Musica
Mauro Repetto debutta in teatro. E gli 883… che fine hanno fatto?!?
Arriva sui palchi italiani “Alla ricerca dell’uomo ragno”, one man show che segue il successo del libro, edito da Mondadori.
Chi si ricorda di Mauro Repetto? L’ex 883 torna con uno spettacolo teatrale che utilizza per la prima volta l’AI. Anteprima nazionale a Bergamo il 28 aprile 2024. Torna per raccontare la sua band, con uno show che cita uno dei loro più grandi successi musicali. Lui dichiara: «Hanno ucciso l’uomo ragno è la metafora della società che, quando si diventa adulti, uccide un po’ l’eroe che è dentro di te. Faremo certamente una scorpacciata di canzoni degli 883 e rideremo perché a teatro si va anche per ridere».
L’amicizia con Max Pezzali
Inevitabile che in questo spettacolo ci sia tanto di Max Pezzali, oltre ai loro sogni comuni. «A parte ridere e cantare ci sarà anche un tributo ai Bon Jovi. Io e Max, infatti, ragazzi di Pavia, di fronte all’impero milanese provavamo quello che, immaginavamo, potessero aver provato Jon Bon Jovi o Bruce Springsteen, entrambi originari del New Jersey di fronte a Manhattan. All’epoca c’era il sogno americano. Ascoltare ballad come Never say goodbye ci ha portato al pop e a scrivere Come mai, immaginando che potesse averla scritta Bon Jovi. Ma anche Con un deca o Gli anni ascoltando il Boss».
Poi le strade si sono separate
Mauro e Max erano due amici, due ragazzi di provincia che inseguivano un sogno comune, almeno all’inizio: «Avevamo la possibilità di fuggire grazie alla musica e ai film di Hollywood». Ma il sogno di Mauro poi è andato avanti: «Quando scrivevamo Gli anni pensavo a come andare a Parigi il giorno dopo alla Fashion Week a conoscere Brandy. Quindi era finita. Sapevo che era una canzone bellissima, ma con la testa volevo un’altra storia, “un altro posto e un altro bar…” e la mia onestà intellettuale mi impediva di stare lì. Forse io cercavo il sogno americano e questa ragazza che avevo visto sulle pagine dei giornali di moda».
Ma li vedremo ancora insieme? Mauro dice che…
A chi gli chiede se il magico duo si possa un giorno riformare, lui risponde lasciando aperte tutte le porte, sembrano possibilista ma non particolarmente convinto. Repetto dice: «Quello che posso dirle e di cui sono sicuro è che io e Max non abbiamo mai realmente lavorato assieme. Abbiamo trascorso pomeriggi scrivendo tre album, ma è avvenuto prima del successo, per cui era un modo per passare il tempo. Appena la cosa è diventata un lavoro, ci siamo separati. Non ci sono problemi a livello d’amicizia. Mai abbiamo parlato di fare un nuovo pezzo assieme. Potrebbe strabordare, ma dovrebbe capitare, venire da sé. Non penso potrebbe essere… un lavoro normale».
Due registi per l’883 Repetto
Stefano Salvati, regista, conosciuto a livello internazionale, di video musicali, spot pubblicitari, programmi musicali per la televisione e film, e Maurizio Colombi, già autore e regista di successi come Peter Pan, Rapunzel e La Regina di Ghiaccio, Sapore di Mare il musical, in scena come protagonista con Caveman, dirigono insieme Mauro Repetto, ideatore e co-fondatore degli 883, in Alla ricerca dell’uomo ragno, one man show che segue il successo del libro, edito da Mondadori, dal titolo Non ho ucciso l’uomo ragno.
Un debutto bergamasco
Il debutto è previsto per il 28 aprile a Bergamo, presso il Teatro Serassi di Villa D’Almè. Lo spettacolo vedrà l’uso dell’intelligenza artificiale, una novità assoluta per il teatro. Prodotto da Raffaella Tommasi per Daimon Film e Sold Out, vanta infatti l’uso di effetti visivi inimmaginabili solo fino a qualche mese fa, per far rivivere il mondo dei mitici 883. Realizzato con la collaborazione degli AI Artists, Claudio Zagarini e Francesco Siro (vincitore dell’Oscar 2024 all’Aiff di Dubai), i registi Stefano Salvati e Maurizio Colombi sono riusciti a costruire mondi fantastici e a ricreare, come per magia, i giovani Repetto e Pezzali dei leggendari anni ‘90. Dal palcoscenico Mauro in carne e ossa interagirà con se stesso e con Max com’erano da ragazzi, prima dell’arrivo della grande ondata di successo delle loro canzoni.
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Musica
Giorgia, la forza della leggerezza: “Rinasco ancora, e questa volta mi firmo solo G”
Conduttrice di X Factor, madre, cantante e donna “in trasformazione”: Giorgia torna alla musica con dodici brani che parlano di libertà e maturità. “Non ho più vent’anni, e va bene così. Ho imparato che la forza è anche nell’imperfezione.”
Alla Triennale di Milano, Giorgia si presenta con un sorriso disarmante e un’energia contagiosa. È qui per presentare G, il suo nuovo album di inediti in uscita venerdì 7 novembre 2025. Un titolo essenziale, una sola lettera: come a dire che, dopo una carriera trentennale, non serve aggiungere altro. «Sono in un momento assurdo della mia vita – racconta con ironia –. Ho un’età, sono distrutta, ma piena di gratitudine. Non ho mai lavorato così tanto.»
E infatti, tra la seconda stagione alla conduzione di X Factor, il nuovo disco e un tour quasi tutto sold out, Giorgia Todrani, 54 anni, vive una nuova giovinezza artistica. «È un periodo in cui sto tornando a me stessa. Mi ero chiusa, ora mi sto riaprendo alla musica e al contatto con le persone. È stato come ricominciare da capo.»
“G” come Giorgia, ma anche come gratitudine
Il nuovo album G arriva a tre anni di distanza da Blu, e rappresenta una svolta intima e consapevole. Dodici brani che, pur non scritti da lei, rispecchiano perfettamente la sua sensibilità. «Ho scelto canzoni che avrei potuto scrivere io – spiega –. La sfida era rimanere me stessa e, allo stesso tempo, essere contemporanea.»
Tra i brani spicca La cura per me, una rilettura della celebre La cura di Franco Battiato, reinterpretata insieme a Blanco. «Abbiamo cambiato il finale – racconta –. Nella versione originale c’è scritto “Per me sei paura di rimanere sola / Solo tu sei la cura”. Io invece canto “Spengo la paura di rimanere sola”. È un messaggio di indipendenza, un modo per dire che la forza non viene da fuori, ma da dentro di noi.»
Il ritorno dell’ironia: “Sono un po’ Terminator”
Nel suo discorso Giorgia alterna leggerezza e profondità, come solo lei sa fare. «Non è la prima volta che rinasco – dice ridendo –. Sono un po’ un Terminator! Il bello di non avere più vent’anni è che accetti gli alti e bassi. Se me l’avessero detto a 26 anni, non ci avrei mai creduto. E pensare che volevo smettere già allora!»
Oggi, invece, è più attiva che mai. Dal 25 novembre parte il nuovo tour nei palazzetti italiani, con tappa finale il 30 marzo 2026 a Padova. «Dovevano essere dieci date, sono diventate diciotto. Quando sento parlare di stadi mi vengono i brividi: preferisco i palasport, dove sento le persone vicine. Amo quella connessione, quella vulnerabilità che solo un teatro o un palazzetto possono darti.»
Tra palco e famiglia
Accanto a lei, nella vita e nel lavoro, c’è sempre Emanuel Lo – compagno, regista e artista – con cui condivide anche il video di Golpe, il singolo che ha anticipato l’album, girato a Galatina (Lecce). «Nel video ci siamo entrambi, ma nostro figlio Samuel, che ha 15 anni, fa finta di non conoscerci!» scherza. «Con lui cerco sempre il dialogo: non è facile, ma i figli ti insegnano a cercare il positivo anche nei momenti difficili.»
“Non voglio smettere di essere umana”
Tra un sorriso e una riflessione più seria, Giorgia non risparmia una critica ai tempi che viviamo. «È un periodo violento – dice –. Sui social si giudica tutto, anche il dolore. Io sono cresciuta con una madre femminista gentile, che mi ha insegnato a discutere, non ad aggredire. Essere forti non significa urlare, ma restare umani.»
E forse è proprio questo il filo rosso di G: l’umanità come punto di forza, la leggerezza come conquista. «Dopo tanti anni ho capito che non serve rincorrere la perfezione. La musica, come la vita, è fatta di errori, di fragilità. Ma è lì che si nasconde la verità.»
Una nuova stagione
Quando le si chiede che cosa direbbe alla giovane Giorgia di Come saprei, lei sorride: «Le direi di vivere le cose con meno ansia. E di mettersi i tacchi, almeno ogni tanto!»
Poi si ferma, guarda il pubblico e aggiunge: «Oggi mi sento libera. Non devo dimostrare niente a nessuno. Mi basta esserci, cantare, e dire grazie. Tutto qui. G, appunto.»
Musica
Rkomi nei teatri: la rinascita di Mirko Martorana tra musica, confessione e catarsi
Al Teatro Augusteo di Napoli, l’artista milanese annulla le distanze col pubblico e mette in scena un concerto che è anche un racconto esistenziale. Tra monologhi, improvvisazioni e vecchie hit, Rkomi cerca la verità dietro la fama.
Un concerto che è anche un esperimento
Non è un semplice tour, e nemmeno un classico spettacolo teatrale. Mirko nei teatri, il nuovo progetto live di Rkomi, è qualcosa di più difficile da definire: un esperimento artistico, un rito collettivo, una messa in scena del proprio cambiamento. Dopo l’esordio al Teatro degli Arcimboldi di Milano, la tappa al Teatro Augusteo di Napoli ha confermato l’intento: abbattere le convenzioni del concerto e riportare il contatto umano al centro dell’esperienza musicale.
Sul palco, con lui, una formazione dal respiro jazz e rock: Marco Spaggiari alla direzione musicale e alle tastiere, Lorenzo Pisoni al basso, Eugenio Cattini alla chitarra, Elia Pastori alla batteria, Daniele Raimondi ai fiati e Marika Palluzzi ai cori. Un ensemble che accompagna Rkomi in una scaletta divisa in atti, dove la musica si intreccia a lunghi monologhi e riflessioni personali.
Dal successo alla decostruzione di sé
Mirko Martorana, classe 1994, ha costruito in pochi anni una carriera travolgente: dal rap milanese di Io in terra fino al successo di massa di Taxi Driver, il disco più venduto in Italia nel 2021. Ma proprio quel trionfo ha innescato un processo inverso: la voglia di smontare, di tornare a qualcosa di più intimo, autentico, fragile.
Lo si capisce già dai primi minuti dello spettacolo. L’artista entra in sala dalle ultime file, attraversando il pubblico prima di salire sul palco. Un gesto simbolico, quasi teatrale: il percorso fisico diventa metafora di un ritorno alle origini, alla vicinanza con chi ascolta. “Volevo ritrovare il contatto umano che nei palazzetti si perde”, ha dichiarato in una recente intervista.
A Napoli, l’atmosfera è densa e partecipata. Dopo Io in terra, l’energia esplode con l’arrivo a sorpresa di Ernia, che duetta su Vorrei e Acqua calda e limone. Ma la vera novità sta nella costruzione narrativa: ogni parte del concerto corrisponde a una fase della vita di Rkomi, dal desiderio di emergere fino alla crisi d’identità post-fama.
Una messa in scena emotiva e fisica
Nel primo atto, l’artista abbatte letteralmente la “quarta parete”: invita il pubblico ad alzarsi, si muove tra le poltrone, canta sostenuto dalle mani dei fan. L’intervento delle maschere di sala, accorse per riportare ordine, diventa parte involontaria dello spettacolo. Poi la scena cambia: appare una gabbia, dentro la quale Rkomi intona Mai più, simbolo di prigionia e liberazione.
I momenti più intensi arrivano con Il ritmo delle cose, Apnea e Cancelli di mezzanotte, dove la voce si intreccia alle luci e agli strumenti in un crescendo emotivo. Il pubblico canta, ma ascolta anche, in silenzio, i monologhi dell’artista: frammenti di memoria, confessioni sul prezzo del successo, riflessioni sulla vulnerabilità e sulla necessità di “disimparare a compiacere”.
Il senso di un ritorno
Mirko nei teatri è più di un tour: è una dichiarazione d’intenti. Dopo anni in cui la musica urban italiana ha cercato solo la spettacolarità, Rkomi sceglie la lentezza, il contatto, la narrazione. È un modo per riconnettersi non solo al pubblico, ma anche a sé stesso.
Alla fine dello show, mentre le luci si abbassano e il pubblico resta in piedi, si ha la sensazione di aver assistito non a un concerto, ma a una confessione collettiva. Rkomi non ha solo portato la sua musica nei teatri: ha portato la sua storia, con tutte le contraddizioni, le cadute e le rinascite.
Come dice lui stesso in uno dei monologhi: “Dovevo fermarmi per capire cosa volevo davvero. A volte, per ritrovarsi, bisogna perdersi”.
Musica
Elodie infiamma Milano: coreografia ultra-saffica con Megan Ria e Franceska Nuredini, baci e strusciate sul palco.
Performance fisica e dichiaratamente sensuale sul palco: Megan Ria e Franceska Nuredini si scambiano baci e carezze, Elodie risponde con il suo repertorio più audace. Il pubblico del Forum applaude, i social si dividono tra chi parla di libertà artistica e chi accusa la star di puntare solo sulla provocazione.
Milano ha accolto Elodie con l’energia delle grandi occasioni e lei, come da copione, ha scelto di alzare la temperatura. Al Forum la cantante ha costruito uno show fatto di ritmo, luci, coreografie serrate e un’estetica dichiaratamente erotica. Al centro della scena, un momento destinato a far discutere: Megan Ria e Franceska Nuredini, due delle sue ballerine, si sono lasciate andare a una sequenza ultra-saffica tra baci, strusciate e contatti ravvicinati.













La platea ha reagito tra ovazioni e telefoni alzati, consapevole che la cantante romana non ama la timidezza scenica. La sensualità è il suo linguaggio, e negli ultimi anni lo ha rivendicato con forza.
Baci sul palco e social divisi
La scena ha infiammato il pubblico presente e, inevitabilmente, i social. Tra chi applaude la libertà espressiva e chi parla di eccesso, i commenti non si sono risparmiati.
“Che bomba scenica”, scrivono i fan. “È pop, è show, è femminilità che si prende lo spazio”.
Tra i detrattori, invece, c’è chi sostiene che dietro le coreografie provocanti ci sia poco altro: «Elodie non sa cantare e nasconde tutto con queste sceneggiate da cubista», si legge online.
Un refrain che accompagna da tempo la cantante, spesso al centro di dibattiti sulla linea sottile tra arte, sensualità e marketing.
Libertà artistica o puro scandalo?
La “Beyoncé del quartaccio”, come qualcuno l’ha soprannominata negli anni, continua a muoversi sul filo — e non teme l’equilibrismo. I suoi show mescolano pop internazionale, coreografie fisiche e una femminilità muscolare, lontana dalle mezze misure.
E mentre le ballerine si scambiavano baci sul palco, lei danzava con la sicurezza di chi sa che ogni gesto finirà analizzato, divorato e discusso. Strategia o convinzione? Forse entrambe.
Quello che è certo è che Elodie resta una delle performer italiane più commentate, nel bene e nel male. E a giudicare dal clamore, al Forum di Milano l’obiettivo — far parlare, emozionare, dividere — è stato centrato.
Senza frenate, senza filtri. Proprio come piace a lei.
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