Politica
Tra bugie, mezze verità e decreti in sospeso: il Capodanno politico si accende con il caso Boccia e l’ex ministro Sangiuliano
Un documento firmato dall’ex ministro Sangiuliano dimostra la nomina di Maria Rosaria Boccia a Consigliera per i grandi eventi. Una firma che sbugiarda le dichiarazioni pubbliche del politico e mette in difficoltà la Premier Meloni, che aveva garantito sulla buona fede del suo uomo. La storia, tra accuse di favoritismi e dubbi legali, chiude il 2024 con uno scandalo destinato a far discutere anche nel nuovo anno.

Ecco la bomba di Capodanno, e non poteva che essere un’esplosione di carte bollate e colpi di scena degni di un thriller politico. Il caso che ha infiammato l’Italia negli ultimi mesi, quello della presunta nomina di Maria Rosaria Boccia a Consigliera del Ministero della Cultura, trova un nuovo capitolo con un documento che sembra sbugiardare l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e, di riflesso, persino Giorgia Meloni, che in questa vicenda aveva messo la mano sul fuoco a favore del suo ministro. Un Capodanno, insomma, che ha chiuso il 2024 con più botti del previsto.
La vicenda parte da lontano, con accuse, mezze verità, interviste imbarazzate e, soprattutto, negazioni pubbliche da parte di Sangiuliano, che si era sempre difeso minimizzando. “Mi era venuta l’idea di nominarla, ma poi non l’ho fatto”, aveva dichiarato. Eppure, nelle ultime ore, è emerso un decreto firmato dallo stesso Sangiuliano il primo agosto 2024, che attesta nero su bianco la nomina di Maria Rosaria Boccia come Consigliera per i grandi eventi. Un ruolo, a detta dello stesso documento, svolto a titolo gratuito. Ah, le coincidenze burocratiche.
La carta incriminata, un trionfo di legalese e formalità, recita: “La dottoressa Maria Rosaria Boccia è chiamata a collaborare con il ministro in qualità di Consigliera per i grandi eventi. Nell’ambito di tale incarico collaborerà altresì con l’Ufficio stampa e con gli altri uffici di diretta collaborazione del ministro, con riferimento, in particolare, al settore dei grandi eventi.” Una descrizione che, per quanto pomposa, non sembra lasciare spazio a fraintendimenti: la nomina c’era, eccome.
Il decreto specifica anche i dettagli temporali: “L’incarico decorre dalla data del presente decreto sino al termine del mandato governativo del ministro, ferma restando la possibilità di revoca anticipata disposta dal ministro per cessazione del rapporto fiduciario o di recesso.” Tradotto in parole povere, Boccia sarebbe stata al fianco di Sangiuliano fino alla fine del suo mandato, salvo ripensamenti. E sì, la firma c’è. Quella di Sangiuliano, in calce al documento, è chiara, netta e inequivocabile.
Ma, come ogni buon giallo politico, c’è un colpo di scena. Perché, se è vero che il decreto è stato firmato, manca un passaggio cruciale: l’invio ai “competenti organi di controllo”, passaggio necessario per rendere la nomina pienamente valida. Una dimenticanza, un errore o un furbo modo di lasciare tutto in sospeso? Fatto sta che il decreto rimane un documento a metà, una sorta di “vorrei ma non posso” della burocrazia italiana.
La storia, però, non si esaurisce qui. Perché se da un lato c’è la carta che parla chiaro, dall’altro c’è la memoria corta. Giorgia Meloni, difendendo pubblicamente Sangiuliano nei mesi passati, aveva definito le accuse sulla nomina come infondate, garantendo sulla buona fede del suo ministro. Un investimento politico che oggi appare piuttosto traballante, visto che quel decreto firmato mette in dubbio la versione ufficiale del governo.
E Maria Rosaria Boccia? Da imprenditrice di Pompei a protagonista involontaria di una saga politica, la sua figura è diventata il simbolo di una gestione ministeriale che sembra un misto tra commedia e tragedia. La sua nomina, ufficiale ma non valida, ha sollevato critiche non solo sull’opportunità del ruolo, ma anche sul rapporto tra Boccia e Sangiuliano, con accuse di favoritismi e scelte poco trasparenti.
E ora? La politica italiana si conferma un terreno fertile per gli scandali e le rivelazioni dell’ultimo minuto. Con il 2025 alle porte, il caso Sangiuliano-Boccia promette di non essere archiviato tanto facilmente. I partiti di opposizione hanno già colto la palla al balzo, chiedendo spiegazioni e dimissioni simboliche, mentre il governo cerca di minimizzare l’accaduto con la solita diplomazia d’ordinanza.
Resta da vedere se ci saranno ulteriori sviluppi legali o se questa storia sarà destinata a finire nel grande archivio degli scandali italiani, dove ogni caso, alla fine, diventa un aneddoto da raccontare sotto l’albero di Natale. Il caso Boccia-Sangiuliano è un promemoria di come la politica riesca sempre a intrecciare il sublime e il grottesco. Un decreto che non vale, una nomina che non c’è, eppure resta tutto lì, sotto i riflettori, a metà strada tra la farsa e il dramma. Il 2025 è appena iniziato, ma i colpi di scena sono già serviti. Auguri!
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Politica
Matteo Salvini compra casa a Roma: nuovo appartamento mentre cresce l’attesa per le nozze con Francesca
La coppia, insieme dal 2019, convive già a Roma ma continua a smentire nozze imminenti. Intanto Francesca, 32 anni, produttrice cinematografica e social media manager, resta la presenza più costante nella vita del ministro. Salvini, dopo la rottura con Elisa Isoardi, ha trovato stabilità e complicità al suo fianco.

Un appartamento nuovo, in una delle zone più prestigiose di Roma, a pochi passi dalla Farnesina. Matteo Salvini ha scelto di investire nella Capitale, segno che la sua vita privata e politica continua a gravitare intorno alla città. Con lui, come sempre, c’è Francesca Verdini, la compagna che dal 2019 è al suo fianco e che molti vedono già in abito bianco, nonostante le continue smentite del ministro su un matrimonio imminente.
Francesca Verdini, nata a Firenze il 27 luglio 1992, è la figlia dell’ex parlamentare Denis Verdini e di Simonetta Fossombroni. Cresciuta soprattutto con il padre, ha due fratelli più grandi, Tommaso e Diletta. A 18 anni si è trasferita a Roma per studiare alla Luiss, dove si è laureata in Economia e Direzione di Imprese. Proprio il giorno della laurea aveva dedicato parole sentite ai genitori, agli amici e a Matteo: «Sono stati i fari, i remi e la nave nel mio maremoto».
Il sogno di Francesca è sempre stato il cinema: nel 2017 ha fondato la società di produzione La Casa Rossa, di cui detiene il 95%. Parallelamente lavora a Mediaset come social media manager di Forum, continuando a muoversi tra televisione e cinema.
L’incontro con Salvini, allora vicepremier nel governo gialloverde, è avvenuto poco dopo la rottura del leader leghista con Elisa Isoardi. Da quel momento la relazione è diventata stabile: Francesca ha costruito un rapporto sereno anche con i figli del compagno e la coppia è apparsa spesso insieme in pubblico, senza mai nascondersi.
Il nuovo appartamento romano si aggiunge alle tappe di un percorso di coppia che ha resistito agli scandali politici e familiari. Il fratello di Francesca, Tommaso, è stato coinvolto nell’inchiesta Anas e ha patteggiato due anni per le vicende legate alle commesse pubbliche, ma lei ha sempre preferito restare lontana dalle polemiche. Oggi la figlia di Denis Verdini è la presenza discreta e costante accanto al ministro, tra un impegno politico e un set cinematografico. Le nozze, per ora, restano un’ipotesi. Ma l’acquisto della nuova casa conferma che la coppia guarda avanti.
Politica
Scatti hard, ricatti e massoneria: il caso Cocci scuote Fratelli d’Italia a Prato e rischia di travolgere le Regionali toscane
La Procura di Prato indaga da cinque mesi. Cocci ammette la foto inviata in chat e conferma il ruolo di segretario della loggia Sagittario, la stessa finita nell’inchiesta che ha portato alle dimissioni dell’ex sindaca Bugetti. Il Pd attacca: «Perché ha taciuto sulla sua affiliazione?»

Una vicenda di ricatti, scatti hard e massoneria rischia di far saltare i piani del centrodestra toscano in vista delle Regionali di ottobre. Al centro c’è Tommaso Cocci, 34 anni, avvocato e fratello dell’attore Marco, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale a Prato fino al commissariamento di giugno. Doveva essere uno dei nomi forti della lista meloniana, ma ora la sua candidatura è appesa alle indagini della Procura.
Tutto inizia a gennaio, con un adescamento online. Una foto privata inviata in chat viene usata come arma di ricatto: «Se ti candidi ti distruggiamo la vita», recitano le lettere anonime arrivate nelle settimane successive. Oltre all’immagine, sono state fatte circolare accuse pesanti: droga, comportamenti sessuali e legami con la massoneria. A marzo la segnalazione arriva ai pm, guidati dal procuratore Luca Tescaroli, che aprono un fascicolo per revenge porn ed estorsione.
Cocci ha denunciato pubblicamente la trappola: «Un caso di revenge porn all’interno di un tentativo di estorsione». In un video sui social ha accusato gli autori di aver orchestrato «un’infamia che spinge le persone a gesti estremi». L’ombra del movente politico, interno allo stesso partito, resta sul tavolo: «Sospetto che ci sia la mano di un collega in competizione per le Regionali», avrebbe confidato agli inquirenti.
Ma il caso si intreccia con un’altra vicenda che ha travolto la politica pratese: l’inchiesta della Dda fiorentina che a giugno ha portato alle dimissioni della sindaca Pd Ilaria Bugetti, accusata di corruzione. In entrambe le storie compare la loggia Sagittario, storicamente legata a Riccardo Matteini Bresci, imprenditore tessile e grande elettore locale, indagato per aver promesso pacchetti di voti. Cocci ammette di essere stato segretario della loggia, salvo precisare di essersi «messo in sonno» proprio a giugno.

Il cortocircuito politico è evidente: FdI aveva usato per mesi l’arma della “questione massonica” contro il Pd, e ora si ritrova con il suo uomo di punta nella stessa rete di sospetti. Il Partito Democratico ha colto l’occasione per passare al contrattacco. «Perché Cocci non ha dichiarato subito la sua appartenenza alla loggia? – attacca il segretario provinciale Marco Biagioni – E se Fratelli d’Italia lo sapeva, perché ha coperto la notizia?».
Intanto, la decisione sul futuro politico di Cocci è rimandata ai prossimi giorni. Il responsabile organizzativo FdI Giovanni Donzelli e la deputata pratese Chiara La Porta valutano se confermare la sua candidatura o puntare su un altro nome. Sullo sfondo resta un’inchiesta giudiziaria che promette di gettare nuove ombre su un voto già avvelenato.
Politica
Meloni torna social dopo il silenzio d’agosto: selfie con cappellino patriottico e occhiali neri, parte la campagna per le Regionali
Occhiali da sole, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861” e un mezzo sorriso: Giorgia Meloni riaccende Facebook, Instagram e TikTok. Finite le ferie, comincia la maratona verso le Regionali di ottobre, dove il centrodestra rischia più di una scoppola.

Ferragosto con la figlia Ginevra, poi il silenzio. Nessuna foto di mare, nessuna passeggiata estiva, zero contenuti extra. Giorgia Meloni ha spento la macchina social per oltre due settimane, limitandosi alle uscite istituzionali. Ma adesso, con settembre alle porte e le Regionali in arrivo, la premier ha deciso che è tempo di riaccendere i motori della sua comunicazione digitale.

Il ritorno avviene con un selfie. Occhiali scuri a coprire lo sguardo, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861”, lo stesso anno dell’Unità del Paese, e l’immancabile mezzo sorriso studiato a metà tra il familiare e il rassicurante. Non un discorso, non un proclama: una foto asciutta, senza fronzoli, il primo post “non istituzionale” dalla metà di agosto.
A Palazzo Chigi la chiamano “bestia in formato Meloni”, prendendo in prestito il termine che rese celebre la macchina social della Lega. In realtà, la premier ha costruito un suo modello: meno aggressivo di quello salviniano, ma capace di mescolare linguaggio diretto, immagini familiari e rimandi identitari. Un mix che, nelle ultime campagne elettorali, ha garantito risultati solidi.
Ora, però, la sfida è più delicata. Ottobre porta in dote una tornata di Regionali che rischiano di trasformarsi in un boomerang. Alcuni sondaggi interni segnalano il rischio di cadute pesanti in zone considerate roccaforti, e i malumori nella coalizione non mancano. Da qui la necessità di occupare ogni spazio mediatico: televisione, stampa e, soprattutto, i social.
Il messaggio del selfie è semplice: ci sono, riparto da qui. Con l’aggiunta del cappellino patriottico a ricordare le radici del partito e a strizzare l’occhio all’elettorato più fedele. Un simbolo da merchandising politico, buono per parlare tanto ai follower su Instagram quanto agli elettori di provincia che scrollano TikTok.
Le vacanze sono finite, la tregua digitale pure. Meloni sa che ogni voto passa anche da uno scatto studiato e che, in un’epoca in cui il consenso si misura a colpi di like, la vera campagna si combatte a colpi di stories e reel.
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