Tech
Il pasticcio di Elon Musk e della sua X
La transizione del marchio di Elon Musk da Twitter a X sta causando un grosso problema. Il social network ha iniziato a cambiare automaticamente “twitter.com” in “x.com” nei collegamenti. Secondo quanto anticipato da X la sostituzione automatica del testo si sarebbe dovuta applicare a qualsiasi URL che terminasse con “twitter.com” , anche se non fosse effettivamente un collegamento a twitter.com.
La transizione del marchio di Elon Musk da Twitter a X sta causando un grosso problema. Il social network ha iniziato a cambiare automaticamente “twitter.com” in “x.com” nei collegamenti. Secondo quanto anticipato da X la sostituzione automatica del testo si sarebbe dovuta applicare a qualsiasi URL che terminasse con “twitter.com” , anche se non fosse effettivamente un collegamento a twitter.com.
Apparentemente la modifica è stata pubblicata sull’app di X per iOS, ma non sulla versione web. Nei due giorni intercorsi dall’annuncio della modifica e l’effettiva correzione automatica, è successo un bel casino.
Rischio phishing
Il giornalista specializzato in cyber security, Brian Krebs ha definito questa mossa di X “un bel regalo ai phisher“. I truffatori hanno potuto registrare un nome di dominio come “netflitwitter.com“, che sarebbe apparso come “netflix.com” nei post su X. Ma facendo clic sul collegamento l’utente sarebbe stato indirizzato a netflitwitter.com.
“Una ricerca su DomainTools.com mostra che negli ultimi due giorni sono stati registrati almeno 60 nomi di dominio per domini che terminano con ‘twitter.com’. La ricerca mostra comunque che la maggior parte di questi domini sono stati registrati ‘difensivamente’ da privati per evitare che gli stessi venissero acquistati da truffatori”. La sostituzione automatica di “twitter.com” con “x.com” finora è stata una figuraccia per Musk. Non è riuscito a consolidare completamente il cambiamento di branding perché x.com reindirizza ancora a twitter.com.
I domini che terminano con “X” potrebbero essere oggetto di spoofing
Lo spoofing è un attacco informatico che utilizza in diversi modi la falsificazione dell’identità (spoof). L’attacco può avvenire a qualunque livello e può riguardare anche la falsificazione delle informazioni applicative. Navigando su netflitwitter.com, per esempio, viene mostrato un messaggio che dice: “Questo dominio è stato acquisito per impedirne l’utilizzo per scopi dannosi“. La pagina web è stata creata dall’utente X @yuyu0127.
Il messaggio prosegue. “A partire dall’8 aprile 2024, il client Twitter iOS (ora X) sostituisce automaticamente il testo “twitter.com” nei post con “x.com” come parte della sua funzionalità. Pertanto, ad esempio, un URL che sembra essere “netflix.com” reindirizzerà effettivamente a “netflitwitter.com” quando viene cliccato. Tieni presente che esiste la possibilità che questa funzionalità venga sfruttata in futuro, acquisendo domini contenenti “twitter.com” per indirizzare gli utenti a pagine dannose. Questo dominio, “netflitwitter.com”, è stato acquisito a scopo protettivo per impedirne l’utilizzo per tali attività dannose”.
Una difficile transizione
In pratica il collegamento effettivo è invariato. È solo il segnaposto del testo che appare diverso. Quindi il collegamento porta a un URL diverso da quello che appare.” Nel suo articolo Brian Krebs ha citato Sean McNee, vicepresidente di DomainTools. Secondo il manager “i malintenzionati potrebbero registrare domini come un modo per deviare il traffico da siti o marchi legittimi se ne avessero l’opportunità. Molti di questi marchi tra i primi milioni di domini finiscono con X, come ad esempio come webex, hbomax, xerox, xbox e altri.“
L’imbarazzo di Musk
Secondo Mashable X avrebbe risolto il problema “per alcuni dei domini interessati da questo cambiamento” in modo che domini come netflitwitter.com non apparissero più come netflix.com. “Confermiamo”, scrive Mashable, “che l’app X per iOS sta ancora cambiando molti altri riferimenti da ‘Twitter.com’ a ‘X.com.'” X potrebbe far sì che la sostituzione del testo funzioni come previsto, in modo da modificare l’aspetto dei collegamenti twitter.com ma non di altri collegamenti contenenti la parola “twitter”.
Tu scrivi twitter.com? E io te lo cambio in x.com
L’azienda di Musk in pratica sta cercando di fare è cancellare qualsiasi riferimento a Twitter dalla piattaforma. E non essendoci riuscita con le buone maniere ha provato a forzare la mano. Il concetto è questo, varo utente “Tu scrivi twitter.com? E io te lo cambio in x.com.”. E non solo. “Cambio anche tutti i tweet che hai scritto del passato, di un anno fa, di due anni fa, di cinque anni fa”. Quando il nuovo social nemmeno esisteva. Una situazione davvero imbarazzante. L’ennesimo fallimento di Musk nella gestione del social network. Da notare che la stessa X continua a usare il termine twitter nonostante abbia deciso di non volerlo fare usare agli altri.
Twitter ha dimostrato di essere in grado di mettere le mani nei tweet delle persone, anche in modo retroattivo e dopo che sono stati pubblicati. In questo modo viola una delle regole d’oro dei social, in vigore da oltre vent’anni (da quando è nato Facebook. Ovvero quello che è pubblicato rimane pubblicato, a meno che non sia cancellato. Se invece viene modificato, a chi lo legge dev’essere chiaro che è stato modificato.
Conclusione?
Non si capisce perché prima di modificare le parole che non le piacciono nei tweet delle persone, X non ha smesso lei stessa di usare twitter.com come indirizzo principale del proprio sito. Potrebbe utilizzare x.com se ci crede veramente.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Tech
I robot con muscoli umani: la frontiera della bioingegneria prende vita ad Harvard
Nel laboratorio del Wyss Institute, un team di ricercatori guidato da Sun Ryun Shin ha sviluppato microrobot capaci di muoversi grazie a tessuti muscolari umani coltivati in laboratorio. Un passo decisivo verso la “biohybrid robotics”, dove tecnologia e biologia si fondono.
La nascita dei robot bioibridi
Sembra fantascienza, ma è realtà. In un laboratorio dell’Università di Harvard, nel cuore del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, piccoli automi di silicone si contraggono e si muovono come fossero vivi. A dar loro energia non sono batterie o circuiti, ma muscoli umani coltivati in provetta.
A coordinare la ricerca è Sun Ryun Shin, professore di bioingegneria, che insieme al suo team ha descritto l’esperimento sull’International Journal of Extreme Manufacturing. Gli scienziati hanno isolato cellule muscolari scheletriche umane e le hanno fatte crescere fino a formare sottili fasci di tessuto. Parallelamente, grazie alla stampa 3D, hanno costruito piccoli telai biocompatibili in idrogel, un materiale morbido e flessibile che imita la consistenza del muscolo naturale.
Sulla superficie di queste strutture sono stati incisi micro-solchi orientati: guide che aiutano le cellule ad allinearsi, proprio come accade nel corpo umano. Una volta ancorate, le cellule hanno iniziato a organizzarsi, creando veri e propri mini-muscoli funzionanti.
Per attivarli, i ricercatori hanno utilizzato impulsi elettrici e luminosi, stimolando le cellule a contrarsi in sincronia. Il risultato? Minuscole strutture capaci di piegarsi, spostarsi o trascinare oggetti. Un passo concreto verso la creazione di robot “vivi”, in parte biologici e in parte artificiali.
Le applicazioni in medicina
I risultati aprono prospettive straordinarie nel campo biomedico.
Secondo Shin, “queste strutture rappresentano una piattaforma ideale per studiare il comportamento del tessuto muscolare e sviluppare nuovi trattamenti per la rigenerazione dei muscoli danneggiati”.
Le applicazioni principali sono tre:
- Medicina rigenerativa – I mini-muscoli potranno essere impiegati per analizzare come il tessuto umano si ripara dopo lesioni, immobilizzazione o invecchiamento. Le scoperte potranno contribuire a terapie contro atrofie muscolari e distrofie.
- Test farmacologici – Sperimentare nuovi farmaci su tessuti umani coltivati in laboratorio permette di valutarne efficacia e tossicità riducendo la necessità di test sugli animali. In particolare, sarà possibile osservare in tempo reale la risposta dei muscoli ai medicinali che influenzano la contrazione o la trasmissione elettrica.
- Microchirurgia di precisione – Dispositivi bioibridi miniaturizzati potrebbero un giorno essere usati come pinze o strumenti autonomi, capaci di operare in aree del corpo oggi inaccessibili con la chirurgia tradizionale.
Le sfide ancora da affrontare
Nonostante i progressi, la biohybrid robotics deve superare ostacoli significativi. Il primo riguarda la sopravvivenza del tessuto muscolare: se la struttura di supporto è troppo spessa, le cellule interne non ricevono abbastanza nutrienti. Per questo si stanno sviluppando microcanali simili a capillari, che consentano un flusso costante di ossigeno e sostanze vitali.
Un’altra sfida è la trasmissione uniforme del segnale elettrico. Oggi, gli impulsi non si propagano in modo omogeneo lungo il tessuto. La soluzione potrebbe arrivare da idrogel conduttivi di nuova generazione, dotati di minuscoli elettrodi integrati.
C’è poi il problema della resistenza meccanica: materiali troppo rigidi ostacolano il movimento, ma quelli troppo morbidi si deteriorano in fretta. I ricercatori stanno quindi studiando matrici rinforzate, in grado di mantenere flessibilità e durata.
Infine, la tecnologia di stampa 3D dovrà diventare più rapida e precisa per creare strutture più grandi senza compromettere la vitalità cellulare.
Oltre Harvard: la corsa ai robot “vivi”
Il lavoro del team di Shin non è isolato. Al Massachusetts Institute of Technology (MIT), nel marzo 2025, un gruppo di bioingegneri ha sviluppato un tessuto artificiale in grado di contrarsi in diverse direzioni, imitando il movimento dell’iride umana.
E al Ren Lab della Carnegie Mellon University, i ricercatori hanno presentato gli AggreBots, microscopici automi composti da cellule polmonari umane che si muovono grazie a minuscole ciglia biologiche.
Questi progetti segnano l’inizio di una nuova era in cui la distinzione tra organismo e macchina si fa sempre più sottile. La prospettiva, ancora lontana ma sempre più concreta, è quella di robot che non solo si muovono, ma crescono, si riparano e reagiscono all’ambiente come esseri viventi.
Tech
Luca Marinelli e Alissa Jung, coppia anche nel nuovo Death Stranding 2
I due attori italiani protagonisti nel videogame di Hideo Kojima presentato a Lucca Comics & Games. Dopo Paternal Leave, tornano insieme in un progetto segreto girato tre anni fa
Luca Marinelli e Alissa Jung hanno fatto tappa a Lucca Comics & Games per presentare la chiusura del tour mondiale di Death Stranding 2: On the Beach, il nuovo capitolo del visionario Hideo Kojima. La coppia, sullo schermo e nella vita, ha conquistato fan e gamer con la loro partecipazione al progetto, tra i più attesi del 2025.
Due volti italiani nel mondo di Kojima
Marinelli e Jung interpretano in motion capture due nuovi personaggi, Neil e Lucy, uniti da un legame profondo che richiama uno dei temi centrali dell’universo di Kojima: la connessione. Un concetto che, nel linguaggio del game designer giapponese, diventa riflessione sul rapporto tra esseri umani, tecnologia e sopravvivenza.
Un progetto segreto
Il lavoro sul videogioco è iniziato tre anni fa, in totale riservatezza, mentre nel frattempo la regista tedesca Alissa Jung dirigeva Marinelli in Paternal Leave, uscito lo scorso maggio. La loro presenza in Death Stranding 2 segna un nuovo punto d’incontro tra cinema e videogame, due mondi sempre più intrecciati.
L’anteprima di Lucca ha confermato l’attesa globale per il ritorno di Kojima e ha consacrato Marinelli e Jung come una delle coppie artistiche più interessanti d’Europa — capaci di portare la sensibilità del cinema d’autore dentro una delle saghe più iconiche del videogioco moderno.
Tech
La casa intelligente non dorme mai: la tecnologia che semplifica la vita (senza rubarci l’anima)
La smart home non è più un lusso da visionari, ma una realtà accessibile. Parla con noi, si adatta alle abitudini, regola la luce, la musica, la temperatura. Eppure, tra comfort e controllo, resta una domanda sospesa: fino a che punto la tecnologia può anticipare i nostri desideri senza sostituirli?
Non serve più dire “accendi la luce”: oggi basta entrare in casa e tutto si sistema da solo. Le tapparelle si abbassano, il riscaldamento sale di due gradi, parte la playlist del venerdì. È la smart home, l’evoluzione silenziosa che ha trasformato le abitazioni in organismi intelligenti, capaci di adattarsi a noi — o forse il contrario.
Secondo le ultime stime, oltre un italiano su tre possiede almeno un dispositivo connesso: termostati digitali, serrature smart, assistenti vocali, lampadine Wi-Fi. Oggetti che una volta sembravano futuristici e oggi sono la normalità di un’abitudine che si chiama automazione domestica.
Il fascino è comprensibile: risparmio energetico, sicurezza, comodità. Un solo comando — o meglio, un algoritmo — decide tutto. I sistemi di illuminazione gestiscono la luce naturale durante il giorno, i frigoriferi segnalano quando manca il latte, le lavatrici dosano da sole il detersivo. È il sogno della semplicità, finalmente realizzato.
Eppure, la tecnologia che ci semplifica la vita rischia anche di addormentarci. Gli esperti di digitale parlano di “dipendenza da comfort”: più una casa è intelligente, meno lo è chi la abita. Gli assistenti vocali imparano le nostre abitudini, ci ascoltano, prevedono. E se da un lato ci sollevano da mille microgesti, dall’altro riducono il nostro margine di scelta.
Ma la verità, come sempre, sta nel mezzo. La nuova frontiera non è scegliere tra uomo o macchina, ma trovare equilibrio. Una casa che collabora con chi la vive, senza sostituirne l’intelligenza. Perché il bello della tecnologia non è la perfezione, ma la possibilità di usarla per ciò che è: un alleato, non un padrone.
Così, quando torniamo la sera e la luce si accende da sola, il termostato ci accoglie alla temperatura giusta e la voce dell’assistente ci augura il bentornato, il vero lusso non è la domotica. È sentirsi ancora, finalmente, a casa.
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