Storie vere
Drogava la moglie e la faceva violentare da altri uomini, a processo marito per stupro aggravato
Dominique P., un uomo apparentemente rispettabile, orchestrava orrori nel piccolo comune di Mazan. La moglie, drogata e abusata per anni, non sarà presente al processo. Coinvolti oltre 50 uomini, tra cui guardie, consiglieri comunali e militari, tutti accusati di stupro aggravato.
Inizia oggi ad Avignone, il processo per uno dei casi di stupro più sconvolgenti degli ultimi anni in Francia. Cinquantuno imputati, tra cui il principale accusato Dominique P., dovranno rispondere delle violenze inflitte a una donna tra il 2011 e il 2020. Dominique P., un pensionato di oltre 70 anni, è accusato di aver drogato sua moglie e di averla consegnata priva di sensi a decine di uomini per essere violentata.
Un padre esemplare con un oscuro segreto
Dominique P. era conosciuto nel piccolo comune di Mazan, nel Vaucluse, come un uomo apparentemente normale, se non addirittura un padre esemplare. La figlia, in un’intervista a Le Figaro, ha raccontato: «Non ho avuto un padre violento. Era molto presente. Eravamo una famiglia unita. Nella società si mostrava come un padre esemplare, presente, preoccupato per i suoi figli. Non aveva un briciolo di perversione. Gli esperti psichiatrici che lo hanno analizzato di recente dicono che mostra una tendenza al voyeurismo, ma per noi non ci sono stati segnali di allarme».
La famiglia di Dominique è stata sconvolta dalla scoperta, avvenuta nel 2020, delle azioni atroci dell’uomo. Nel computer del pensionato sono state trovate numerose foto incriminanti, tra cui immagini della moglie priva di sensi. La figlia ha espresso la sua angoscia: «Sono stato vittima della sottomissione chimica, questo è certo. Per il resto, non saprò mai la verità».
Un passato già segnato da comportamenti deviati
Già nel 2010, Dominique P. era stato arrestato per un episodio di voyeurismo, quando era stato sorpreso a riprendere con una videocamera sotto le gonne di alcune donne in un supermercato. Tuttavia, nessuno avrebbe potuto immaginare la portata dei crimini che avrebbe orchestrato negli anni successivi.
Il processo e gli imputati
Il processo che si svolgerà fino al 13 dicembre presso la Corte di Avignone vede coinvolti, oltre a Dominique P., 50 complici, tutti accusati di stupro aggravato. Gli uomini, di età compresa tra 26 e 73 anni, provengono dalla stessa regione francese e svolgono varie professioni, tra cui guardie, consiglieri comunali, pompieri e militari. Molti di loro avevano già precedenti per violenza domestica o stupro.
Gli investigatori sono riusciti a risalire a questi uomini grazie ai contatti trovati nel computer di Dominique P. e alle foto incriminanti. Secondo il quotidiano Le Monde, tutti gli imputati sembravano “comuni”, senza nulla che potesse destare sospetti sulle loro attività criminali.
Un’assenza dolorosa
La vittima degli abusi, oggi 54enne, ha scelto di non presenziare al processo. La figlia ha dichiarato a Le Figaro che da quando è emersa la verità, non ha più rivolto la parola al padre. Il caso ha scosso profondamente la comunità di Mazan e l’intera Francia, portando alla luce un orrore nascosto per anni dietro la facciata di una vita apparentemente normale.
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Storie vere
Bibo, il re del kebab da 40 anni in Italia, trasforma il suo locale in un ristorante
L’egiziano 54enne Bahaa Ewis, detto Bibo, istituzione dello street food torinese diventa ristorante perché la gente è stufa di kebab.
Bahaa Ewis, meglio conosciuto come “Bibo“, è un’istituzione dello street food torinese. Nato 54 anni fa in Egitto, è arrivato a Torino nel 1984, quando aveva solo 14 anni. Quarto di sette figli, proveniva da una famiglia benestante, con un padre generale e un fratello che oggi è parlamentare. Ma la sua vivacità lo spinse a cercare nuove avventure in Italia, dove ha costruito un vero e proprio impero con il suo celebre Horas Kebab a San Salvario. Dopo 40 anni in Italia, Bibo annuncia una grande trasformazione: Horas diventerà un ristorante.
La gente è stufa del kebab
Perché cambiare? “La gente è stufa del kebab“, racconta Bibo, “dopo 25 anni e 250 kebab venduti al giorno, ho deciso di fare un salto di qualità”. Horas resterà anche fast-food, ma diventerà un ristorante di specialità egiziane, in un ambiente più curato.
Per Torino ormai è un’istituzione
Il nome Horas è ormai un brand conosciuto, anche sui social. Bibo ha deciso che sul muro del nuovo ristorante ci sarà la scritta “Benvenuti nel mio paese”. Bibo ha deciso anche di darsi un tono ed evitare alcune delle sue battute famose, come “ciao negro” o “ciao leghista”, che ha promesso di non usare più per evitare malintesi. “Era marketing per rompere il ghiaccio con i clienti, ma i tempi sono cambiati“, si schernisce oggi.
Un passato di sacrifici
Bibo ricorda con affetto i primi difficili anni in Italia. Arrivato a Torino senza conoscere la lingua, lavorava nei mercati generali per 5.000 lire al giorno. “Non capivo l’italiano e una signora mi cacciò dal suo mercato. Alla fermata del bus, ho aspettato quattro ore per incontrare un arabo che mi indicasse come tornare a Porta Nuova“, racconta. Dopo aver studiato la lingua Bibo ha lavorato come lavapiatti e si è fatto strada fino a diventare cuoco, imparando le ricette osservando i suoi colleghi.
… quando un giorno arriva Luciano Moggi
Uno dei momenti chiave della sua carriera è stato l’acquisto del locale in via Berthollet, dove si trovava il primo kebab del Piemonte. “Luciano Moggi mi ha fatto da garante per comprare il negozio”, racconta Bibo. Da qual momento il successo è stato travolgente, con clienti famosi come il calciatore juventino Zidane, che amava il suo risotto con zucchine, gamberi, zafferano e succo d’arancia.
Dalla strada al ristorante
Nonostante il successo Bibo ricorda che la sua vita non è stata priva di difficoltà. Come il pizzo che una sera dei balordi hanno iniziato a chiedergli “ma un amico poliziotto seduto lì vicino è intervenuto“. In un altro episodio, alcuni marocchini stavano pianificando di rapinarlo, ma un connazionale ha preso le sue difese: “Bibo mi ha aiutato quando sono arrivato in Italia, vedetevela con me“.
Il suo impegno per l’integrazione
Bibo ha sempre aiutato chiunque ne avesse bisogno, italiani e stranieri. Per lui, un immigrato deve essere ambasciatore del proprio Paese e diffondere la sua cultura. “Le persone razziste esistono in tutto il mondo. La scuola e la cultura possono fare la differenza”, dice. E a questo proposito in merito al dibattito sullo ius scholae lui che è diventato cittadino italiano 15 anni fa, ha le idee molto chiare. “Chi nasce e cresce qui è italiano. La politica non vuole il cambiamento, altrimenti avrebbero già fatto una legge. Gli europei vogliono divertirsi e non fanno più figli. È indispensabile una legge che riconosca l’attuale realtà, lo stato delle cose“. La sua cittadinanza l’ha attesa quasi nove anni perché nel suo fascicolo avevano scritto che ero un salafita. Io, dice ridendo, “al massimo sono un “terrorista” della cucina“.
Storie vere
Vince una casa in un borgo toscano disegnando un murales capace di stupire
L’artista romano, Stefano Lucà, ha vinto il concorso di Castelnuovo Val di Cecina con un trompe l’oeil che racconta la bottega artigiana di un artista.
Ha deciso di partecipare all’evento, Imago in Villa, che ha visto sfidarsi numerosi artisti provenienti da tutto il mondo nella creazione di murales, con la tecnica del trompe l’oeil. La manifestazione è stata organizzata dal comune di Castelnuovo Val di Cecina, un borgo medioevale appoggiato in angolo incantato della Toscana che ha trasformato le sue mura in un museo a cielo aperto. Ad aggiudicarsi il primo premio messo in palio dal concorso è stata l’opera I confini dell’Arte dell’artista romano Stefano Lucà. Ora vorreste sapere in che cosa consisteva il primo premio… Si trattava di un appartamento proprio nel centro del borgo.
Un premio davvero speciale
Il murale di Lucà, che rappresenta una bottega artigiana dove uno scultore e il suo assistente lavorano sotto lo sguardo sognante di una ragazza dietro una finestra, è un riuscito esempio di trompe l’oeil, che riesce a creare l’illusione di una scena reale. Questo capolavoro ha conquistato sia la giuria tecnica, presieduta da Sylvain Bellenger, sia quella popolare. Lucà ha però deciso di cedere il premio della giuria popolare alla seconda classificata, Daniela Benedini, autrice dell’opera Fiori di ciliegio, ispirata alle Grazie di Botticelli.
La tecnica trompe l’oeil ha trasformato il borgo in una galleria d’arte a cielo aperto
Rimasto affascinato dall’autenticità di Castelnuovo Val di Cecina l’artista romano ha deciso di utilizzare la casa vinta come rifugio dalla frenesia di Roma. “Non ho mai visto un posto così autentico“, ha commentato, aggiungendo che il borgo sarà per lui un luogo dove dedicarsi alla pittura in tranquillità. L’artista ha approfittato del momento di celebrità per sollevare una riflessione sul confine tra arte e artigianato. Ha invitato chi osserva il suo murale a porsi la domanda: “È possibile definire artista un artigiano?” Due forme di espressione che per Lucà è minima, se non inesistente.
Il decoro borghigiano abbellito dalle opere degli artisti
Oltre a Lucà, altri artisti hanno contribuito a decorare le strade del borgo con opere che sembrano raccontare storie segrete. Dalla giovane con l’orecchino di pietra alla ragazza che sogna la bellezza della vita toscana, dalle due pecorelle affacciate a una porta fino a un giardino con fontana. Tra gli atri hanno esposto gli artisti Riccardo Isacchini, Tommaso Carozzi, Mirco della Secchia che hanno donato a Castelnuovo Val di Cecina una nuova veste, trasformandolo in una vera e propria galleria d’arte.
Storie vere
Da quando è nata sua figlia Leonardo, negoziante di Procida, resta chiuso
Leonardo Pugliese giornalista del TgProcida gestisce insieme alla famiglia un negozio di souvenir. Diventato padre ha deciso di dedicare più tempo alla sua piccola. Per questo ha affisso un cartello in cui spiega i motivi delle sue assenze.
A Procida, durante l’alta stagione turistica, un gesto inusuale ha attirato l’attenzione di residenti e visitatori. Leonardo Pugliese, proprietario di un negozio sull’isola e giornalista per TgProcida, ha deciso di chiudere l’attività in diverse occasioni per dedicare più tempo alla sua figlia neonata, Michela. Sulla serranda del negozio che vende souvenir, Pugliese ha affisso un cartello che recita: “Scusate la chiusura, dedico più tempo alla mia principessina“. Questo semplice messaggio, scritto con pennarello viola e rosa, ha commosso molti e ha rapidamente fatto il giro dei social, diventando virale.
A Procida una saracinesca abbassata in agosto si fa notare
Il gesto di Leonardo va contro corrente rispetto al nuovo contesto economico dell’isola che vede un turismo ormai frenetico durante tutte le ore del giorno e della notte abituato ad avere tutti i comfort e i servizi a portata di mano. Nonostante la grande affluenza di turisti e le opportunità economiche legate al turismo, Leonardo ha deciso di mettere al primo posto la famiglia,
La priorità? La decide la piccola MIchela
Pugliese ha spiegato che la decisione di dare priorità alla famiglia è nata dal desiderio di trascorrere più tempo con sua figlia, specialmente perché la compagna lavora a Ischia come insegnante e lui si occupa prevalentemente della bambina. Nonostante il ritmo frenetico imposto dal turismo sull’isola, Pugliese ha scelto di privilegiare i momenti con la sua famiglia, dimostrando, come spesso accade in questi casi, che il tempo passato con i propri cari è più prezioso di qualsiasi guadagno economico.
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