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Cucina

Panbiscotto ai frutti rossi: una ricetta dalle origini antiche che anche la dieta perdona!

Il panbiscotto è una ricetta che ha origini antiche e si prestava a essere preparato con ingredienti semplici, spesso disponibili in dispensa. L’aggiunta dei frutti rossi, oltre a dare un tocco di colore e freschezza, arricchisce il dolce di vitamine e antiossidanti, rendendolo non solo gustoso ma anche nutriente

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    Combina la croccantezza del biscotto con la morbidezza e la dolcezza dei frutti rossi. Una scelta eccellente per chi cerca un dolce facile da preparare, ma che sia allo stesso tempo raffinato e delizioso.
    Puoi personalizzare il tuo panbiscotto aggiungendo gocce di cioccolato o noci tritate per un tocco in più di sapore e croccantezza.
    Il panbiscotto ai frutti rossi si conserva bene per diversi giorni se tenuto in un contenitore ermetico. Può anche essere congelato e scongelato all’occorrenza.

    Panbiscotto ai frutti rossi

    Ingredienti per uno stampo medio da plumcake
    200 g di farina 00
    100 g di zucchero semolato
    100 g di burro fuso freddo
    2 uova
    3 cucchiai di nocciole tritate
    1 bustina di lievito per dolci
    1 pizzico di sale
    150 g di frutti rossi misti (lamponi, mirtilli, ribes)

    Procedimento
    Inizia lavando e asciugando bene i frutti rossi. Se i frutti sono grandi, tagliali a metà. In una ciotola grande, sbatti le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungi il burro fuso e continua a mescolare.

    Setaccia la farina insieme al lievito, alle nocciole e al pizzico di sale, poi incorporali gradualmente al composto di uova e zucchero. Delicatamente, aggiungi i frutti rossi all’impasto, mescolando con cura per evitare di romperli troppo.

    Versa l’impasto in uno stampo da plumcake imburrato e infarinato. Livella la superficie con una spatola. Cuoci in forno preriscaldato a 170°C ventilato per circa 30-35 minuti, o fino a quando il panbiscotto non sarà dorato in superficie e uno stecchino inserito al centro ne uscirà pulito. Lascia raffreddare completamente il panbiscotto prima di tagliarlo a fette.

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      Cucina

      Spaghetti all’Assassina: il piatto cult che ha conquistato l’Italia

      Gli spaghetti all’Assassina rappresentano una delle ricette più audaci della cucina pugliese, una vera celebrazione della semplicità degli ingredienti combinata a una tecnica di cottura unica. La tostatura degli spaghetti conferisce loro quel sapore affumicato e croccante che li rende così irresistibili, trasformando un piatto di pasta in un’esperienza da provare almeno una volta.

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        Gli spaghetti all’Assassina sono diventati, negli ultimi anni, una ricetta cult che ha affascinato non solo i palati pugliesi, ma anche i buongustai di tutto il mondo. Questo piatto nasce a Bari negli anni ’70, nelle cucine popolari della città, come una versione “spinta” della classica pasta al pomodoro. Il nome stesso, “all’Assassina”, suggerisce un piatto audace, forte, quasi “pericoloso”, grazie al suo sapore deciso e alla particolare tecnica di cottura che gli conferisce una croccantezza unica.

        La particolarità degli spaghetti all’Assassina sta nel modo in cui vengono cotti: non sono bolliti come di consueto, ma risottati, ovvero cotti direttamente in padella con un sugo di pomodoro molto concentrato. Questa tecnica permette alla pasta di assorbire tutto il gusto del pomodoro e del peperoncino, lasciando gli spaghetti ben tostati e croccanti. La croccantezza che si ottiene sulla parte esterna della pasta è ciò che rende questo piatto unico e tanto amato, un piatto che combina il sapore intenso della cucina pugliese con una consistenza quasi “bruciata”, in perfetto stile street food.

        Proprietà nutrizionali
        Come tutti i piatti di pasta, anche gli spaghetti all’Assassina forniscono una buona quantità di carboidrati complessi, che rappresentano una fonte di energia a lungo termine per il corpo. Il pomodoro, uno degli ingredienti principali, è ricco di licopene, un potente antiossidante che favorisce la salute del cuore e della pelle. Tuttavia, è importante notare che la quantità di olio utilizzata nella preparazione potrebbe rendere il piatto piuttosto calorico. Inoltre, l’uso del peperoncino contribuisce ad accelerare il metabolismo grazie alla capsaicina, una sostanza presente in questa spezia piccante.

        Un piatto di spaghetti all’Assassina è ricco di sapore, ma va gustato con moderazione, soprattutto se si è attenti alla propria dieta. La versione tradizionale prevede un uso generoso di olio e il processo di tostatura della pasta può aumentare il contenuto calorico, rendendolo meno adatto per chi cerca piatti leggeri.

        Ricetta originale
        Gli spaghetti all’Assassina richiedono pochi ingredienti, ma la tecnica di preparazione è essenziale per ottenere il risultato giusto. Ecco i passaggi principali:

        Ingredienti:

        • 400 g di spaghetti (rigorosamente crudi)
        • 500 ml di passata di pomodoro
        • 2 cucchiai di concentrato di pomodoro
        • 2 spicchi d’aglio
        • Olio extravergine d’oliva (q.b.)
        • Peperoncino (a piacere)
        • Brodo di pomodoro (acqua e passata diluita)
        • Sale (q.b.)

        Preparazione:

        1. In una padella ampia, fate soffriggere l’aglio e il peperoncino nell’olio extravergine d’oliva fino a doratura.
        2. Aggiungete il concentrato di pomodoro e mescolate fino a che non si scioglie nell’olio.
        3. Unite gli spaghetti crudi direttamente nella padella e iniziate a tostarli a fuoco medio, mescolandoli spesso.
        4. A poco a poco, iniziate ad aggiungere il brodo di pomodoro, come se fosse un risotto, facendo in modo che la pasta lo assorba poco a poco. Continuate a mescolare e a tostare gli spaghetti.
        5. Quando gli spaghetti saranno cotti e croccanti all’esterno, aggiustate di sale e servite ben caldi.

        Varianti
        Nel tempo, sono nate diverse varianti di questo piatto. Alcuni preferiscono aggiungere un tocco di formaggio, come pecorino o parmigiano, per conferire una maggiore cremosità. Altri optano per un’aggiunta di olive nere o capperi per dare un tocco salato. Una versione più moderna prevede l’uso di pomodori ciliegini freschi insieme alla passata, per dare un sapore più dolce e meno concentrato.

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          Cucina

          Zafferano: l’oro rosso d’Italia che vale più dell’oro

          Dal Medioevo a oggi, il prezioso zafferano dell’Aquila è diventato un’eccellenza mondiale amata dagli chef e venduta a cifre da capogiro.

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            Ci sono prodotti che non sono solo ingredienti, ma veri e propri tesori, e tra questi lo zafferano occupa un posto d’onore. Con il suo colore intenso, il profumo inconfondibile e il sapore unico, questa spezia è stata soprannominata “l’oro rosso”, non solo per il suo colore, ma anche per il valore altissimo che raggiunge sul mercato: fino a 40.000 euro al chilogrammo per le qualità più pregiate. Lo zafferano dell’Aquila DOP, in particolare, è considerato tra i migliori al mondo. Ma prima di diventare una star della cucina gourmet, ha dovuto attraversare secoli di storia e una lotta per la sopravvivenza.

            Come è arrivato in Italia lo zafferano

            Il viaggio dello zafferano inizia molto lontano, dall’Asia Minore, per poi attraversare il Nord Africa e la Spagna, fino ad approdare in Abruzzo, precisamente a Navelli, in provincia dell’Aquila, tra il XIV e XV secolo. Secondo la leggenda, a portarlo in Italia fu un monaco domenicano della famiglia Santucci, che impiantò i primi bulbi nei campi dell’altopiano abruzzese. Le condizioni perfette della zona – terreno fertile e clima ideale – fecero il resto, trasformando la coltivazione in un’eccellenza regionale.

            Una storia di resilienza (e qualche rischio di scomparsa)

            Nel XIX secolo, lo zafferano abruzzese veniva coltivato su 500 ettari, con una produzione di oltre 4 tonnellate. Ma nel 1930, i numeri erano già calati: appena 1,5 tonnellate l’anno. Poi, negli anni ‘50, la vera crisi: la coltivazione non era più redditizia, e i bulbi venivano dati in pasto agli animali. A salvare lo zafferano è stato Silvio Salvatore Sarra, un agricoltore di Civitaretenga, che ha continuato a coltivarlo, contro ogni logica economica. Nel 1971, la sua opera di tutela ha portato alla nascita della Cooperativa Altopiano di Navelli, che ha rilanciato la produzione e attirato l’attenzione nazionale. Un passaggio chiave? La presentazione dello zafferano in TV, nello storico programma Portobello di Enzo Tortora. Grazie a questo lavoro, nel 2005 il zafferano dell’Aquila ha ottenuto la certificazione DOP, garanzia della sua qualità superiore.

            Come si coltiva e come si usa

            Lo zafferano viene prodotto in 13 comuni dell’Abruzzo, tra cui L’Aquila, Navelli, Poggio Picenze e Fontecchio, a un’altitudine fino a 1000 metri. La coltivazione segue un ciclo lungo, con i bulbi piantati ad agosto e la fioritura che avviene in ottobre. La raccolta dei preziosi stigmi rossi è completamente manuale, un lavoro lungo e meticoloso, che contribuisce al suo valore altissimo. Ma cosa rende lo zafferano così speciale? È il principale protagonista di risotti, paste e piatti raffinati, oltre a essere utilizzato in dolci, liquori e perfino nella medicina per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Lo zafferano dell’Aquila non è solo un ingrediente, ma un patrimonio culturale. Salvato dalla scomparsa, oggi è una eccellenza italiano che gli chef di tutto il mondo desiderano.

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              Cucina

              Giorgione lo chef strappato alla terra è diventato un influencer suo malgrado in tv, Facebook e Instagram

              La sua visione della cucina come esperienza conviviale e gioiosa, e non solo come nutrimento fisico, è illuminante. Giorgione rifiuta l’idea che l’alimentazione debba essere noiosa o monotona e crede fermamente che il cibo debba essere gustoso e appagante.

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                Romano de Roma, sessantasette anni Giorgio Barchiesi, più conosciuto come Giorgione, deve il suo successo ai piatti che serve nel suo ristorante di Montefalco in provincia di Perugia, Ristorante alla Via di Mezzo da Giorgione. Ma anche alla sua rubrica televisiva “Giorgione. Orto e cucina” in onda su Gambero Rosso Channel e al suo approccio alla cucina e alla vita. Una persona genuina che riflette una profonda conoscenza e un profondo rispetto per il cibo e le tradizioni culinarie italiane. Prima di diventare ristoratore e anche chef televisivo faceva il veterinario. I suoi nemici? Il sovranismo alimentare che reputa una stupidaggine come tutti i sovranismi.

                Star in tv e star sui social

                Da Instagram a Facebook è seguito e noto dai 5 ai 90 anni, un successo di cui è consapevole che reputa carico di problemi e inquietudini. Quando ha iniziato a occuparsi della sua immagine e ha deciso di studiare l’uso dei social, circa sedici anni non avrebbe mai scommesso un centesimo “Sulla vita che sto facendo ora“, dice. Non era sua intenzione fare l’influencer. Il successo è arrivato in maniera fortuita, per caso. Sedici anni aveva fatto una festa in casa con amici e amici di amici. Alcuni di loro avevano un ristorantino nel borghetto a Montefalco, in Umbria.

                Fu allora“, dice, “che l’occasione della mia vita mi corse incontro. Gli amici dei miei amici volevano lasciar perdere e allora l’ho rilevato, e anche per pochi soldi, anzi pochissimi“. Giorgione allora non faceva il cuoco nel senso che non era uno chef con tanto di corsi e di scuola. No lui amava cucinare in casa per amici e tavolate intere ma solo per stare insieme e gustare i suoi piatti preferiti cercando di stare in buona compagnia e fare divertire.

                Uno che si diverte e fa divertire

                Uno di suoi motti è: l’alimentazione è sana quando non è noiosa.A casa spesso le persone mangiano sempre le stesse cose. E’ triste“. La tavola non deve essere solo ingurgitare alimenti a caso nella giusta quantità che contengono gli elementi nutritivi, sali minerali, vitamine, amminoacidi, etc. “A chi va in farmacia a caccia di integratori io dico caro mio mangia di tutto e vedrai non ti serve niente”. Inoltre Giorgione reputa il pasto che sia serale o a pranzo un momento sacro. Che deve essere gestito e vissuto bene. In armonia con il giusto tempo. “Ci siamo ridotti che oggi a tavola non si parla più, si mangia e non si chiacchiera e magari si è distratti dalla tv che ci distoglie da quello che stiamo mangiando e non ci fa assaporare nel giusto modo il cibo“.

                Ma come si è guadagnati a sua fama?

                Suo padre voleva che facesse il liceo, ma lui scelse l’istituto agrario. Poi si iscrissi a veterinaria. Anche sua moglie ha studiato all’agrario. “Stiamo insieme dal 1975 e siamo sposati dal 1981“, dice. Per 20 anni ha fatto il veterinario agricolo in un’azienda. Proprio in quella lunga esperienza che ha avuto modo di conoscere la materia prima, gli ortaggi, la frutta, i grani. E la carne. “E’ stato fondamentale“. All’inizio degli anni Ottanta, per lo scandalo dei bovini allevati con antibiotici ed estrogeni che coinvolse la Plasmon e gli omogeneizzati per i bambini non si vendeva più carne.

                Lavoravo come veterinario in una azienda, che aveva tanti animali da vendere in un periodo di crisi“, ricorda. Per superare quel momento creò una cooperativa che iniziò a confezionare e vendere i primi pacchetti di carne “pronta da cuocere”. “Indossai il camice da macellaio e tolsi quello da veterinario e mi misi a vendere la carne che ci fece guadagnare una buona fama almeno nella zona d Roma“.

                Prezzi contenuti e alta qualità

                Nel ristorante di Giorgione il prezzo è sempre quello. Trentotto euro bevande escluse in un’epoca in cui i ristoranti hanno fatto salire i loro prezzi a cifre inavvicinabili. E in più le cucine super stellate propongono menu da capogiro. “Sono dell’idea che trentasei euro bevande escluse sia un prezzo ragionevole per la nostra qualità e quantità“. Nel menù a prezzo fisso di Giorgione si trovano trippa, lingua, nervetti, lampredotto, formaggi da spizzicare. E poi due primi, due secondi, due contorni e un tris di dolci.

                Ma si mangia quello che vuole lui in maniera insindacabile. “Attenzione si mangia quello che diciamo noi: quello che arriva, arriva, non c’è alcuna trattativa. Non si può scegliere. Non facciamo porzioni ma portiamo vassoi e se non basta la quantità non è un problema, perché aumentiamo“. Sono questi i motivi per cui il conto da lui è ancora abbordabile. Naturalmente per chi soffre di intolleranze alimentari Giorgione ha predisposto una serie di alternative.

                Pur essendo uno strenuo difensore della tradizione culinaria, è contro l’idea di sovranismo alimentare. “Certo perché il seme del sovranismo è inquietante e trova un terreno fertile per germogliare. Credo che in cucina bisogna provare con curiosità sempre. Come la carne non carne che comunque nasce e si sviluppa da una trasformazione in laboratorio da cellule animali per cui se buona perché non mangiarla per di più produrla non inquina. Così come essere a priori contro l’utilizzo degli insetti è sbagliato. Bisogna sempre provare. Ricordiamoci che c’è gente che muore di fame, che il cibo è cosa seria e che in tempi di guerra…“.

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