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Storie vere

Da papà a papà: medico in pensione paga il conto al ristorante e lascia un messaggio commovente

Un piccolo grande gesto di gentilezza che ha scaldato il cuore di un giovane papà. La storia ha fatto il giro del web, ispirando tanti con il suo potente messaggio di generosità.

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    Una colazione in famiglia si è trasformata in un momento indimenticabile per J. Mack Slaughter, un medico 41enne del pronto soccorso. Durante una mattinata serena al ristorante con i suoi tre figli, l’uomo si è trovato protagonista di un episodio inaspettato. Che cosa è successo? Uno sconosciuto aveva già pagato il conto della loro colazione, del valore di oltre 80 euro.

    Ma non si è trattato solo di un atto generoso fine a se stesso

    Sullo scontrino, il benefattore ha lasciato un messaggio carico di emozione e pathos. «Grazie per essere un ottimo papà, da un papà a un altro. Grazie per essere il papà di cui hanno bisogno, al di là di chi c’è a osservarti. Abbiamo bisogno di più persone come te. Grazie per aver permesso a tutti di assistere al tuo amore per loro. Da un medico militare in pensione».

    Un medico con i lacrimoni

    Un gesto semplice ma potente, capace di lasciare un segno profondo nel cuore del giovane padre. «I piccoli e inaspettati atti di gentilezza sono così potenti! Mi hanno cambiato la giornata, forse l’intero mese», ha scritto Slaughter su Instagram, condividendo lo scontrino e la storia con gli occhi ancora lucidi per l’emozione. Nel suo lavoro al pronto soccorso, infatti, è spesso testimone di dolore e sofferenza. Questo gesto gli ha ridato speranza nell’umanità.

    Un gesto che ha toccato anche i bambini

    Dopo aver spiegato loro il motivo delle sue lacrime di gioia, la figlia più grande ha chiesto con innocenza: «Papà, chi dovremmo benedire oggi?». Una domanda che ha portato il dottore a riflettere sul valore della gentilezza e sulla promessa di continuare a essere il miglior padre possibile.

    Quell’altruismo che ispira il mondo

    Questo episodio ricorda altre storie di altruismo che hanno commosso il mondo. In Italia, un caso recente ha visto un cliente anonimo pagare il conto di una famiglia numerosa in un ristorante di Roma, lasciando un biglietto con scritto: «Perché la famiglia è il bene più prezioso». Negli Stati Uniti, un altro esempio emerso lo scorso Natale ha riguardato un uomo che ha saldato il conto di tutti i clienti che si trovavano in quel momento in un negozio di giocattoli durante le festività natalizie, portando sorrisi a decine di famiglie.

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      Peccato! L’Autovelox non era omologato: annullata la multa per l’automobilista a 255 km/h

      Sfreccia in auto a 255 all’ora ma la maxi multa viene annullata: l’Autovelox non era omologato.

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        Lui tranquillo sfrecciava in auto a ben 255 km/h su un tratto autostradale con limite di 130, ma la multa salatissima gli è stata annullata per un errore burocratico. Mannaggia!! L’Autovelox usato per la contravvenzione non era omologato. Gasp! L’episodio risale allo scorso maggio quando un automobilista è stato multato per eccesso di velocità, con una sanzione di 845 euro e la sospensione della patente da 6 a 12 mesi.

        Provaci ancora Sam magari la prossima volta ti beccano per davvero

        L’automobilista, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, ha presentato ricorso alla prefettura di Novara, che ha accolto le sue motivazioni. Il prefetto ha verificato infatti che lo strumento della Polizia Stradale, sebbene “approvato”, non risultava “omologato”, come richiesto dalla legge per validare le rilevazioni di velocità.

        Autovelox omologato, automobilista sanzionato!

        L’avvocato ha spiegato che il ricorso è stato fondato sulla giurisprudenza della Cassazione, che distingue tra “approvazione” e “omologazione” degli apparecchi di rilevazione. Solo quelli omologati garantiscono misurazioni legittime. Di fronte a questa discrepanza, il prefetto ha annullato la multa e tutte le sanzioni correlate, restituendo anche la patente all’automobilista.

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          Salvare quel castello!! E’ la missione di Isabella Collalto de Croÿ, la principessa del prosecco

          La storia di Isabella dimostra che, a volte, le vere principesse non hanno bisogno di carrozze dorate: basta un bicchiere di Prosecco. Prosit!

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            Un tempo le principesse aspettavano il principe azzurro e vivevano destini incantati. Oggi, molte di loro hanno scelto di rimboccarsi le maniche e di costruire il proprio futuro con determinazione. E con la cazzuola. È questo il caso di Isabella Collalto de Croÿ, che ha trasformato la sua eredità familiare in una missione. Salvare il Castello di San Salvatore a Susegana, un gioiello delle colline trevigiane, uno dei complessi fortificati più grandi d’Europa, grazie alla viticoltura e al Prosecco. Come ha fatto? E soprattutto perché l’ha fatto?

            Isabella ha lasciato la noia di Bruxelles per ritornare alle sue radici

            Nata in una famiglia di origine longobarda, Isabella ha vissuto per anni a Bruxelles, lontana dalle colline trevigiane che avevano visto crescere la sua famiglia per generazioni. Tuttavia, quando il padre, il Principe Manfredo, le chiese aiuto per preservare l’eredità storica del Castello di San Salvatore, decise di tornare. “Avevo qualche timore nell’abbandonare la vita che conducevo,” racconta, “ma il legame con questo luogo era troppo forte”. Questo legame affonda le radici nel Mille, inteso come periodo storico, quando la famiglia Collalto governava Treviso con il titolo di Conti. Nei secoli successivi il Castello si trasformò in un centro culturale, ospitando musicisti, letterati e artisti come Cima da Conegliano, che ne immortalarono la bellezza nei loro dipinti.

            Dalla Prima Guerra Mondiale alla rinascita moderna

            La storia del castello subì una drammatica svolta con la Prima Guerra Mondiale. Quando il fronte si spostò dal fiume Isonzo al Piave, il maniero diventò bersaglio dell’artiglieria italiana, riportando gravi danni. Nonostante la devastazione, la famiglia Collalto non si arrese e avviò un lungo processo di restauro, volto a recuperare lo straordinario patrimonio storico-artistico. Isabella ricorda bene le condizioni in cui ha trovato il castello. “Fino all’inizio del nuovo millennio era ancora un cantiere”, spiega, “le finestre erano chiuse con assi di legno”. Ma a ridare tono e vita al Castello di San Salvatore è stato il vino. In particolare il Prosecco, che ha finanziato i lavori di recupero. “La viticoltura ci ha permesso di ricostruire questo maniero”, dice Isabella.

            I Collalto: viticoltori per tradizione

            Dal Medioevo fino ai giorni nostri, la famiglia Collalto ha coltivato e protetto il territorio, diventando un nome di riferimento nella produzione vitivinicola. Qui si trova la più vasta superficie vitata della zona e la coltivazione di varietà autoctone ovvero il Verdiso e la Bianchetta, due uve tipiche del Trevigiano. Nel 2007, Isabella ha assunto la guida dell’azienda agricola, portando avanti una tradizione secolare con uno spirito innovativo. Il suo impegno ha permesso non solo di salvaguardare il Castello di San Salvatore, ma anche di rafforzare il ruolo del Prosecco nel panorama vitivinicolo internazionale.

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              Tavola calda, anzi bollente! Da cena tra amici a orgia su WhatsApp: sesso, foto hot e un notaio nei guai a Bogliasco

              A Bogliasco, provincia di Genova, una cena tra un medico, un notaio e una donna si trasforma in un after-dinner a luci rosse con titolare del ristorante e cameriera. Qualche giorno dopo, le foto della serata finiscono su WhatsApp: la donna denuncia e la procura apre un fascicolo bollente.

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                A Bogliasco l’estate si è scaldata prima del previsto. Altro che spaghetti allo scoglio e bianco fresco: la cena tra amici si è trasformata in un post-serata da film vietato ai minori e, come se non bastasse, pure in un caso di revenge porn finito in Procura.

                Tutto comincia ai primi di giugno, quando una donna accetta l’invito di un amico medico per una cena tranquilla. Tranquilla, si fa per dire. Alla tavolata si aggiunge un notaio che lei non conosce. Location: un ristorantino della riviera, vista mare, di proprietà di un imprenditore amico del gruppetto. Si mangia, si beve, si chiacchiera. Bottiglie di vino scorrono allegre, il clima è quello del “qui e ora” tipico delle serate che promettono di finire male.

                Il titolare, tra un piatto di trofie al pesto e un sorso di Vermentino, ogni tanto si siede al tavolo. La complicità cresce, l’alcol aiuta, e quando scende la sera la cena diventa un after-dinner decisamente privato. Saracinesca abbassata, porta chiusa, e alla comitiva si unisce anche la cameriera, che è pure la compagna del ristoratore. Da quel momento, la cronaca si tinge di rosa, ma più fucsia acceso: effusioni, carezze, baci rubati, e in men che non si dica la tavola calda diventa un set a luci rosse improvvisato.

                La donna, tra stupore e incoscienza da calici di troppo, si ritrova tra le braccia della cameriera. Poi entrano in gioco i tre uomini: medico, notaio e titolare. La scena, degna di una commedia all’italiana versione hard, si consuma fino a notte fonda. Alle due del mattino, la compagnia si scioglie: il dottore e la donna danno un passaggio al notaio, poi la serata si chiude a casa di lei.

                Due giorni dopo, la doccia fredda. La donna si presenta nello studio del medico per un’ecografia programmata e lì riceve la notizia che cambia tutto: sul cellulare dell’amico ci sono foto della serata hot. Lui non sa spiegarsi come siano arrivate. Peccato che, nel frattempo, le stesse immagini abbiano già iniziato a girare su WhatsApp, in particolare dalle mani del notaio. E qui si passa dal peccato alla pena: la donna scopre che scatti molto espliciti della nottata sono finiti in chat tra colleghi e amici del professionista.

                Lei lo chiama, furiosa, chiedendogli di cancellare tutto. Il notaio, con la leggerezza di chi non ha capito la gravità della situazione, ammette di averle già inoltrate e propone un incontro “per sistemare la cosa”. La donna, a quel punto, decide di non andare e sceglie la via legale. Contatta l’avvocato Salvatore Calandra, prepara una querela dettagliata e si rivolge alla Procura di Genova.

                Sulla scrivania della sostituta procuratrice Daniela Pischetola arriva così un fascicolo da manuale del gossip giudiziario: sesso di gruppo, foto piccanti non autorizzate e un potenziale caso di revenge porn. Gli investigatori della polizia di Stato vengono incaricati di sentire tutti i protagonisti e, tra le prime informazioni raccolte, spunta anche l’ombra della droga per uso personale.

                Ora tocca alla Procura ricomporre i pezzi di questa tavola calda, anzi caldissima, che dalla Riviera ligure è finita dritta nel registro delle indagini. Intanto, in paese, la storia corre più veloce delle chat: c’è chi giura di aver visto le foto, chi di aver sentito gli audio. E al ristorante, tra una focaccia e una bottiglia di bianco, le prenotazioni calano. Perché un conto è mangiare in un locale “accogliente”, un altro è rischiare che la cena finisca in prima serata… su WhatsApp.

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