Spettacolo
Mentana nega di voler lasciare La7, ma la tentazione CNN è forte
Il “casus belli” della lite tra Mentana e Gruber sembra aver aperto una porta verso nuove opportunità per il giornalista, con la possibilità di un passaggio alla CNN Italiana che si staglia come un’ipotesi intrigante nel panorama mediatico italiano. Resta da vedere come si evolveranno gli eventi e se Mentana deciderà di fare il grande salto verso nuovi orizzonti professional

L’aria si fa densa nel mondo dei media italiani, con tensioni e dietrologie che circondano il destino professionale di Enrico Mentana. Il direttore del TG La7, figura iconica del giornalismo televisivo italiano, sembra essere al centro di un vortice mediatico che potrebbe portarlo verso nuovi orizzonti. Ma quale sarà il futuro di Mentana? E cosa c’entra la disputa con la collega Lilli Gruber in tutto questo?
Il Casus Belli
La scintilla che potrebbe accendere il fuoco della trasformazione è stata la litigata tra Enrico Mentana e Lilli Gruber, un evento che ha catturato l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori. L’incidente è stato come una miccia accesa, alimentando speculazioni e ipotesi sul futuro del direttore del TG La7.
La fuga verso la CNN Italia
Molti già sussurrano che questo “casus belli” potrebbe essere la molla che spingerà Mentana a lasciare La7 per unirsi alla neonata CNN Italiana. Le voci, seppur ancora non confermate, suggeriscono che Mentana potrebbe assumere un ruolo di prestigio come direttore delle news, portando la sua esperienza e il suo carisma nella nuova avventura mediatica.
Il contesto politico
Urbano Cairo, imprenditore e proprietario di La7, è chiamato a fronteggiare questa emergenza interna. L’atmosfera all’interno del network sembra essere carica di tensione, con speculazioni su come Cairo e i suoi manager affronteranno la situazione. L’indiscrezione che la Warner Bros Discovery abbia in mente di potenziare la parte informativa in Italia con l’arrivo della CNN Italiana aggiunge un ulteriore strato di incertezza al panorama mediatico.
Le dissezioni di Mentana
Enrico Mentana non ha esitato a mettere in luce l’incidente con Lilli Gruber, portando alla luce la sua frustrazione e chiedendo risposte dall’azienda per cui lavora. Ha espresso il suo disappunto per le parole offensive attribuitegli e ha fatto riferimento agli ascolti del suo TG come prova della sua professionalità.
Speculazioni e dibattiti
Le speculazioni sull’eventuale passaggio di Mentana alla CNN Italiana si fanno sempre più fervide, alimentando dibattiti sul futuro del giornalismo televisivo italiano. Sebbene il direttore del TG La7 abbia smentito qualsiasi trattativa con il gruppo statunitense, gli occhi restano puntati sulle mosse future di Mentana e sulla direzione che la situazione prenderà.
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Cinema
George Clooney confessa: “Quel maledetto di Brad Pitt! Mi soffiò Thelma & Louise e ci ho messo anni a perdonarlo”
Nel 1991 Clooney e Pitt erano entrambi emergenti e in corsa per lo stesso ruolo. Pitt lo ottenne, diventò una star e Clooney non guardò il film per anni. Ora l’attore ammette: “Doveva farlo lui”. E Geena Davis rivela: “Ho scelto il ragazzo biondo”.
A volte il cinema scrive i suoi destini con un casting, un provino e un po’ di karma. E George Clooney, che oggi è uno degli uomini più potenti di Hollywood, non ha problemi a raccontare quando quel destino gli è passato davanti… con il volto perfettamente scolpito di Brad Pitt.
Parlando con Screen Rant, Clooney ha ricordato il provino più amaro della sua carriera: quello per Thelma & Louise, il film del 1991 di Ridley Scott che avrebbe lanciato Pitt nell’Olimpo del cinema. «Eravamo io e Brad. Entrambi in difficoltà, agli inizi. Lui ce l’ha fatta, io no. E sì, ero incazzato», ha confessato con la sua ironia elegante. «Non ho guardato il film per anni. Pensavo: “Quel maledetto…”».
Brad Pitt, in effetti, in quel ruolo di J.D. — jeans larghi, cappello da cowboy, sorriso da rapina — diventò immediatamente un’icona. «Poi l’ho rivisto e ho pensato: doveva farlo lui. Funziona così: certe cose sfuggono, ma per buone ragioni. Non puoi vivere pensando: “Quello dovevo farlo io”».
Una battuta d’altri tempi, eppure la storia del provino perfetto ha un retroscena ancora più gustoso. A raccontarlo è stata Geena Davis, protagonista del film. Ai microfoni del Graham Norton Show ha ricordato la “finalissima” per il ruolo di J.D.: Brad Pitt, George Clooney, Grant Show e Mark Ruffalo. Tutti belli, tutti bravi, tutti castani.
Finché non entra Pitt.
«Era così carismatico che mi ha mandato in tilt. Ho dimenticato tutte le battute. Pensavo soltanto: “Mamma mia, che talento”. Quando mi hanno chiesto una preferenza ho risposto subito: “Il ragazzo biondo!”».
Una scelta impulsiva che ha riscritto la carriera di tutti: Brad Pitt è diventato la star che conosciamo, Clooney avrebbe trovato la sua consacrazione qualche anno dopo, e Thelma & Louise è rimasto nella storia come un film cult capace di rigenerarsi a ogni generazione.
Oggi i due attori sono amici, complici sul set della saga di Ocean’s, e perfettamente consapevoli che a Hollywood le strade si incrociano, si perdono e poi tornano a unirsi. Ma Clooney quel sassolino se l’è tolto, con un sorriso che vale più di mille red carpet: «Per anni ho pensato: “Quel maledetto di Brad”…».
E in fondo, chi non l’avrebbe pensato?
Musica
X Factor esplode: Gabbani contro Achille Lauro, lite feroce in semifinale. E Jake La Furia lo avverte: “Mi dovete tenere stasera, Lauro è un mestierante!”
La semifinale si trasforma in un ring: Gabbani difende i suoi concorrenti, Lauro lo punzecchia senza sosta, Giorgia tenta la pace e Jake La Furia smorza i toni come un guru zen del rap. Intanto i fan si chiedono: è scontro vero o strategia per incendiare la finale?
La ricetta per una semifinale esplosiva c’è tutta: un talent infuocato, due giudici agli antipodi e una finale che incombe. E così X Factor, alla vigilia dell’ultimo atto a Napoli, ha servito la sua porzione più piccante dell’anno. Il botto arriva giovedì, durante una puntata nata per celebrare i concorrenti e finita per certificare il gelo tra Francesco Gabbani e Achille Lauro.
La scintilla si accende già con la prima esibizione del team Gabbani. Tellynonpiangere, poi eliminato, si trova in mezzo a un fuoco incrociato: Lauro lo definisce “non al livello degli altri”, aggiungendo che “non sorprende”. Gabbani ribatte: “Per fortuna il pubblico non la vede come te”. La risposta di Lauro è un colpo secco: “Io non cerco consenso, ho un cervello, penso, parlo”. Il ragazzo commenta uscendo di scena: “Mi sembrava di essere tra due genitori che litigano”.
È solo l’antipasto.
Lo scontro vero arriva con PierC, la punta di diamante di Gabbani e tra i quattro finalisti. Lauro gli ricorda che l’inedito è stato meno ascoltato del previsto e, dopo una Bohemian Rhapsody intensa e un po’ scoordinata, gli sussurra un velenoso: “Evita i saltelli”. Gabbani esplode: “Non hai più argomentazioni. PierC, non permettere a nessuno di dirti di non fare ciò che senti”. Lauro lo deride: “Addirittura! Non fare un saltello… era un consiglio. Non sarà che sei troppo dentro la gara?”.
Lo studio si accende. Giorgia prova a riportare tutti sulla terra: “Che palle questo testosterone, basta litigare”. Ma il clima resta teso, e PierC scoppia in lacrime.
Poi spunta il fuorionda. Jake La Furia — la voce che non ti aspetti — prende da parte Gabbani e gli offre la spiegazione più onesta della serata: “Mi dovete tenere stasera. Ascoltami, Lauro è un mestierante. Tu ci stai andando a finire dentro. Sbattitene, ci sono già passato”.
Una frase che fotografa l’atmosfera di un gruppo che, quest’anno, ha dovuto digerire dinamiche nuove. Gabbani, con la sua energia bonaria, ha spostato equilibri consolidati; Lauro, con il suo stile da guastatore elegante, sembra godere nello punzecchiarlo; Jake fa da paciere, Giorgia da madre spirituale del format.
Il risultato? Una semifinale memorabile e un interrogativo che rimbalza ovunque: odio vero o strategia perfetta a poche ore dalla finale?
Stasera la risposta potrebbe arrivare direttamente dal palco.
Televisione
Kabir Bedi benedice il nuovo Sandokan, ricorda i suoi giorni eroici e confessa il dolore più grande: “Io, la tigre, e il suicidio di mio figlio”
Tra orgoglio, nostalgia e ferite mai rimarginate, Kabir Bedi racconta la sua epoca d’oro, i rischi sul set senza controfigure, il successo mondiale e la perdita del figlio Siddharth. Sul nuovo Sandokan: “Ogni epoca ha il suo modo di raccontare un classico”.
Per molti italiani, Sandokan ha il volto magnetico di Kabir Bedi. Occhi di tigre, fascino indomabile, sguardo che attraversava lo schermo. E oggi, con il ritorno della Tigre della Malesia in versione Can Yaman e con gli ascolti della nuova serie Rai schizzati alle stelle, il confronto è inevitabile. “Ogni epoca ha il suo modo di raccontare un classico”, dice Bedi, che dalla lontana Londra manda un augurio sincero al collega turco: “Can Yaman è molto bravo e molto bello. A me, al trucco, mettevano solo un po’ di matita…”.
La leggenda, però, comincia nel 1976. “Noi non avevamo effetti speciali”, ricorda. Eppure quelle scene — il salto della tigre, le cavalcate, i duelli — sono rimaste scolpite nella memoria collettiva. “Nessuna controfigura. Una volta ho rischiato di affogare”, racconta ridendo. Il suo Sandokan nasceva da un set povero ma coraggioso: “Gli operatori erano dietro una grata. Io davanti alla tigre vera. Mi dicevano: ‘Stai tranquillo’. Io rispondevo: ‘Venite voi, allora!’”.
Quell’interpretazione lo trasformò in una star mondiale, ma il successo portò con sé anche una gabbia dorata. “All’inizio fu ingombrante. Ho dovuto accettare ruoli da cattivo per dimostrare che ero un attore completo”. Eppure l’epopea di Sollima resta irripetibile: “Eravamo bravi ed eravamo amici. Con Philippe Leroy e Adolfo Celi ci sentivamo ancora dopo anni”.
Poi c’è la ferita che nessuna gloria può cancellare: la morte del figlio Siddharth, suicidatosi a venticinque anni. Bedi non la nasconde, non la addolcisce. “Ho fallito. Non sono riuscito a evitarlo. Non può esistere dolore più grande”. Una confessione che restituisce il volto umano dietro l’eroe televisivo che aveva insegnato a intere generazioni il valore della libertà e della giustizia.
Il resto è storia. L’arrivo in Italia senza cappotto, i provini massacranti di Sollima (“Mi fecero nuotare, cavalcare, tirare di scherma…”), la Perla di Labuan interpretata da una giovanissima Carole André (“Era molto triste, aveva appena perso il padre”), l’amore del pubblico italiano (“L’Italia è casa mia. Essere nominato Cavaliere della Repubblica è un onore immenso”).
E oggi, mentre il nuovo Sandokan divide, Bedi resta il punto di riferimento. “Dentro di me, un po’ sono ancora lui”, confessa. E i boomer — quelli che alle figurine ripetevano il salto della tigre — lo sanno benissimo.
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