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Lunga vita agli elettrodomestici. L’UE estende la garanzia di 12 mesi

L’Unione Europea ha deciso di allungare la vita dei nostri elettrodomestici introducendo una direttiva che obbliga i fabbricanti di beni ad allungare la garanzia di un anno. E non solo

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    L’Unione Europea ha allungato la vita dei nostri elettrodomestici grazie alla direttiva che obbliga i fabbricanti di beni ad estendere la garanzia di un anno. E non solo.

    Una direttiva di peso che va contro il consumismo a ogni costo. L’UE dice: i prodotti rotti non vanno sostituiti, ma riparati. La direttiva obbliga quindi i fabbricanti di prodotti al consumo a fornire servizi di riparazione “tempestivi ed economici”. Inoltre obbliga fabbricanti e rivenditori a informare i consumatori sul loro diritto alla riparazione.

    Riparare al posto di buttare, più che un diritto è un dovere

    Secondo Strasburgo l’obiettivo non è solo quello di tutelare i consumatori ma soprattutto quello di ridurre i rifiuti in circolazione che non sappiamo più dove mettere e come smaltire. Soprattutto quelli elettronici. Inoltre con questa decisione l’UE vuole promuovere un’economia più sostenibile e circolare. Quindi riparare al posto di buttare, più che un dritto diventa un dovere. Un modo per contribuire alla transizione climatica ed energetica, riducendo i consumi. Secondo le prospettive di Strasburgo dal riciclaggio dei Raee, i rifiuti elettrici ed elettronici, nel breve termine dovrà fornire il 25% del consumo di materie prime critiche interno alla UE.

    Buoni acquisto e bonus per chi ripara

    L’UE mira a fare diventare la riparazione più conveniente che la sostituzione. E’ auspicabile, quindi, che ogni Paese adotti una strategia per promuovere le riparazioni. Come? Fornendo buoni acquisto o bonus e fondi su misura, sostenendo corsi di riparazione o spazi di riparazione gestiti dalla comunità.

    Ad ogni costo…

    Ai produttori – discretamente recalcitranti rispetto alla prospettiva di vendere meno pezzi – si chiede di fornire pezzi di ricambio e strumenti ad un prezzo ragionevole. Senza ricorrere a clausole contrattuali che ostacolino le riparazioni. Dal punto di vista tecnico l’UE ha voluto ribadire che i rivenditori non possono impedire l’uso di pezzi di ricambio di seconda mano o realizzati da riparatori indipendenti. Non possono, inoltre, rifiutare di riparare un prodotto solo per motivi economici o perché è stato precedentemente riparato da qualcun altro. Ma c’è ancora di più. I rivenditori sono costretti a fornire un prodotto equivalente in sostituzione durante il periodo di riparazione.

    A fronte di tutto ciò l’Unione Europea si è impegnata a creare una piattaforma online europea con sezioni nazionali per aiutare i consumatori a trovare negozi di riparazione locali. Ma anche venditori di beni ricondizionati, acquirenti di articoli difettosi o iniziative di riparazione gestite dalla comunità, come i repair café (caffè delle riparazioni).

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      Lifestyle

      Disconnettersi per ritrovarsi: quando il benessere passa dal “digital detox”

      Sempre più connessi, ma sempre più soli. Lo smartphone è diventato un’estensione di noi stessi, ma anche una fonte costante di stress e confronto. La generazione Z guida la ribellione silenziosa contro l’eccesso di schermi.

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      Disconnettersi per ritrovarsi: quando il benessere passa dal “digital detox”

        Mai come oggi la vita digitale pesa sul nostro equilibrio mentale. Passiamo in media oltre sei ore al giorno online, secondo i dati del Digital 2025 Report, e la linea che separa il mondo reale da quello virtuale si fa sempre più sottile. Scrollare senza sosta, confrontarsi con vite “filtrate” e costruire la propria identità attraverso uno schermo genera un sovraccarico invisibile: quello emotivo.

        La Generazione Z, cresciuta tra social network, messaggi istantanei e realtà aumentata, è la più esposta a questa nuova forma di stress digitale. Eppure è anche la più consapevole dei suoi rischi. Mentre per i Millennials la connessione continua rappresentava libertà, i più giovani iniziano a percepirla come una gabbia. Non è un caso che sui social stessi — da TikTok a Instagram — siano nati trend di “digital detox”, ovvero periodi di disconnessione volontaria per riequilibrare la mente e ritrovare il contatto con la realtà.

        La psicologa e sociologa Sherry Turkle, docente al MIT, descrive questo fenomeno come una “solitudine connessa”: siamo costantemente in contatto, ma sempre più isolati. Le conversazioni diventano messaggi, i momenti condivisi si riducono a post e stories, e la presenza fisica viene sostituita da una presenza digitale. Anche lo psicologo sociale Jonathan Haidt, nel suo recente libro The Anxious Generation (2024), evidenzia come l’uso eccessivo degli smartphone e dei social abbia contribuito all’aumento dei disturbi d’ansia e depressione tra gli adolescenti, specialmente dopo il 2010, quando i dispositivi mobili sono diventati onnipresenti.

        Il paradosso è evidente: siamo iperconnessi, ma più soli. Le notifiche costanti alterano i nostri ritmi biologici, riducono la capacità di concentrazione e rendono difficile vivere il “qui e ora”. Secondo studi dell’Università di Stanford, ogni interruzione digitale può richiedere fino a venti minuti per ristabilire il livello di attenzione precedente. Una frammentazione continua che ci allontana non solo dagli altri, ma anche da noi stessi.

        In risposta, cresce il bisogno di disconnessione consapevole. Sempre più persone riscoprono il piacere di “mettere giù il telefono”: camminare senza auricolari, pranzare senza scattare foto, guardare un tramonto senza condividerlo. Alcuni resort e ritiri benessere, come quelli diffusi in Scandinavia o in Italia, propongono veri e propri weekend senza schermi, con esperienze di meditazione, yoga e natura.

        Ma il “digital detox” non è una fuga tecnologica, bensì una nuova forma di cura personale. Implica scegliere quando essere online, non subirlo. Significa ridefinire i confini tra la vita virtuale e quella reale, riconoscendo che i “like” non misurano il valore di una persona e che la connessione autentica nasce dallo sguardo, non da un messaggio.

        La cura, come sottolineano molti psicoterapeuti, è riscoprire la presenza. Spegnere lo schermo per accendere la consapevolezza: ascoltare, osservare, respirare. È un gesto semplice ma rivoluzionario in un’epoca in cui l’attenzione è diventata merce.

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          Animali

          Cane e gatto sotto lo stesso tetto: le strategie davvero efficaci per una convivenza serena

          Dalla preparazione dell’ambiente ai segnali da osservare, ecco le linee guida validate dagli esperti per aiutare cani e gatti a vivere insieme senza stress.

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          Cane e gatto

            La convivenza tra cane e gatto è spesso ritenuta una sfida, soprattutto da chi vede in questi due animali una naturale incompatibilità. In realtà, secondo comportamentalisti ed educatori cinofili, la pacifica coabitazione è possibile, purché si rispettino i bisogni individuali e si segua un percorso graduale. Di seguito, i cinque punti chiave per favorire un’integrazione armoniosa.

            1. Preparare l’arrivo del nuovo animale: conoscere temperamento e storia di entrambi

            Prima ancora del primo incontro, è essenziale valutare la personalità dei due animali. Carattere, esperienze pregresse, età e livello di socializzazione influenzano fortemente la riuscita della convivenza. Gli esperti sottolineano che non esiste una regola universale: ogni cane e ogni gatto è un individuo, e ciò che funziona per uno può non funzionare per un altro. Capire se il cane è abituato ai gatti, se è eccessivamente eccitabile o se il gatto ha vissuto episodi di stress con i cani permette di impostare un’integrazione più sicura.

            2. Età e razza: fattori che incidono sull’adattamento

            Alcune caratteristiche fisiche e comportamentali possono facilitare o complicare la convivenza. I cani giovani sono generalmente più flessibili, mentre quelli appartenenti a razze con forte istinto predatorio — come terrier o segugi — potrebbero percepire il gatto come una “prede ideale”, richiedendo quindi un percorso più attento. Sul fronte felino, i gatti anziani o reduci da situazioni stressanti tendono a tollerare meno i cambiamenti, mentre i cuccioli sono in genere più predisposti alla socializzazione. La valutazione comportamentale resta, comunque, lo strumento più affidabile per capire se l’incontro potrà avere successo.

            3. Spazi separati e sicuri: la base di ogni convivenza

            La prima regola per evitare conflitti è garantire a cane e gatto aree dedicate. Ogni animale dovrebbe avere zone riservate per mangiare, dormire e isolarsi quando ne sente il bisogno. Per il gatto, la possibilità di rifugiarsi in spazi rialzati — mensole, tiragraffi, armadi — riduce l’ansia e gli permette di osservare il cane mantenendo una distanza rassicurante. Anche il cane beneficia della creazione di routine stabili e di un angolo tranquillo, lontano dalla lettiera e dal cibo del felino. Questa separazione iniziale funge da “cuscinetto emotivo” e abbassa le tensioni.

            4. Presentazioni graduali: mai forzare l’incontro

            Le prime interazioni devono essere gestite con cautela. Barriere fisiche come cancelli o reti permettono ai due animali di percepirsi senza entrare in contatto diretto. È fondamentale evitare comportamenti che possano spaventare uno dei due: non mettere il gatto in braccio, non avvicinare il cane con il guinzaglio teso, non accelerare i tempi. La gradualità è la chiave. Premiare entrambi con rinforzi positivi quando mantengono la calma crea associazioni favorevoli e riduce il rischio di ansie o reazioni aggressive.

            5. Osservare i segnali: quando serve intervenire

            Durante le prime settimane è essenziale monitorare il comportamento di entrambi. Segnali come ringhi, abbaio insistente, immobilità rigida, fughe continue o rifiuto del cibo indicano che l’inserimento è troppo rapido o stressante. Se, al contrario, cane e gatto iniziano a tollerare la presenza dell’altro, condividere spazi comuni o ignorarsi pacificamente, significa che l’adattamento sta procedendo correttamente. Nei casi più complessi, ricorrere a un educatore o a un veterinario comportamentalista può evitare che lo stress si trasformi in conflitto cronico.

            La convivenza è un percorso, non un evento

            Integrare un cane e un gatto richiede tempo, pazienza e un’osservazione attenta. Non esistono scorciatoie, ma il risultato — un rapporto sereno e stabile — ripaga ogni sforzo. Con le giuste attenzioni e rispettando i loro ritmi, cane e gatto possono trasformare una convivenza “difficile” in una vera e propria amicizia, arricchendo la vita di tutta la famiglia.

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              Società

              POS e registratori di cassa: dal 2026 scatta il nuovo obbligo digitale per gli esercenti

              La misura punta a contrastare l’evasione, ma solleva dubbi tra tabaccai, edicole e attività che non emettono scontrino fiscale. Ecco cosa cambia, quali rischi si corrono e come funzionerà davvero il nuovo sistema.

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              POS

                Dal 1° gennaio 2026 tutti gli esercenti dovranno associare i propri POS ai registratori di cassa telematici. Lo stabilisce la Legge di Bilancio 2026, introducendo un passaggio che mira ad allineare pagamenti elettronici e corrispettivi comunicati all’Agenzia delle Entrate. Una novità che, sulla carta, non dovrebbe comportare costi aggiuntivi, ma che sta provocando preoccupazione in diverse categorie commerciali, soprattutto quelle che non rilasciano scontrino fiscale.

                Come funziona il collegamento digitale secondo l’Agenzia delle Entrate

                L’Agenzia delle Entrate ha precisato che non servirà alcun collegamento fisico tra dispositivi: si tratta di una procedura interamente online. Attraverso l’area riservata del portale, l’esercente dovrà:

                • accedere al proprio profilo;
                • selezionare il registratore telematico già censito;
                • associare i POS utilizzati nel punto vendita.

                L’obiettivo è consentire un controllo automatico: ogni pagamento elettronico dovrà trovare un riscontro nella trasmissione dei corrispettivi. Il sistema, in sostanza, confronterà due flussi: quello delle transazioni con carta e quello dei dati inviati dal registratore di cassa.

                L’Agenzia ha inoltre rassicurato sul fatto che non sono previsti aggiornamenti obbligatori ai dispositivi, né modifiche hardware.

                Il nodo delle attività senza scontrino

                Una questione irrisolta riguarda le attività che per legge non emettono scontrino, come:

                • tabaccai;
                • edicole;
                • punti vendita di valori bollati;
                • sale scommesse e sale gioco;
                • rivendite di prodotti soggetti a monopolio.

                Questi esercizi certificano i propri incassi tramite documentazione dei Monopoli, dei concessionari o dei gestori dei servizi, e non tramite il registratore telematico. Ciò potrebbe generare discrepanze: il POS registra un pagamento, ma nel sistema non compare un corrispettivo associato.

                Il rischio è che, in assenza di una corretta interpretazione delle casistiche, questi esercenti vengano segnalati come “anomalie”, nonostante operino nel rispetto della normativa vigente.

                Le sanzioni previste per chi non si adegua

                La normativa introduce un sistema sanzionatorio piuttosto severo:

                • fino a 100 euro per trasmissione incompleta dei dati;
                • da 1.000 a 4.000 euro per mancata associazione tra POS e registratore;
                • nei casi più gravi o reiterati, possibile sospensione dell’attività.

                Un esempio chiarisce il timore diffuso: un tabaccaio incassa 10 euro con carta per due pacchetti di sigarette — vendita per cui lo scontrino non è previsto. Il sistema, però, potrebbe segnalarlo come pagamento “privo di corrispettivo”.

                Come si muoverà l’Agenzia delle Entrate

                Negli ultimi anni l’Agenzia ha intensificato l’invio di lettere di compliance quando rileva incoerenze tra transazioni elettroniche e documenti fiscali. Le categorie considerate più esposte a irregolarità vengono già monitorate con maggiore attenzione.

                L’Agenzia ha affermato di essere consapevole delle specificità dei settori soggetti a monopolio. Tuttavia, soltanto con l’entrata in vigore del nuovo sistema sarà possibile capire come verranno gestiti gli incassi legittimi non accompagnati da scontrino.

                Tempistiche operative e fase di avvio

                Sebbene l’obbligo parta dal 1° gennaio 2026, la procedura potrà essere materialmente eseguita soltanto quando la piattaforma sarà aggiornata. Le tempistiche previste sono:

                • da marzo 2026: prime possibilità di associazione tra POS e cassa;
                • per i POS utilizzati tra 1° e 31 gennaio 2026, scatterà un periodo di 45 giorni dalla messa online del servizio;
                • a regime, la registrazione andrà fatta entro il sesto giorno del secondo mese successivo al primo utilizzo del POS.

                Il percorso verso una maggiore trasparenza nei pagamenti elettronici è ormai tracciato. Resta però la necessità di chiarimenti operativi per evitare che categorie già regolamentate con criteri particolari vengano penalizzate da automatismi informatici o interpretazioni non coerenti con la normativa vigente.

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