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Cinema

“Profondo rosso”, mezzo secolo di terrore: il capolavoro di Dario Argento torna al cinema

Mezzo secolo dopo, Profondo rosso mantiene intatta la sua forza visiva e il suo potere ipnotico. Un film che ha influenzato generazioni di registi e che ancora oggi rappresenta un’esperienza cinematografica irripetibile. Il ritorno in sala segna anche l’inizio di un ciclo dedicato ai maestri del cinema di genere.

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    Cinquant’anni e non sentirli. Profondo rosso, il thriller che ha cambiato per sempre il cinema dell’orrore, torna nelle sale dal 10 marzo, con una programmazione speciale che proseguirà per tutto il 2025. Un’operazione che riporta sul grande schermo uno dei film più iconici di Dario Argento, un’opera che ha riscritto le regole del giallo, mescolando musica ipnotica, tensione costante e un’estetica barocca di sangue e paura.

    Un film che non si limita a spaventare, ma che gioca con la percezione dello spettatore, trascinandolo in un incubo sospeso tra onirico e macabro, tra efferatezza e melodia. La colonna sonora firmata dai Goblin di Claudio Simonetti e da Giorgio Gaslini è ancora oggi una delle più riconoscibili del cinema horror. Il cast, con Daria Nicolodi, David Hemmings e Gabriele Lavia, ha dato vita a personaggi indimenticabili, rendendo ogni sequenza un tassello perfetto di un puzzle del terrore.

    Ma Profondo rosso è anche un film di rottura, un’opera in cui Argento sabotava le regole del genere che lui stesso aveva perfezionato. Un thriller che sfugge alla logica per abbracciare la pura suggestione, con scene che si susseguono come frammenti di un incubo impossibile da razionalizzare, lasciando lo spettatore intrappolato in una tensione continua.

    Quando uscì, nel 1975, divenne subito uno dei dieci maggiori incassi della stagione, trasformandosi in un cult assoluto. La sua influenza si estese ben oltre i confini italiani, ispirando registi del calibro di John Carpenter (Halloween), Eli Roth (Hostel) e James Wan (Saw, Insidious).

    Il ritorno di Profondo rosso nelle sale è il risultato di una collaborazione tra RTI-Mediaset e Cat People, che non si fermerà qui. Dopo questa celebrazione, infatti, il ciclo cinematografico proseguirà con un omaggio al visionario giapponese Shinya Tsukamoto, regista di culto noto per il body horror estremo.

    Un’occasione imperdibile per riscoprire un capolavoro che ha fatto la storia e che, mezzo secolo dopo, continua a terrorizzare, ipnotizzare e lasciare il segno.

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      Cinema

      “U.S. Palmese”, i Manetti Bros fanno gol: Papaleo e il calcio di provincia riscrivono la commedia italiana

      Con un Rocco Papaleo in stato di grazia, una squadra di comprimari perfetta e la regia ispirata dei Manetti bros, “U.S. Palmese” sorprende con una storia leggera e intelligente che mischia calcio, provincia e seconde occasioni.

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        Anche se il titolo potrebbe ingannare e far pensare a un documentario sportivo di nicchia, U.S. Palmese dei Manetti bros è tutt’altro: una piccola e sorprendente commedia italiana, di quelle che sembravano scomparse dagli schermi. Finalmente un film che diverte senza prendersi troppo sul serio, che racconta il calcio e la provincia con leggerezza e intelligenza, facendo pensare — senza paura di esagerare — a una sorta di nuovo L’allenatore nel pallone.

        Il cuore pulsante della pellicola è Don Vincenzo, un pensionato calabrese interpretato da un Rocco Papaleo tornato ai suoi massimi livelli. Il suo personaggio trascina i concittadini in un’impresa disperata quanto affettuosa: salvare la loro squadra del cuore, la Palmese, proponendo di autotassarsi per comprare un calciatore vero, una stella caduta. L’asso in questione è Etienne Morville, ex prodigio della banlieue parigina finito a Milano tra milioni e eccessi, interpretato da Blaise Afonso. Stanco delle luci abbaglianti e delle cadute rovinose del grande calcio, Morville accetta di ricominciare proprio da Palmi, per tentare di ricostruirsi una reputazione. Ma Palmi non è Milano e il divertimento, per lui, è destinato a cambiare volto.

        I Manetti bros ritrovano qui lo smalto migliore che mancava dai tempi di Ammore e malavita. Dopo la parentesi rigorosa dei tre Diabolik, stavolta tornano a una comicità più immediata, contaminando abilmente il genere sportivo con quello della commedia di paese. La squadra di Don Vincenzo è irresistibile: c’è l’ampolloso Gianfelice Imparato, il macellaio senza freni Max Bruno, il baffuto Massimo De Lorenzo e la poetessa malinconica interpretata da una Claudia Gerini calata perfettamente nel ruolo.

        C’è anche spazio per il romanticismo con la storia che si intreccia tra il giovane fuoriclasse e la figlia di Don Vincenzo, interpretata dalla rivelazione Giulia Maenza, e un’attenzione linguistica sorprendente: tutti i protagonisti parlano un calabrese fluente e credibile, dando ancora più verità al contesto.

        I Manetti dimostrano di aver studiato bene il cinema popolare italiano, citando in controluce L’allenatore nel pallone, ma anche i film sul calcio degli anni ’70 e ’80. Le scene sul campo e le ricostruzioni delle trasmissioni tv sportive — con tanto di concessioni e omaggi evidenti a Sky — sono girate con mestiere e ritmo.

        Alla fine si ride, si tifa e si esce dalla sala con quella sensazione rara di aver visto un film che non fa la morale, non cerca il colpo di genio pretenzioso, ma regala un paio d’ore di puro intrattenimento, proprio come sapeva fare una certa commedia all’italiana.

        Per una volta, insomma, il risultato è tutto da applaudire. In sala.

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          Cinema

          Gwyneth Paltrow senza filtri: “Io e Timothée Chalamet? Sesso a volontà sul set”

          L’attrice ironizza sulle scene di sesso con Chalamet nel nuovo film di Josh Safdie: “Facciamo tanto sesso, davvero tanto. Vengo da un’epoca in cui ci si spogliava e partiva la telecamera. Ho pensato: io ho 109 anni e lui 14…”

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            Gwyneth Paltrow torna a far parlare di sé e lo fa con la solita ironia pungente. L’attrice e imprenditrice ha deciso di rimettersi in gioco sul grande schermo con “Marty Supreme”, il nuovo film di Josh Safdie, accanto a Timothée Chalamet, il sex symbol più cerebrale di Hollywood. La storia ruota attorno a un mondo insolito, quello del ping pong negli Anni ’50, tra scommesse clandestine e passioni travolgenti. E proprio la passione è il tema su cui Gwyneth non ha risparmiato battute.

            “Quella scena diventata virale è solo un antipasto”, ha dichiarato l’attrice a Vanity Fair. “Voglio dire, facciamo molto sesso in questo film. Ce n’è tanto, davvero tanto”, ha ammesso senza mezzi termini. E ancora: “Lui è un sex symbol più cerebrale. È semplicemente una persona educata, cresciuta bene. Un uomo, stavo per dire ragazzo, che prende molto sul serio il proprio lavoro ed è un partner divertente”.

            Paltrow ha poi raccontato di un aneddoto sul set che ha fatto sorridere tutti: “Ora esiste una figura chiamata coordinatore di intimità, di cui ignoravo persino l’esistenza”. Quando la professionista le ha chiesto se fosse a suo agio con una scena, Gwyneth ha risposto spiazzandola: “Tesoro, io vengo da un’epoca in cui ci si spogliava, ci s’infilava nel letto e partiva la telecamera”.

            Alla fine l’intesa con Chalamet è stata tale che la Paltrow ha potuto congedare la coordinatrice: “Siamo a nostro agio, puoi fare pure un passo indietro. Non so come sia per chi inizia oggi, ma se qualcuno mi dicesse ‘Okay, ora lui metterà la mano qui’ come artista mi sentirei molto limitata”.

            La battuta più tagliente? “Ho pensato: ‘Va bene, fantastico. Io ho 109 anni e tu ne hai 14!’”. Insomma, tra ironia e scene hot, il ritorno di Gwyneth Paltrow al cinema è tutt’altro che noioso.

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              Cinema

              Ma come se la tira Scamarcio: già a 18 anni parlava solo di se stesso

              L’attore ha sempre avuto una forte personalità… e a 18 anni lo dimostrava già in modo evidente. Ospite a Da noi… a ruota libera su Rai1, l’attore ha raccontato un aneddoto esilarante: «Scrissi un monologo parlando solo di me. Ero già egocentrico». Un momento di autoironia che ha strappato un sorriso al pubblico, ma che mostra anche la determinazione e la sicurezza di un giovane che sognava il cinema.

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                Scamarcio su Rai1 ha svelato un episodio curioso legato al film John Wick. Quando seppe dell’opportunità di entrare nel cast, girò un self-tape in un contesto decisamente insolito: «Ero impegnato a produrre olio d’oliva e ho registrato il video tra un passaggio e l’altro, scherzando sulla possibilità di inviare una bottiglia se mi avessero preso». Un’audizione sui generis che ha funzionato: alla fine è entrato nel cast!

                Al pacino e la sfida del ciak senza pausa

                Ma non solo momenti divertenti. Scamarcio ha ricordato anche esperienze intense, come la collaborazione con Al Pacino: «Abbiamo girato una scena di 21 minuti senza pause, come in teatro. Una sfida enorme, ma anche un’esperienza formativa incredibile». Un racconto che sottolinea la sua crescita artistica e il confronto con leggende del cinema mondiale.

                Johnny Depp: talento e umiltà

                Non poteva mancare un pensiero per Johnny Depp, con cui ha avuto recentemnete il piacere di lavorare. «È semplice, appassionato e sempre attento agli altri», ha detto, elogiando l’approccio umano e professionale della star di Hollywood. Un contrasto evidente con il suo stesso racconto da giovane artista egocentrico, segno di un percorso di maturazione.

                Da giovane egocentrico a star internazionale

                Oggi Riccardo Scamarcio è uno degli attori italiani più apprezzati, capace di spaziare tra cinema italiano e produzioni hollywoodiane. Il ragazzo che scriveva monologhi su se stesso ha trovato la sua strada, imparando anche il valore dell’ascolto e del confronto con gli altri grandi del cinema. E, a quanto pare, con un pizzico di olio d’oliva come portafortuna!

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