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Storie vere

Dal tumore al triathlon: la storia di Michelle che ha deciso di non arrendersi

Le era stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide, che le concedeva pochi anni di vita. Ma a 37 anni Michelle ha deciso che voleva continuare a vivere accanto alle sue bimbe e si è messa a correre…

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    Michelle Hughes, una giovane mamma di tre figli, aveva ricevuto una diagnosi devastante: tumori inoperabili ai polmoni e 15 cisti al fegato. I medici le avevano dato tre anni di vita. Ha pensavo che la sua vita fosse finita, come avremo fatto tutti. E invece no. La vita che è in noi è più forte di ogni malattia maligna. E così Michelle ci ha pensato su e ha deciso di vivere!. Ancora e ancora e ancora…Finché potrà. Ma cosa le ha dato la voglia di vivere? Oltre all’amore per i suoi figli al momento giusto è arrivata una nuova passione che le ha dato la forza di rinascere.

    Il cancro non mi può definire

    Oggi Michelle sogna di diventare un’atleta e di partecipare al triathlon, nonostante non avesse mai nuotato né pedalato prima. Questa sfida le ha regalato una nuova prospettiva: “Il cancro non mi definisce“.

    La lunga marcia di di Michelle

    A 34 anni, poco dopo la nascita del suo terzo figlio, Michelle è collassata a casa. La diagnosi è stata immediata e crudele: tumori ai polmoni e cisti al fegato, tutte inoperabili. Le restavano solo tre anni di vita. E’ naturale che all’inizio la disperazione ha preso il sopravvento. “Avevo perso tutto quello che avevo immaginato per la mia famiglia“, ha detto raccontando la sua storia. Ma poi un sogno l’ha spinta a reagire. Ha deciso di intraprendere un percorso per diventare nientepopodimenoche un triatleta, anche se non aveva mai praticato corsa, nuoto o ciclismo.

    Numerose gare… ma la più simbolica dall’ospedale alla sua casa estiva

    Da allora, Michelle ha partecipato a 12 eventi podistici, inclusa una mezza maratona. Ad agosto, ha completato un mezzo triathlon, ripercorrendo il tragitto dall’ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Quest’impresa è stata anche trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: “Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane quando l’oncologo mi disse che mi restavano tre anni. Le mie figlie avevano solo cinque e due anni all’epoca“.

    Una nuova prospettiva per Michelle

    La consapevolezza del tempo limitato l’ha spinta a vivere intensamente: “Non capivo“, dice “che la mia vita stava appena iniziando. Il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri mi ha insegnato a non stare ad aspettare la morte “. Michelle ha un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che colpisce le cellule dei vasi sanguigni. Nonostante la prognosi, oggi che ha 37 anni ha realizzato il suo sogno e Michelle lancia un messaggio diremmo universale: “A tutti coloro che lottano contro il cancro, ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Ora sono una triatleta“.

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      Proposta indecente al prete: “Dieci milioni se vai nudo sul giornale”

      «Offerta milionaria per farmi posare nudo nonostante fossi un prete»: la rivelazione di padre Apeles. Il sacerdote era una star della tv spagnola anni Novanta

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        Padre José Apeles, al culmine del successo televisivo, ha fatto una rivelazione esplosiva durante una recente intervista a Ricard Ustrell nel programma TV3 ‘Col·lapse’. L’ex conduttore del talk show “Moros y Cristianos” su Telecinco ha svelato di aver ricevuto un’offerta indecente da parte della rivista Interviú: dieci milioni di pesetas (equivalenti a circa 60mila euro) per posare nudo!

        L’idea di vedere un prete in tutta la sua gloria è stata evidentemente troppo allettante per alcuni, ma padre Apeles ha rifiutato categoricamente questa proposta bizzarra. Nonostante il suo passato da star televisiva degli anni Novanta, ha preferito mantenere la sua integrità e la sua dignità, lasciando al pubblico solo il mistero di ciò che avrebbe potuto essere.

        Oggi, padre Apeles vive a Roma e ha intrapreso una carriera molto diversa, lavorando come ricercatore nell’archivio storico della Chiesa. Un cambio di direzione sorprendente per chi un tempo era noto per i suoi commenti taglienti e controversi sul piccolo schermo.

        Chi è padre Apeles? Un tempo celebre conduttore televisivo, noto per il suo stile ironico e le sue battute pungenti durante il programma “Moros y Cristianos”. Tuttavia, il suo status di prete è stato messo in discussione dalla Conferenza episcopale spagnola nel 1997, che ha smentito la sua appartenenza a qualsiasi diocesi o istituto religioso spagnolo. Nonostante ciò, padre Apeles ha mantenuto il suo ruolo di sacerdote, diventando una figura famosa in tutta la Spagna.

        Ma il successo televisivo ha avuto il suo costo. Sommerso dalle polemiche e colpito da depressione, padre Apeles ha deciso di abbandonare il mondo della televisione, spendendo i suoi guadagni in viaggi e libri, e affrontando un periodo oscuro segnato dall’uso di sonniferi mescolati col whiskey per affrontare la vita. Fortunatamente, con l’aiuto di un professionista, è riuscito a superare questa fase difficile e a ritrovare la sua serenità.

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          “Sei sporca, brutta e grassa”: 12enne bullizzata in classe, la scuola condannata a risarcire 60mila euro

          Una 12enne di Pescara è stata vittima di bullismo per mesi, senza che la scuola intervenisse tempestivamente. Gli insulti e le vessazioni subiti l’hanno costretta a cambiare scuola e hanno causato gravi danni psicologici. Dopo otto anni di battaglie legali, la Corte d’appello dell’Aquila ha condannato l’istituto a risarcire la ragazza e la sua famiglia con 60mila euro, criticando duramente l’indolenza della scuola nel proteggere la studentessa.

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            La storia di una 12enne bullizzata nella sua scuola media di Pescara fa ancora parlare. Offese, insulti e vessazioni quotidiane l’hanno costretta a vivere un incubo durato mesi, senza che la scuola intervenisse tempestivamente. La bambina, oggi 23enne, ha finalmente ottenuto giustizia: la Corte d’appello dell’Aquila ha condannato l’istituto a risarcire lei e la sua famiglia con 60mila euro per non aver preso provvedimenti adeguati contro il bullo.

            Un incubo lungo otto anni

            “Tu sei una ragazza sporca, come tua madre, fai cose sporche, sei una p… Sei brutta, grassa, guardati”. Queste le parole che risuonavano nella mente della 12enne ogni giorno. Le offese e le umiliazioni arrivavano dal suo coetaneo, compagno di classe, che la perseguitava continuamente. La scuola, invece di intervenire immediatamente, ha lasciato che la situazione degenerasse.

            La lenta risposta della scuola

            La scuola ha sospeso il bullo solo per una settimana, una misura ritenuta insufficiente dai giudici. Le testimonianze dei compagni di classe hanno evidenziato l’indifferenza del corpo docente e la mancanza di interventi adeguati. “I professori sapevano che la mia amica era bullizzata e non hanno mai rimproverato quel ragazzo,” ha dichiarato una compagna di classe. Questa indifferenza ha portato la bambina a perdere 20 chili, a cambiare scuola e a perdere l’anno scolastico.

            La sentenza e le critiche alla scuola

            La Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la condanna della scuola, sottolineando l’obbligo di vigilanza e protezione degli studenti. “Il compito della scuola era quello di tutelare la minore, adempiendo all’obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo e non intervenire in un momento successivo,” hanno scritto i giudici nella sentenza.

            Un lungo cammino verso la giustizia

            Otto anni di udienze e sofferenze ripercorse in tribunale hanno finalmente portato giustizia alla ragazza e alla sua famiglia. Il risarcimento di 60mila euro è solo un parziale sollievo per il dolore subito, ma rappresenta un importante riconoscimento della responsabilità della scuola. La giovane, ora 23enne, ha ripreso in mano la sua vita grazie a cure e sostegno psicologico, ma le ferite lasciate dal bullismo e dall’indifferenza della scuola rimarranno per sempre.

            Una lezione amara

            Questa vicenda evidenzia la necessità di un intervento immediato e deciso contro il bullismo nelle scuole. Le istituzioni educative hanno il dovere di proteggere i loro studenti e di creare un ambiente sicuro e supportivo. Speriamo che questa sentenza serva da monito affinché nessun altro bambino debba soffrire come la giovane di Pescara.

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              Casa inagibile per i lavori dei vicini: Walter, malato e senza un tetto, chiede aiuto

              I vicini fanno i lavori e la sua casa diventa inagibile. Un uomo di 53 anni, gravemente malato, non sa dove andare a vivere con la moglie.

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                Ma povero signor Walter…la sua vita è stata stravolta dai lavori di ristrutturazione nell’appartamento sottostante alla sua abitazione. Questo episodio è successo ad Ancona e ha coinvolto il signor Walter Dominici, 53 anni, invalido civile al 55% per una grave cardiopatia. Un un contratto di lavoro precario, una moglie e due cani di grossa taglia a carico, Walter oggi si trova ora senza un luogo dove vivere stabilmente. Ma coa è successo? Perché si trova n questa situazione così precaria e instabile?

                I fatti: da casa sicura a incubo quotidiano

                Walter viveva in un appartamento al terzo piano di un antico palazzo a Montesicuro, quando, a novembre, i proprietari dell’appartamento al piano di sotto hanno avviato importanti lavori di ristrutturazione. Walter in alcuni momenti della giprnata sentiva traballare le mura di casa sua come se ci fossero delle piccole scosse di terremoto. “Un giorno ho sentito rumori così forti che tremava tutta la casa,” racconta. Dopo aver scoperto che erano stati abbattuti muri portanti, Walter ha subito avvisato i proprietari, che lo hanno rassicurato dicendo che avrebbero verificato con l’ingegnere. Ma da quel girno la situazione è rapidamente peggiorata. Il pavimento del suo appartamento ha iniziato a cedere. Temendo per la sicurezza, Walter ha chiamato i Vigili del Fuoco, i quali, dopo un controllo, hanno dichiarato l’intero appartamento inagibile. “Non mi aspettavo che ci costringessero a lasciare subito casa,” ricorda oggi Walter.

                E il Comune come ha trattato Walter?

                Nonostante l’emergenza abitativa, il Comune di Ancona ha comunicato che tutti gli alloggi d’emergenza erano occupati. La prima notte, Walter e la moglie sono stati costretti a dormire in un hotel vicino alla stazione, ma la mattina successiva hanno ricevuto una doccia fredda. Ovvero? “All’ufficio di Promozione Sociale mi hanno detto che non potevano fare nulla perché ho un lavoro e non ho figli minori a carico.” Le alternative proposte non erano accettabili: i figli vivono lontano, e un eventuale ricovero per senzatetto avrebbe separato la coppia, con Walter ad Ancona e la moglie a Jesi o Falconara. “Non potevo accettare di essere separato da mia moglie e dai nostri cani. Siamo una famiglia.” E ha ragione… Quindi?

                La situazione attuale? Un fragile equilibrio

                Quindi ora Walter e la moglie vivono in un albergo a Osimo Stazione, grazie ai risparmi personali. Nel frattempo, sono riusciti a trovare una casa in affitto temporaneo a Numana, dove si trasferiranno nei prossimi giorni. Tuttavia, questa soluzione è solo provvisoria. “A maggio dovremo lasciare la casa. Non so cosa fare dopo,” spiega Walter, che spera di trovare un’abitazione a canone agevolato. Comunque sul lato pratico finora, Walter non ha ricevuto aiuti concreti dalle istituzioni, nonostante i ripetuti appelli. La comunità locale non sembra aver mobilitato risorse per sostenere la sua situazione. “Mi sento abbandonato,” dichiara. La speranza è che, come accaduto in altri casi simili, venga trovata una soluzione d’urgenza, magari attraverso fondi comunali per situazioni di emergenza o un intervento delle associazioni di volontariato. “Ho bisogno di aiuto, di una casa temporanea dove poter stare finché non sistemano la mia. Non voglio mollare, ma non posso farcela da solo.”

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