele hanno squarciato il buio, illuminando i vigneti dell’Abbazia di Novacella, vicino a Bressanone, in Alto Adige. Non si fa festa tra i filari, ma una lotta contro il gelo, che minaccia i primi germogli, le piccole mele e le neonate albicocche. Con temperature scese a -2 gradi, più invernali che primaverili, i contadini hanno acceso migliaia di piccoli fuochi per proteggere i raccolti.

    Queste temperature invernali, nonostante la stagione, hanno costretto i contadini ad accendere migliaia di fuochi per difendere i raccolti. Ma c’è speranza: nei prossimi giorni le temperature dovrebbero salire, portando sollievo ai frutteti della regione.

    Quali danni provoca all’agricoltura il calo repentino delle temperature
    I crolli improvvisi delle temperature possono avere un impatto significativo sui raccolti agricoli, portando a danni alle colture e compromettendo la produzione alimentare. Queste anomalie termiche, che possono manifestarsi sotto forma di gelate tardive o improvvise diminuzioni delle temperature, rappresentano una minaccia per i primi germogli, le piante in fiore e i frutti appena formati, come appena successo nei vigneti e nei frutteti dell’Alto Adige.

    Le gelate tardive in particolare sono uno dei maggiori pericoli per l’agricoltura primaverile. Quando le temperature scendono al di sotto dello zero dopo un periodo di tempo mite, le piante possono subire danni irreparabili. I fiori possono appassire, i frutti possono congelarsi e le foglie possono bruciarsi, compromettendo la capacità delle piante di produrre raccolti sani e abbondanti.

    I filari protetti dal gelo con le grandi candele accese nella notte

    Le colture più vulnerabili alle gelate primaverili includono la frutta, come albicocche, pesche, ciliegie e mele, così come le coltivazioni come pomodori, peperoni e zucchine. Anche le piante ornamentali e i vigneti possono essere colpiti duramente dalle gelate tardive, causando danni estetici e economici.

    Per proteggere i raccolti dai danni causati dal freddo primaverile, i contadini adottano una serie di misure preventive. Tra queste, l’accensione di fuochi o l’utilizzo di sistemi di irrigazione per creare una barriera di ghiaccio intorno alle piante, l’uso di coperture protettive o teli termici, e l’impiego di tecniche di gestione agronomica per favorire la resistenza delle piante al freddo.

    Ma, nonostante queste precauzioni, le anomalie del freddo in primavera rimangono una sfida costante per gli agricoltori, che devono essere pronti a rispondere rapidamente alle variazioni climatiche per proteggere i loro raccolti e garantire la sicurezza alimentare della domanda di produzione.

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      Caviglie gonfie e lividi sulle mani: mistero Trump, la rete impazzisce di nuovo per la salute del presidente

      Una foto basta. Una caviglia un po’ troppo gonfia, un livido dimenticato sul dorso della mano. E il web si incendia. L’ultimo mistero firmato Donald Trump nasce così: uno scatto rubato durante una partita di calcio e centinaia di teorie che esplodono in rete come popcorn sotto pressione. Sta bene o no? È solo il caldo o c’è sotto qualcosa di più serio?

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        Succede tutto in poche ore. Il presidente – 79 anni portati come può – viene fotografato sugli spalti del mondiale per club in New Jersey. Gamba destra visibilmente gonfia, andatura rigida. A quel punto la rete si divide tra diagnosti improvvisati e commentatori professionisti del sospetto. Chi grida al diabete, chi alla trombosi, chi ipotizza una circolazione da rottamare. E poi ci sono i lividi: piccoli ematomi sulle mani, già notati in passato, oggi di nuovo protagonisti.

        La Casa Bianca prova a spegnere il fuoco: “Trump gode di ottima salute, lavora giorno e notte, i segni sono solo effetto di troppe strette di mano”. Niente aghi, niente flebo, solo protocollo sociale. Ma il popolo digitale non ci crede. E non dimentica. Nel 2016 il suo medico personale lo aveva definito “il presidente più sano della storia”. Frase scritta da Trump stesso, poi ammessa pubblicamente. Nel 2019, visita improvvisa al Walter Reed Medical Center e nuove illazioni. Oggi, stesso copione.

        Il problema è il personaggio: Trump ha costruito la sua immagine sull’idea di forza, vitalità, invincibilità. E ogni acciacco, ogni piega nel fisico, diventa un varco nella narrazione. Certo, a 79 anni qualche cedimento è fisiologico. Ma non per lui. Non per l’uomo che si dichiara geneticamente perfetto, che snobba l’esercizio fisico, si nutre di fast food e invoca la Coca Cola col vero zucchero.

        In piena campagna elettorale, ogni immagine pesa. Il confronto con Biden – più fragile ma clinicamente sorvegliato – è inevitabile. Trump si affida al carisma, ma il suo corpo è diventato terreno di scontro: simbolico, grottesco, iper-politico. Le foto restano lì, a raccontare una verità che nessun comunicato può negare. E stavolta, il gonfiore alle caviglie non è solo un dettaglio: è un indizio. O forse un pretesto. Ma in ogni caso, è già un caso.

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          Elon Musk nel mirino dell’Europa: maxi-multa da 1 miliardo per X?

          L’Unione Europea prepara la scure contro Elon Musk e il suo social “X”: secondo fonti interne, Bruxelles potrebbe infliggere una sanzione superiore al miliardo di dollari per violazione del Digital Services Act. Tra i punti contestati: contenuti illeciti, scarsa trasparenza e un approccio troppo “libero” alla disinformazione. Musk grida alla censura, ma intanto si apre un potenziale scontro istituzionale senza precedenti tra Bruxelles e uno degli uomini più ricchi (e influenti) del pianeta.

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            Altro che tweet. Elon Musk si prepara a una battaglia a colpi di avvocati con l’Unione Europea, che ha messo nel mirino X, la piattaforma social ex Twitter, per presunte violazioni al Digital Services Act (DSA). Secondo fonti autorevoli, Bruxelles starebbe valutando una multa da oltre un miliardo di dollari, la più pesante mai inflitta sotto la nuova legge europea per i servizi digitali.

            Il motivo? Disinformazione, contenuti illeciti, scarsa trasparenza sugli inserzionisti e utenti “verificati” senza reali controlli. Insomma, X – secondo le accuse – sarebbe diventata una sorta di centro di smistamento per fake news, odio e propaganda, con buona pace della moderazione promessa.

            Non è solo una questione di soldi: il caso è simbolico, perché rappresenta il primo banco di prova per il DSA, e Bruxelles sembra intenzionata a fare di Musk un esempio. O meglio, un monito. Il fatto che Elon sia anche un notorio supporter di Donald Trump non aiuta: i regolatori europei temono che qualsiasi concessione venga letta come un cedimento politico in un contesto già teso tra USA e UE.

            Dal canto suo, Musk non ci sta. Dopo la pubblicazione dell’indiscrezione, X ha reagito duramente: “È censura politica, un attacco alla libertà di espressione”, ha dichiarato il colosso tech, promettendo di “fare tutto il possibile per difendere la libertà di parola in Europa”.

            Un accordo, tuttavia, resta ancora sul tavolo. Se X decidesse di apportare le modifiche strutturali richieste – migliorando il controllo sui contenuti e aumentando la trasparenza – la sanzione potrebbe essere evitata o ridimensionata. Ma Elon, si sa, non è esattamente tipo da compromessi.

            E mentre l’UE costruisce un secondo dossier ancora più esplosivo, che accusa la piattaforma di essere strutturalmente dannosa per la democrazia, Musk ribadisce la sua posizione: pronto a sfidare l’Europa in tribunale e in pubblico, anche a costo di uno scontro istituzionale senza precedenti.

            Una cosa è certa: con o senza dazi, censure o meme, questa guerra digitale è appena iniziata. E promette fuochi d’artificio.

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              Putin, i sosia e la paranoia del bagno: il presidente russo viaggia con un kit segreto per riportare a Mosca persino la sua… popò

              Guardie del corpo con valigette sigillate, bagni portatili e contenitori speciali: la routine dei viaggi di Putin non prevede solo blindature e cecchini sui tetti, ma anche la gestione maniacale di ogni traccia biologica. Precauzioni che alimentano i sospetti: malattia segreta o semplice ossessione del regime?

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                Per Vladimir Putin nulla è lasciato al caso. Nemmeno ciò che, in teoria, dovrebbe finire nello scarico. Durante il recente vertice in Alaska con Donald Trump, il presidente russo è apparso in buona forma, sorridente e sicuro davanti ai flash. Ma a colpire non sono state le strette di mano o i sorrisi di circostanza: secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Express US, le sue guardie del corpo trasportavano un “contenitore speciale per le feci”. Un dettaglio che, da solo, dice molto sulla paranoia del Cremlino.

                La ragione è semplice, almeno per Mosca: impedire a potenze straniere di mettere le mani su campioni biologici del capo del Cremlino e scoprire eventuali segreti sulla sua salute. Nessun capello, nessuna goccia di sudore, nessun escremento deve restare all’estero. Tutto viene raccolto e riportato in Russia, in contenitori sigillati e affidati al Servizio Federale di Protezione.

                Questa pratica non è nuova. Già nel 2017, durante una visita in Francia, e poi a Vienna nel 2018, Putin avrebbe utilizzato bagni portatili personali, evitando contatti con strutture pubbliche. Una routine che oggi appare ancora più ossessiva, alla luce delle voci mai confermate sulle sue condizioni: c’è chi parla di cancro, chi di Parkinson, chi di problemi cardiaci. Il Cremlino ha sempre negato, ma i video che lo mostrano con gambe tremanti o gonfiori al volto continuano ad alimentare sospetti.

                A rendere il quadro ancora più grottesco ci pensano le teorie complottiste sui sosia. Secondo studi giapponesi, software di riconoscimento avrebbero individuato almeno due “doppi” addestrati per sostituirlo in pubblico. Differenze nei tratti del viso, nella voce, persino nei movimenti. Coincidenze o prove di un grande inganno?

                Fatto sta che ad Anchorage Putin si è mostrato energico e all’altezza della controparte americana, un Trump di 79 anni che ama vantarsi della propria salute di ferro. Ma il messaggio resta chiaro: al Cremlino la biologia del leader è materia di sicurezza nazionale. Al punto che persino la toilette diventa questione di Stato.

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