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Curiosità

Cosa conteneva la mummia del gatto egizio?

La mummia di gatto di Rennes offre uno sguardo affascinante sulla cultura e le pratiche religiose dell’antico Egitto. La creazione di una copia in resina dell’interno della mummia, ora esposta accanto all’originale nel museo, permette ai visitatori di apprezzare questa scoperta unica e di riflettere sui molteplici significati delle mummie animali nella storia egizia.

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    Un team di ricercatori francesi ha scannerizzato e digitalizzato una mummia di gatto conservata al Museo di Belle Arti di Rennes, scoprendo qualcosa di inaspettato al suo interno. Invece del corpo di un singolo gatto mummificato, la mummia conteneva resti ossei di diversi felini e un gomitolo di filo che fungeva da testa. Questa scoperta ha sorpreso molti, inclusi gli esperti del settore.

    Che tecnica hanno utilizzato i ricercatori

    La mummia, originariamente catalogata dal Museo del Louvre nel 1923 per educare il pubblico sulla civiltà faraonica, è stata sottoposta a scansione 3D grazie a una collaborazione tra l’Université de Rennes 1 e il Research Institute of Computer Science and Random Systems. Questo ha permesso ai ricercatori di “aprire” virtualmente la mummia e analizzare il suo contenuto senza danneggiarla fisicamente.

    Un “pupazzo” di resti ossei

    All’interno della mummia, i ricercatori hanno trovato ossa di tre diversi felini, anche se non è stato possibile determinare se si trattasse di gatti domestici, selvatici o altri tipi di felini. Ma c’è di più. Là dove si sarebbero aspettati di ritrovare il cranio del gatto, i ricercatori hanno trovato anche un gomitolo di filo. Che significato potrebbe avere?

    Un messaggio per la Dea

    Divina Centore, egittologa del Museo Egizio di Torino, ha spiegato che non è raro trovare mummie di animali incomplete o riempite con materiali diversi. Questo tipo di mummie poteva avere vari significati, come doni per le divinità o rappresentazioni simboliche. La mummia di gatto a Rennes potrebbe essere stata un “messaggero per una divinità“, forse la Dea Bastet, simbolo della vita, dell’amore e della grazia.

    La speculazione delle mummie “contraffatte”

    La dottoressa Centore ha citato altri esempi di mummie animali che contenevano solo parti del corpo o erano realizzate con materiali riciclati. Ad esempio, una mummia di coccodrillo conteneva un piccolo esemplare all’interno, mentre altre pseudomummie erano create per essere vendute in età moderna, con contenuti e strutture riciclati da mummie precedenti.

    Cosa significa questa scoperta

    Questa scoperta ci dovrebbe fare riflettere su come i gatti e altri animali fossero trattati e venerati nell’antico Egitto. La presenza di un gomitolo di filo nella mummia di gatto di Rennes potrebbe indicare soluzioni economiche adottate dai fedeli che non potevano permettersi una mummificazione completa o un tentativo di soddisfare una domanda elevata di mummie animali.

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      Betty Boop e Topolino “liberi” dal 2026: cosa cambia davvero con l’ingresso nel pubblico dominio

      Un passaggio storico per la cultura pop: Betty Boop e Topolino entrano nel pubblico dominio con le loro prime rappresentazioni, insieme a opere di Agatha Christie, William Faulkner, classici del cinema e brani immortali. Ma attenzione: solo le versioni originali del 1930 sono realmente “libere”, mentre tutte le evoluzioni successive restano protette dal copyright. Gli esperti spiegano che è un passaggio fondamentale per la creatività e per la possibilità di reinventare il patrimonio culturale.

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        Dal 2026 una fetta importante dell’immaginario del Novecento diventa di pubblico dominio. È il momento di Betty Boop e di una nuova serie di cartoni di Topolino del 1930, che entrano ufficialmente tra le opere liberamente utilizzabili, aprendo scenari interessanti per il mondo dell’arte, dell’intrattenimento e della creatività. Insieme a loro, numerosi romanzi, film e brani musicali usciti in quell’anno, destinati a una nuova vita.

        Personaggi iconici, ma con molti paletti

        L’annuncio riguarda prima di tutto la celebre Betty Boop, simbolo della femminilità frizzante degli anni ruggenti, e nuove apparizioni del Topolino delle origini, quello ancora in bianco e nero, con il design essenziale dei primi corti animati. Entrano nel pubblico dominio anche altre figure legate al mondo Disney, come Rover, il cane che più tardi diventerà Pluto. Ma il punto cruciale è uno: si tratta esclusivamente delle versioni del 1930. Qualsiasi evoluzione grafica o narrativa successiva resta ancora protetta dal copyright.

        Un tesoro culturale che si riapre

        Insieme ai personaggi animati, diventeranno libere opere letterarie di primo piano come “Mentre morivo” di William Faulkner e “La morte nel villaggio” di Agatha Christie, oltre ai primi romanzi di Nancy Drew e classici per bambini come The Little Engine That Could. Anche il cinema riacquista pezzi di storia: tra i titoli in lista “Niente di nuovo sul fronte occidentale” del 1930 e “Animal Crackers” dei Fratelli Marx.

        Sul fronte sonoro, entrano nel dominio pubblico registrazioni del 1925 e composizioni del 1930, tra cui brani entrati nella leggenda: “Georgia on My Mind” e “Dream a Little Dream of Me”, insieme alle incisioni storiche di artisti come Bessie Smith e Marian Anderson.

        Perché è importante

        Gli esperti sottolineano che questo passaggio è vitale per la cultura contemporanea. Senza pubblico dominio non ci sarebbero rivisitazioni, reinterpretazioni, nuove opere ispirate a quelle del passato. La creatività si alimenta di ciò che è stato e ora scrittori, illustratori, registi e musicisti avranno uno spazio più ampio su cui lavorare, senza rischi legali e senza costi proibitivi.

        Resta comunque necessaria prudenza: ogni utilizzo dovrà rispettare i limiti temporali e le versioni davvero liberate, per evitare di confondere originali e reinterpretazioni successive, ancora coperte da copyright. Ma il mondo della cultura ha già iniziato a guardare a questo 1930 che torna improvvisamente attuale.

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          La casa dei Kennedy a Georgetown è in vendita: la storica residenza di John e Jackie sul mercato per 7,5 milioni di dollari

          Si chiama Marbury House la residenza di Georgetown dove John Fitzgerald Kennedy e Jacqueline Bouvier vissero prima di trasferirsi alla Casa Bianca. Oggi quella dimora carica di storia è sul mercato con Sotheby’s International Realty al prezzo di 7,5 milioni di dollari: eleganza, memoria e fascino di un’America che non esiste più.

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            Prima che diventasse un simbolo del potere mondiale, prima dell’aura quasi mitologica della Casa Bianca, c’era una casa. Ed era qui, nel cuore raffinato di Georgetown, il quartiere più elegante e storico di Washington. Marbury House è la residenza in cui John F. Kennedy e Jackie vissero una parte fondamentale della loro vita privata, quella in cui la coppia costruiva futuro, ambizioni politiche, vita familiare e immagine pubblica.

            Oggi quella townhouse torna protagonista della cronaca immobiliare perché Sotheby’s International Realty l’ha rimessa ufficialmente in vendita: prezzo richiesto, 7,5 milioni di dollari. Non solo un immobile di lusso, ma un frammento vivo di storia americana.

            Un indirizzo che profuma di storia

            Georgetown non è un quartiere qualsiasi: è il cuore aristocratico della capitale, tra strade di mattoni, facciate curate, giardini nascosti e dimore che raccontano decenni di politica e potere. Qui i Kennedy costruirono parte della loro immagine pubblica, in un contesto che allora rappresentava il centro pulsante della società colta, influente e mondana di Washington.

            Eleganza, fascino e atmosfera d’epoca

            Marbury House conserva il fascino delle grandi dimore storiche americane. Ambienti raffinati, saloni luminosi, finiture pregiate e un’eleganza sobria ma potente. Non una villa pomposa, ma una casa vissuta, pensata per ospitare incontri, conversazioni e momenti privati di una delle coppie più iconiche della storia contemporanea.

            Una casa che è anche un simbolo

            Comprare questa residenza significa acquistare molto più di spazi e metri quadrati. Significa entrare in contatto con un’epoca, con una narrazione, con il mito dei Kennedy. Significa portare in casa la memoria di un tempo in cui politica, glamour e cultura si intrecciavano in modo irripetibile. Non stupisce quindi che il mercato internazionale del lusso abbia subito acceso i riflettori sulla vendita.

            Questa non è semplicemente una casa di pregio: è un luogo che ha visto passare decisioni, emozioni, passaggi storici. Un pezzo di America in mattoni e legno, elegantemente custodito e oggi pronto a scrivere un nuovo capitolo, con un nuovo proprietario… ma senza perdere il suo mito.

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              Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo

              Il costume rosso bordato di bianco non è un’invenzione improvvisa né solo una trovata pubblicitaria. Dietro il Babbo Natale moderno c’è una lunga evoluzione culturale che attraversa secoli, Paesi e tradizioni diverse.

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              Babbo Natale, perché è rosso e bianco?
              Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo

                Ogni dicembre, puntuale come le luci nelle città, torna l’immagine rassicurante di Babbo Natale: barba candida, pancione, abito rosso acceso e cappello coordinato. Ma da dove arriva davvero questo personaggio? E soprattutto, perché è vestito proprio di rosso e bianco?

                Le origini di Babbo Natale affondano le radici nella figura storica di San Nicola di Myra, vescovo vissuto tra il III e il IV secolo nell’attuale Turchia. San Nicola era noto per la sua generosità verso i poveri e per l’attenzione ai bambini, qualità che nei secoli hanno alimentato racconti e leggende. In molte zone d’Europa, soprattutto nel Nord, la sua figura si è trasformata in Sinterklaas, protagonista delle festività invernali nei Paesi Bassi. Spesso rappresentato con abiti vescovili, lunghi mantelli e colori vivaci.

                Con le migrazioni europee verso il Nuovo Mondo, queste tradizioni arrivano anche negli Stati Uniti. È qui che, tra Ottocento e primo Novecento, Babbo Natale inizia ad assumere un aspetto più laico e fiabesco. Un ruolo fondamentale lo ebbero le illustrazioni del disegnatore Thomas Nast. Che a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento lo raffigurò come un uomo anziano, robusto e sorridente, già vestito con abiti invernali e colori caldi, spesso vicini al rosso.

                Il passaggio decisivo avviene però nel Novecento, quando l’immagine di Babbo Natale viene fissata nell’immaginario collettivo grazie ai mass media. A partire dagli anni Trenta, l’illustratore Haddon Sundblom realizza una serie di campagne pubblicitarie per la Coca-Cola che mostrano un Babbo Natale bonario. Umano e familiare, con il celebre completo rosso bordato di bianco. È importante chiarirlo: l’azienda non ha “inventato” Babbo Natale, ma ha contribuito in modo determinante a rendere universale e standardizzata la sua iconografia.

                Il rosso, oltre a essere già presente in raffigurazioni precedenti, richiama simbolicamente il calore, l’energia e la festa; il bianco evoca la neve, l’inverno e la purezza. Una combinazione cromatica perfetta per un personaggio legato al Natale, capace di superare confini religiosi e culturali.

                Oggi Babbo Natale è una figura globale, riconoscibile ovunque, frutto di un lungo processo di trasformazione che mescola fede, folklore, arte e comunicazione. Dietro quel costume apparentemente semplice si nasconde una storia complessa, fatta di secoli di narrazioni che continuano, anno dopo anno, a rinnovare la magia del Natale.

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